deve liberarci dalla morte
con la forza della sua resurrezione.
La morte é entrata nel mondo perché il piano di Dio é stato attraversato dal peccato e noi non comprenderemo mai la realtà del peccato, non comprenderemo la portata del peccato se non ci rifacciamo alle conseguenze del peccato che, hanno introdotto nel mondo la morte e hanno introdotto con la morte tutte le conseguenze che si legano alla morte stessa.
Il peccato ha introdotto nel mondo il dolore, la sofferenza, e nostro Signore Gesù Cristo che é venuto per liberarci dal peccato, deve liberarci dalla morte e deve liberarci definitivamente dalle conseguenze della morte con la forza della sua resurrezione.
Lo strumento di cui si serve, per liberarci dalle conseguenze del peccato che sono la morte e tutte le sofferenze, é questo: la sua croce che egli abbraccia, su cui muore, per mezzo della quale dona tutto se stesso, perché il peccato sia distrutto perché le conseguenze del peccato, invece di essere strumenti di morte, diventino strumenti di vita, e la morte stessa segni il momento della vita.
I periodi della storia del cristianesimo illuminati più chiaramente dalla luce della fede, hanno chiamato il giorno della morte “dies natalis”: il giorno della nascita alla vita nuova. Ed era giorno di natale. E si commemorava il giorno del Natale facendo la memoria di tutti i santi perché, proprio attraverso le loro numerose sofferenze, erano passati nella vita nuova portata da nostro Signore Gesù Cristo.
E allora, noi dobbiamo ammettere che nella vita presente, nel peccato ci sono le conseguenze del peccato, ci sono le conseguenze della morte, ma al di là c’è una certezza che vale tanto quanto vale Gesù Cristo: Parola di Dio che non mente, Parola di Dio onnipotente che realizza ciò che dice, Parola di Dio fedele che mantiene ciò che promette. E Gesù Cristo dice: “Io sono la risurrezione e la vita”.
Lo dobbiamo pensare per i nostri fratelli che ci hanno preceduto nel segno della fede e la chiesa ci insegna ad essere uniti a loro, a vivere in comunione con loro, a pensare, semmai, se per la loro fragilità non abbiano ancora bisogno, attraverso questa nostra comunione, del nostro aiuto, del nostro suffragio. Perciò, da questa sera, la chiesa moltiplica le sue preghiere, ma vuole che il ricordo di quelli che ci hanno preceduto nel segno della fede sia una abitudine di tutti i giorni. Vuole che la comunione con loro, – che sono sempre i “nostri” – continui in un modo concreto come con qualsiasi persona che vediamo concretaemnte ancora con gli occhi.
Il mistero della vita della morte per mezzo della vittoria di nostro Signore Gesù Cristo dà un significato a tutte le conseguenze del peccato che segnano la nostra esistenza: la malattia, le disgrazie, le sofferenze di ogni specie. Questo mistero illumina i “momenti duri”della nostra esistenza. Questi momenti dolorosi, per il prezzo della croce di nostro Signore Gesù Cristo, diventano i nostri momenti preziosi perché ci arricchiscono nel senso che rendono più intensa la nostra comunione.
Mie cari, voi capite dove vuole andare a finire il discorso che il Vescovo oggi avrebbe voluto ripetere in mezzo alle tombe perché ci fosse il segno della presenza di tutti quelli le cui spoglie riposano là e che sono state portate là in questi quindici anni. Questa parola risuona qui, nel cuore della nostra chiesa, nella nostra Cattedrale e dice alla nostra fede che anche il dolore della separazione entra in questo mistero di morte e risurrezione. Ciò che importa è, essere uniti a nostro Signore Gesù Cristo e noi lo vogliamo essere. Dal momento che la durezza della separazione ci colpisce dobbiamo intensificare la nostra unione a Gesù Cristo, perché segni non un momento di morte ma un momento di vita.
Celebrazione per i defunti in Cattedrale a causa della pioggia
OM 79 Morti 1967