La mattina del I dicembre 1992 moriva Mons. Carlo Ferrari, Vescovo emerito di Mantova,e con lui scompariva un’altra persona che, nella storia della Casa del Sole, ha avuto un ruolo fondamentale. Se Vittorina Gementi è fondatrice e madre della Casa del Sole, Mons. Carlo può, a buon diritto, esserne considerato il padre.
Vescovo di Mantova dal dicembre 1967 al giugno 1986 ha seguito, passo dopo passo, tutte le vicende che hanno interessato il nostro Centro in quegli anni difficili e tormentati.
Lo ha fatto con amore, con pazienza e con discrezione, senza mai far pesare la sua autorità né la sua posizione.
Ma lo ha fatto anche con convinzione e con la capacità di assumere atteggiamenti decisi e posizioni coraggiose in quei momenti in cui l’originale impostazione e l’esistenza stessa della Casa del Sole sembravano seriamente minacciate.
In quegli anni seppe guadagnarsi la simpatia e la stima dei genitori della Casa del Sole, che si erano invece sentiti abbandonati da tutti gli altri «eccellenti», abbagliati dalla teoria di un troppo facile e semplicistico inserimento di massa degli handicappati nella scuola normale o dalla presunta necessità di conservare delicati equilibri politici rivelatisi poi inconsistenti. A ragione, nel 1986, questi genitori poterono scrivere a Mons. Carlo: «Se a Mantova abbiamo la Casa del Sole, soprattutto dopo le lotte del 1973, lo dobbiamo in prima persona al nostro Vescovo Mons. Carlo Ferrari.
E stato lui ad aiutarci a non cadere nella disperazione; è stato lui a volere, con pazienza, capacità e grande amore che la Casa del Sole non chiudesse e continuasse sino a che un genitore chieda e chiederà questo servizio per il proprio figlio—sono sue parole dette ripetutamente nel 1973—.
E stato lui a riceverci tante volte con pazienza, ad ascoltare i nostri sfoghi, ad asciugare le nostre lacrime, a solidarizzare con noi quando siamo scesi compatti in città per presentarci ai cittadini come genitori di figli handicappati che chiedevano unicamente che la Casa del Sole continuasse a funzionare. È stato lui a non ripeterci parole ma fatti concreti di fraternità. Noi questo non lo abbiamo dimenticato e non lo dimenticheremo mai».
Nel maggio del 1985, giunto il momento di «andare in pensione», Mons. Carlo decise di porre la sua residenza alla Villa dei Vetri, centro amministrativo e primo padiglione della Casa del Sole, per condividere ancora più da vicino la vita dei bambini handicappati, delle loro famiglie e dei loro educatori.
Fu un gesto che entusiasmò i genitori dei nostri bambini, che scrissero: «E stata per noi una grande gioia sapere che il nostro Vescovo ha scelto di abitare alla Casa del Sole: dono più grande non poteva farci. Se allora ci ha aiutati, ora ci riabilita.
Noi non siamo genitori di seconda serie perché abbiamo figli handicappati: il Vescovo viene ad abitare con noi per condividere la nostra dolorosa esperienza di vita. Egli compie per noi un grande gesto di giustizia che ci ripaga di tutte le incomprensioni.
Grazie, Vescovo carissimo, grazie. Davvero gli ultimi sono i primi non solo nel cuore di noi genitori, ma anche nel cuore e nella mente del nostro Vescovo.
La sua presenza alla Casa del Sole è per noi motivo di gioia profonda ed è garanzia anche per il futuro».
Parole profetiche, queste ultime, che presentivano nuovi anni difficili per il nostro Centro ma che gridavano anche la certezza di una protezione che Mons. Carlo esercitò sulla nostra Casa fino agli ultimi istanti della sua vita.
Gliene siamo sinceramente riconoscenti e gli chiediamo di continuare questa sua protezione anche dal Regno in cui amiamo credere che ora si trovi, sicuri che da lassù riesce a contemplare un orizzonte molto più vasto e limpido del nostro.
Luciano Fabbri
Stampa: Uomo “H” del 2-5-93