fino al passaggio dall’esilio alla patria
Pasqua 1967 in Cattedrale a Monopoli
Sono lieto di annunziarvi in questa solennità, personalmente, la Parola di Dio come espressione del mio augurio per la buona Pasqua.
La buona Pasqua che non si conclude questa sera. La nostra Pasqua, che incomincia questa notte, dovrà continuare tutte le settimane. Sarà rinnovata ogni domenica sino al giorno del compimento, quando la Pasqua sarà definitiva e il passaggio ultimo sarà compiuto, per ciascuno di noi: dall’esilio alla patria, dalla schiavitù alla liberazione, dalla morte anche fisica alla vita che non avrà più termine.
Allora, mentre celebriamo la Pasqua liturgicamente con le parole, con le preghiere e coi gesti che la rendono una tappa viva della nostra esistenza, la Pasqua deve diventare un avvenimento carico di forza che deve ripetersi nelle nostre persone. Noi dobbiamo metterci nella condizione che questa celebrazione, con la grazia che porta con sé, diventi un fatto che riguarda la nostra vita quotidiana.
Fare Pasqua, per il cristiano, é un impegno di tutti i giorni perché “fare Pasqua” significa “passare”. Purtroppo “passiamo” perché passano le ore, i giorni e gli anni. Questo, però, é un “lascar passare”, un “farsi passare”. Siamo noi che dobbiamo compiere il passaggio movendo i nostri passi in un determinato senso e in una determinata direzione. Come dobbiamo fare il nostro passaggio. Come dobbiamo vivere fare la nostra Pasqua.
Di questo ci dice tutto il significato, la Parola di Dio che abbiamo ascoltato nella lettera di Paolo a quelli di Corinto. Fratelli purificatevi dal vecchio lievito per essere un impasto nuovo perché siete azzimi. Infatti Cristo, nostra Pasqua, é stato immolato. Facciamo dunque festa non con il vecchio lievito né con il lievito di malizia e di perversità bensì con azzimi di benignità e verità.
Capisco molto bene, miei cari, come queste espressioni non appartengono al linguaggio che usiamo tutti i giorni e che ci é famigliare. Perciò cerchiamo di coglierne il contenuto e il significato. San Paolo si riferisce ad un lievito legato alla solennità della Pasqua che ha ancora delle ripercussioni nella nostra civiltà. In casa vostra tutte le donne hanno fatto la pulizia generale. Non siamo più ai tempi in cui la pulizia generale si faceva soltanto a Pasqua, comunque, per Pasqua, per tradizione, tutto deve essere pulito, fresco e rinnovato.<br
> San Paolo si riferisce appunto ad un uso che aveva anche un significato religioso. Per Pasqua si doveva distruggere tutto il lievito vecchio e si doveva bagnare un pane senza lievito, cioè senza l’elemento di corruzione. Il lievito é, di per sé, un elemento di corruzione anche se fa “montare” la pasta. Questo è il significato della parola di san Paolo: bisogna distruggere il lievito vecchio, bisogna che tutto sia nuovo. San Paolo, in questo costume o usanza o rito del popolo ebraico, inserisce Gesù Cristo e dice che Gesù Cristo é la nostra Pasqua.
Perché Gesù Cristo é la nostra Pasqua? Perché é passato dalla condizione di uomo mortale corruttibile, debole e limitato, alla condizione di uomo nuovo risorto ad una vita definitiva non più soggetta alla corruzione, al sepolcro, alla limitazione ed é diventato l’espressione vivente della vita incorruttibile che ha portato su questa terra. Cristo é la nostra Pasqua perché lascia da parte il sepolcro, la morte, la corruzione ed entra nella vita, nella forza, nella gioia, nell’eternità.
Che cosa significa, allora, per noi fare Pasqua e celebrare la Pasqua ogni giorno nella nostra esistenza comune e concreta? Significa questo. Riconosciamo, sì o no, che nella nostra esistenza ci sono fermenti di corruzione, elementi di malizia, tendenze di cattiveria? Vogliamo fare Pasqua? Allora dobbiamo abbandonare questo vecchio fermento, questo lievito vecchio per essere azzimi, cioè senza elementi di corruzione nella nostra persona, senza elementi di malizia nel nostro cuore. Dobbiamo passare: dall’uomo vecchio soggetto alla morte del peccato all’uomo nuovo vivente in Dio per mezzo di Gesù Cristo risorto per mezzo di Gesù Cristo vita nostra. Capite che questo non si deve fare soltanto il giorno di Pasqua?
Il giorno di Pasqua lo facciamo in un modo liturgico. Particolarmente a Pasqua, tutti quelli che vengono in chiesa e anche quelli che ci vengono raramente, magari solo per Pasqua, che cosa fanno? Ci confessiamo e facciamo la santa comunione. Che cosa é questo? E’per richiamarci alla trazione della Pasqua, è “fare pulizia”. E’ spolverare in tutti gli angoli. E’ andare a cercare nei nascondigli del cuore, nei meandri dello spirito per togliere tutto quello che equivale a malizia, ad immoralità, a disonestà. Questo é il primo passo della nostra Pasqua sacramentale che si compie attraverso l’azione del sacramento quando ci andiamo a confessare. E poi siamo azzimi perché mangiamo quel pane che non é fermentato, mangiamo quel pane che é la parte vivente e immortale di nostro Signore Gesù Cristo, mangiamo un pane che si inserisce in noi per essere il germe di vita nuova: la partecipazione alla vita di Gesù Cristo risorto.
Ma quanto dura l’effetto delle nostre confessioni e il frutto delle nostre comunioni? Ognuno risponda per proprio conto. Quando tu vai dai monaci e racconti tutte le tue cose e il monaco ti dice: io ti assolvo dai tuoi peccati ed esci tutto contento e sollevato e in pace, non é detto che la tua confessione sia terminata. Hai incominciato un atto. Hai posto delle condizioni quando hai detto: e il gesto lo diceva anche se non hai pronunciato le parole benedicimi padre perché ho peccato e poi, al termine hai detto: Signore perdonatemi, non voglio più commetterne in avvenire… L’avvenire, se ti sei confessato questa notte, é oggi… é domani… é fra una settimana… é fra un mese… é fino alla Pasqua nuova… E’ fino alla nuova resurrezione che ti devi tenere in quella condizione in cui ti sei posto andando a confessarti, se hai fatto un gesto leale e serio, se hai compiuto una azione di uomo.
Altrimenti che cosa hai fatto? Un rito? Non ci sono riti nel cristianesimo che non si inseriscano nella vita, non impegnino la volontà e non portino le loro conseguenze nella esistenza. Non ce ne sono. Altrimenti questi riti sarebbero le candele, le usanze, le tradizioni: gesti che si compiono per “darla ad intendere”, per dare un po’ di polvere negli occhi della gente, per non farsi segnare a dito da quelli che, almeno per tradizione, si dicono ancora cristiani.
Questo é fare Pasqua togliere il vecchio lievito e mettere la prima condizione per rinnovarsi, poi continuarla tutti i giorni con lo sforzo della nostra buona volontà. Sei andato a confessarti, poi hai fatto la comunione? Che cos’è stata la tua comunione? Sono impressionanti le comunioni di Pasqua per tanti e vari motivi! Qualche volta si ha l’impressione che molti di coloro che vengono alla balaustra per prendere l’ostia santa, ci vengano solo per tradizione, ma non sanno e non capiscono. Questo é doloroso. Non alziamo la voce verso coloro che vengono in chiesa almeno una volta l’anno. Alziamo la voce contro di noi che pretendiamo di sapere e non li abbiamo aiutati a comprendere le cose.
Che cos’è quel pane consacrato? Gesù ha detto: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue vivrà di me”. “Io sono il pane disceso dal cielo”. “Chi mangia di me avrà la vita eterna”. La comunione é un incontro con il Cristo risorto che é pane azzimo senza fermento, senza malizia, senza cattiveria. La comunione è un incontro con Gesù Cristo risorto il Figlio di Dio, tutto bontà, tutto amore, tutta onestà, tutta sincerità, tutto disinteresse, tutto per gli altri.
Se Gesù Cristo che é entrato in noi così modestamente, così silenziosamente, così limitatamente in quella piccola ostia, in quel segno, in quel frammento di pane, lo dobbiamo portare con noi deve rimanere in noi, deve entrare e nelle nostre case pulite, deve entrare nei nostri rapporti famigliari, deve entrare nei nostri rapporti con gli altri. Lo dobbiamo portare ogni giorno nel luogo di lavoro. Deve essere presente il Cristo nella nostra giornata! Non lo dobbiamo lasciare in chiesa, nel tabernacolo. Non lo dobbiamo lasciare il giorno di Pasqua dicendo: arrivederci al prossimo anno quando torneremo per la prossima comunione.
Se la tua Pasqua non é semplicemente il gesto rituale di un superstizioso, se sei uno che ha fatto Pasqua col Cristo, ti sei incontrato con una Persona con la quale devi restare in comunione di pensiero, di affetti, di preoccupazioni, ogni giorno, ogni momento della tua esistenza.
Se Cristo é con noi: Cristo ci raggiungerà nella nostra vita quotidiana, Cristo ci sosterrà nella nostra fatica, Cristo ci conforterà nelle nostre difficoltà, Cristo ci consolerà nelle nostre tristezze, Cristo sarà con noi nelle nostre solitudini, Cristo veramente diventerà nostra vita. Cristo sarà la nostra Pasqua. Cristo ci farà passare da una vita debole, fiacca, suggestionata dal male, dalla mondanità, da una vita forse umiliata dal peccato, corrotta dal male alla sua vita tutta bontà, tutta amore, tutta onestà, tutta sincerità, tutta disinteresse, tutta per gli altri Cristo ci fa risorgere alla vita nuova.
Ricordate: il Vescovo ci viene a dire nel nome della chiesa e di nostro Signore Gesù Cristo, che é Pasqua, che non é Pasqua solo quest’oggi, che lo deve essere tutti i giorni della nostra esistenza sino quando, essendo giunto il tempo di passare definitivamente da questa all’altra vita, saremo veramente trovati purificati, azzimi, viventi in Cristo. Allora la nostra vita sarà nascosta eternamente nella pienezza dell’amore e della felicità con Dio.
OM 75 Pasqua 1967