cercate il suo volto stabilite in Lui il vostro cuore
Agli uomini in preparazione al Precetto pasquale
Miei cari; non distogliamo il nostro spirito dal nuovo racconto della passione che abbiamo ascoltato questa sera; vedete dove veramente, dove di fatto,dove in concreto è arrivato l’amore di Dio, come dicevamo ieri sera, per strapparci dal peccato e riammetterci nella sua amicizia.
La nostra religione sta essenzialmente in questo fatto: che Dio è il nostro creatore, che Dio è il nostro Padre, che Dio ci ama infinitamente, che Dio ci ricolma dei doni del suo amore.
I rapporti Dio – uomo, sono quelli che nascono da un amore incontenibile di Dio per l’uomo che, ha le sue manifestazioni, le sue tappe progressive perché l’amore diventa sempre più evidente, sempre più forte, sempre più deciso, possiamo dire. E le tappe sono: il momento della creazione quando ci dona la vita, l’essere, e con la vita, tutto ciò che c’é nell’universo è dell’uomo, per l’uomo.
L’uomo pecca, dimentica Iddio, si ribella a Dio, vuol sostituirsi a Dio, e Dio ciò nonostante non lo abbandona, gli promette una salvezza, una riconciliazione, e questa riconciliazione la inizia scegliendosi un popolo con il quale stabilisce una alleanza di amicizia, un patto quindi di amore, ed è tutta la storia del popolo di Israele, tutta la storia dell’Antico Testamento.
Finalmente l’amore di Dio giunge fino al punto di darci il Figlio suo, ma non cosi, in un modo qualsiasi, darcelo totalmente, fino in fondo, in tutto il suo essere -possiamo dire – e il Figlio suo muore in croce per dimostrarci l’amore del Padre, per dimostrarci quali sono i nostri rapporti con Dio, per dimostrarci meglio quali sono i rapporti di Dio con noi.
La fede nostra ha questo oggetto, ha questo punto a cui deve rivolgersi: l’amore di Dio, l’amore infinito di Dio che si manifesta in Gesù Cristo che muore in croce per ciascheduno di noi.
Il peccato, l’abbiamo considerato ieri sera, è il rifiuto della nostra condizione di creature di un Dio infinitamente ricco, che dona a noi tutto il creato. Il peccato, è una infedeltà ad un patto a cui Dio non è mai venuto meno. Il peccato, Il peccato, è il rifiuto di Gesù Cristo con tutto ciò che significa Gesù Cristo: estrema espressione dell’amore Padre per noi.
Abbiamo detto ieri sera, ogni volta che si commette un peccato si dice: non vogliamo Gesù Cristo, vogliamo Barabba. Vogliamo una soddisfazione nostra che al confronto di Gesù Cristo, che cos’è mai? Niente. Fosse anche una cosa preziosa, una cosa importante può essere più importante di una persona? Può essere più importante della persona del Figlio di Dio? Può essere più importante di Gesù Cristo che muore per noi? Ecco, miei cari, il peccato.
Ma Dio non si arresta neppure dinnanzi a questo fatto, che noi abbiamo messo in croce il Figlio suo. Dio offre ancora all’uomo la possibilità di riconciliarsi con Lui. Il peccato aveva portato come conseguenza, e la porta ancora oggi, sempre come conseguenza, la rottura dei rapporti personali con Dio. Il peccato, porta come conseguenza ancora oggi, lo scatenarsi dell’egoismo che è: ognuno di noi contro tutti. Me ne importa degli altri? Che cosa importa a me? E tante altre espressioni che non sono soltanto delle espressioni, sono soprattutto degli atteggiamenti e dei fatti. Il peccato, è questo. Il peccato, la ribellione nostra verso Dio e delle creature contro di noi per cui, le creature diventano sorgente, le creature – dicevamo ieri sera – diventano sorgente di fatica, di sforzo, di pena, di sofferenza, di disgrazia, di morte.
Pensate, date solo un pensiero a quelle poche tristissime notizie di queste ultime ore, l’uomo che si inorgoglisce e in un certo senso giustamente delle sue conquiste. Ma come le paga care le sue conquiste! Quanti morti! Non solo i morti della guerra, e sono una cosa inconcepibile, ma i morti che contano le scienza, il progresso e tutte le altre cose di cui ci vantiamo. E’ la creazione che si ribella, e diventa un pericolo per l’uomo che si ribella a Dio. Ma Dio, insisto, non si arrende, Dio offre all’uomo peccatore il suo perdono, e quasi una ostinata persistenza a vincere con l’amore misericordioso la nostra insipienza, la nostra incoscienza, la nostra malizia, la nostra cattiveria, il nostro disordine. Dio perciò attende il ritorno della sua creatura prediletta; attende il ritorno del figlio suo, attende il ritorno del suo popolo che Egli ama come uno sposo ama la propria sposa.
Ci sono delle pagine bellissime, nella Scrittura, dove è descritto Iddio che attende il nostro ritorno, proprio come uno sposo che è stato tradito, ma vuol bene alla propria sposa, e attende il giorno in cui si ravvederà e potrà ancora abbracciarla. Noi siamo in questa situazione nei confronti dell’amore di Dio. E allora abbiamo tutto un messaggio, tutta una predicazione, tutta una insistenza che va dai primi profeti, cioè dai primi che parlano nel nome di Dio all’antico popolo di Israele, e sono i discorsi che valgono per tutti i popoli di cui Israele era il rappresentante, a cui erano diretti personalmente, ma che valgono per tutti gli uomini personalmente.
La predicazione dei profeti, di questi annunciatori della Parola di Dio – profeta è uno che parla al posto di un altro, è uno che parla in nome di Dio al posto di Dio – è tutta una insistenza che ha questo senso, e che si esprime in espressioni, in parole tipiche della rivelazione cristiana:
convertitevi,
ritornate a cercare Iddio,
cercate il suo volto,
stabilite in Lui il vostro cuore.
Stabilire in Dio il proprio cuore, non altrove, non nei propri egoismi, non nelle proprie passioni, nei propri desideri disordinati, e andate dicendo; ma stabilire il proprio cuore in Dio; cambiare strada perché chi commette il peccato si allontana da Dio, cammina lontano da Dio.
Convertitevi vuole dire: ritornate sui vostri passi con cuore contrito e umiliato. Questa espressione ci è molto familiare, è ripetuta nel salmo “miserere”, il salmo di penitenza. Il Signore guarda con rispetto, con amorevolezza, con attesa un cuore che sia contrito e umiliato.
Questo annunciano i profeti prima di Gesù Cristo e Gesù Cristo coronerà tutto quello che hanno detto i profeti. Praticamente, dicono in che cosa deve consistere la nostra conversione, in che cosa deve consistere il nostro ritorno a Dio, in che cosa deve consistere il nostro pentimento, in che cosa deve consistere oggi, stasera, la nostra conversione.
Tre cose richiedono tutti i profeti. Guardate, tutti; i profeti maggiori, i profeti minori, i profeti più antichi, i profeti più recenti, tutti insistono su questi tre punti: per convertirsi bisogna riconoscere il proprio peccato, per pentirsi bisogna fare penitenza, per convertirsi, e questo è un punto molto grave, molto serio, bisogna accettare i castighi del peccato.
Il primo punto: riconoscere il proprio peccato.
Riconoscere il peccato non è semplicemente farsi venire in mente quante volte si è bestemmiato, quante volte si è perduta la Messa senza un motivo grave, quante volte si sono trasgrediti i precetti della legge di Dio, il 6°, il 9°, il 7°, il 5°, il 4° comandamento, e andate dicendo. Non basta questo. Bisogna riconoscere che quelle azioni, che quel comportamento è peccato, perché è rifiutare Dio, perché è andare contro la Sua volontà, perché è rifiutare il suo amore, perchéè non farsene niente del suo amore, perché è rifiutare i beni che ci offre Lui, perché è rifiutare la salvezza. Commettere il peccato è rifiutare la salvezza, preferendo i beni che scegliamo noi, è rifiutare il paradiso, è scegliere l’inferno. Questo è il peccato e queste sono le conseguenze del peccato.
Commettere il peccato, avere coscienza perciò del peccato, è non credere alle promesse di Dio, significa preferire i propri idoli. Noi parliamo di popoli idolatri che adorano o adoravano le bestie, le piante, le statue e andate dicendo. Noi quando facciamo la scelta tra l’amore di Dio e i beni di Dio, e mille lire o diecimila lire, e la soddisfazione di un minuto, e un atto cosciente di ira che ci porta a ribellarci a Dio, e a maltrattare una persona, questi sono degli idoli ai quali noi sacrifichiamo Iddio. Questi non sono degli idoli che noi preferiamo a Dio?
Si dice tanto che oggi è indispensabile acquistare il senso del peccato. Lo si dice tanto oggi, ma vedete che i profeti l’ hanno già detto da migliaia di anni, perché il peccato non è mai cambiato, perché i rapporti con Dio non sono mai cambiati, perché il peccato è sempre la stessa cosa C’è il peccato, bisogna riconoscerlo. Diciamo: ma che male c’è? Io di male non ne faccio a nessuno! E ce ne sono per così delle cose…! Ma c’è Dio di mezzo, ma c’è la volontà di Dio di mezzo, ma c’é l’amore di Dio di mezzo. Rifiutare questo è cosa da poco? E’ fare male a nessuno? Dio si mette di mezzo ponendosi in ciascheduno di noi, nelle nostre persone: “Quello che avete fatto ad uno di questi lo avete fatto a me”.
Riconoscere il peccato è il primo punto. Pensateci un po’ cari uomini, che vi siete confessati, che vi confesserete, se ne avrete voglia nevvero? Se andrete davanti al sacerdote con questa coscienza: ma guarda che cosa ho fatto io! Ma guarda chi sono io! perché vado in Chiesa? perché vado qualche volta alla Comunione?, perché dico le preghiere? Avessimo soltanto fatto un peccato veniale, noi siamo già andati contro l’amore infinito di un Dio onnipotente.
Se abbiamo la coscienza del peccato, ne viene come logica conseguenza che, in noi ci deve essere il pentimento e il pentimento non deve essere quell’atto di dolore che non sappiamo più e che facciamo recitare mezzo al prete e mezzo lo diciamo noi, e saltiamo dal padre nostro al Credo o ai sette sacramenti. Quello non è pentimento. il pentimento è essere uomini che dicono: – ma guarda che cosa ho fatto! E’ umiliante, è vergognoso, è brutto, ma guarda Chi ho offeso!
il pentimento perciò nasce da una fede profonda, cari uomini e cari giovani, non ci può essere il pentimento dei peccati se a Dio si crede cosi-cosi, se Dio lo si conosce per sentito dire, se Dio è il Dio dei nostri padri perché ci credevano loro, e noi, perché vogliamo onorare i nostri vecchi, rispettiamo ancora i valori della fede; il pentimento nasce da una fede profonda, da una fede chiara, da una fede in un Dio personale che ci ama infinitamente e perciò il dolore deve essere una cosa, del tutto analoga a quel sentimento che nasce nel cuore nostro quando abbiamo dato un disgusto ad una persona cara, quando abbiamo dato un dispiacere ad una persona cara, quando abbiamo fatto soffrire una persona cara. Questo è il pentimento; il pentimento è riconoscere quindi il peccato, con umiltà. il pentimento e un desiderio sincero che si esprime così: oh! non l’avessi mai fatto; ma perché ho fatto cosi! il pentimento dice sinceramente, con tutte le proprie forze: non lo farò più; non lo farò più!
Cari uomini, cari giovani; e non soltanto voi, parliamoci con libertà.
Cosa volete voi? Voi siete persone che, più o meno sempre, in chiesa venite sovente. insomma!. avete una certa familiarità con queste cose, ma pensate a tutti i giovani, a tutti i giovani delle nostre scuole! Sono centinaia e centinaia. Quante scuole, grazie a Dio, e quanti ragazzi e quante ragazze che vanno a scuola! Le nostre chiese in queste mattine erano gremite di questi ragazzi e di queste ragazze. Sarebbe interessante fare una statistica e vedere quale percentuale vive in santo timore di Dio, vive un minimo di vita cristiana. Eppure hanno fatto il precetto!
Già io vedo mica tanto bene questo portare intruppati i ragazzi e le ragazze a fare il precetto. Sarebbe molto meglio se li portassero i loro padri e le loro madri, soprattutto con il buon esempio; soprattutto andandoci loro. Ma lasciamo stare.
Sarebbe interessante fare una statistica, vedere quale percentuale di questi figlioli che fanno Il precetto, che si sono confessati, che hanno fatto la Comunione, se domenica andranno a Messa, che è Pasqua; se domenica quest’altra andranno ancora a Messa; e dico un precetto, un dovere, un piccolo dovere religioso.
Domani sarà ancora come ieri; ma è convertirsi questo? Il pentimento non li ha neppure sfiorati. Quella data percentuale, nevvero, non dico tutti non li ha neppure sfiorati, perché non sono andati dal sacerdote convinti, ed non hanno detto: ma che cosa ho fatto io, non lo faccio più; mi impegno con tutte le forze, mi impegno con tutta la mia sincerità, mi impegno con tutto il senso di responsabilità di cui sono capace a non farlo più; starò attento, non mi metterò nell’occasione. Questo dice la nostra fede,o miei cari.
C’è un terzo aspetto della conversione. Dicevo è duro questo aspetto, ma noi crediamo alla santità di Dio, all’amore di Dio, ai diritti di Dio e alla gravità del peccato? Ci crediamo o non ci crediamo? Se ci crediamo, dobbiamo accettare che il peccato sia riparato, dobbiamo accettare che le cose siano messe al loro posto. Noi ci siamo presi quello che non ci spettava, noi abbiamo fatto quello che non dovevamo fare.
C’è un altro aspetto. Il peccato non è solo; il peccato non è mai solo. Un’azione che ci riguarda individualmente è sempre qualche cosa che ha le sue ripercussioni negli altri. Io non pecco mai per mio conto. Quando pecco, pecco come uomo, pecco come giovane, pecco come membro della famiglia umana, pecco come membro della mia famiglia, peccocome membro della Chiesa, pecco come membro della mia società e l’umanità, la società, la mia famiglia, la mia comunità ne porteranno con me le conseguenze, perché non sono un isolato. Nessuno è isolato. Tutti formiamo un corpo solo, tutti formiamo una famiglia sola.
Questo lo ammettete. Un padre ammette che le sue azioni hanno una ripercussione sui propri figli, sulla propria moglie; un figlio sa benissimo che le sue azioni hanno una ripercussione morale, alle volte anche di responsabilità giuridica e penale nei confronti dei genitori; ma questi sono degli aspetti molto blandi, molto secondari, molto esteriori rispetto alla solidarietà della nostra natura, della nostra vocazione di cristiani, del nostro destino di figli di Dio chiamati alla salvezza.
E allora? Allora ci sono le pene del peccato che noi dobbiamo accettare. Se tu ti riconosci peccatore, devi accettare la sofferenza. Guardate che, questo non è fatalismo. Guardate che, questa non è una condanna ingiusta. Guardate che, questo non ci pone di fronte a Dio come se si vendicasse di noi. Questo, capite la parola, questo noi non solo lo dobbiamo accettare, ma lo dobbiamo ammettere. Direi che, se fossimo giusti lo dovremmo desiderare per noi e per i nostri fratelli, perché si ristabilisca un ordine, perché si ristabiliscano dei rapporti, perché subentri un equilibrio, perché si faccia una riconciliazione e una pace.
E allora, la sofferenza in tutte le sue espressioni materiali e spirituali, la fatica, le incomprensioni, le persecuzioni, le difficoltà, e andate dicendo, la stessa morte, la malattia, si accettano dalle mani di Dio perché con queste Dio ci salva.
Come? Con queste Iddio mi salva? Sì. Gesù Cristo chi é se non la sofferenza in persona, che viene appunto ad abbracciare la sua croce per rendere valida la nostra sofferenza e la nostra croce, perché possiamo essere riconciliati, nel sangue, suo con il Padre ed essere quindi perdonati. Non c’è ritorno a Dio, non c’è conversione, non c’é pentimento del peccato, non c’é senso di peccato in noi se non c’è questa accettazione del peccato che viene castigato in noi per i nostri peccati personali che ce ne sono sempre d’avanzo.
Dio da sempre è misericordioso e, guai se non ci fosse tra noi e Dio la morte del Figlio suo! Accettarlo per noi, accettarlo per i nostri fratelli. E tutto questo è il messaggio non solo dei profeti, ma di Gesù Cristo.
Gesù Cristo viene a predicare la penitenza, la conversione. Le prime parole sue nella vita pubblica sono -“Convertitevi, il Regno dei cieli è vicino”. Gesù perdona i peccati. Gesù rimette i peccati. Quanti episodi del Vangelo! Gesù dà il potere di rimettere i peccati. Gesù, l’abbiamo ripetuto tante volte, dà la sua vita per strapparci dal peccato. E’ l’ Agnello di Dio che porta i peccati del mondo!
Cari uomini, cari giovani; io penso che qualche pensiero sia penetrato nella vostra mente, che qualche luce buona abbia illuminato e illumini le vostre coscienze. Prendiamo bene, sul serio, e in tutte le sue conseguenze la nostra fede.
E’ così. Lo comprendiamo che deve essere così. E allora la nostra Pasqua, la nostra riconciliazione con Dio, la nostra confessione oh! sia davvero un ritorno al Padre, con Gesù Cristo abbracciando la nostra croce, per purificarci dei nostri peccati e ritornare nella casa del Padre dove si fa festa.
Si fa festa nella nostra coscienza, si fa festa nella nostra anima, si fa festa nella nostra persona, perché ci sentiamo riconciliati con Dio, perché ci sentiamo a posto, perché i nostri rapporti col nostro Creatore e nostro Padre sono ristabiliti nella grazia che ci viene dal sangue del Figlio suo dato per i nostri peccati e per la nostra salvezza.
Sia lodato Gesù Cristo!
OM 105 Triduo 67