La S. Messa del Vescovo per ricordare Mons. Ferrari
sarà celebrata in Duomo alle ore 18.
I sacerdoti liberi da altri impegni sono invitati a concelebrare
Carissimi sacerdoti, nell’anniversario della morte, ricordiamo noi per primi il Vescovo Carlo; con affetto cristiano e con affetto sacerdotale.
Ricordiamolo con le nostre comunità, domenica 28 di questo mese di novembre. Ricordiamolo nella liturgia delle ore e nella celebrazione Eucaristica “feriale” del 1° dicembre.
Personalmente, celebrerò la ricorrenza in Cattedrale, con memoria viva anche dei vescovi Origo, Menna Poma e dei sacerdoti defunti da loro ordinati: la nostra preghiera si fa così carità del suffragio, espressione di fede e di speranza nella comunione dei santi, consapevolezza delle testimonianze ricevute e rinnovata disponibilità a perseverare nel servizio e nelle corresponsabilità per il Vangelo.
Del Vescovo Carlo voglio ricordare anche in questa circostanza l’ultima sua omelia in seminario il 4 novembre dello scorso anno; fu quasi il suo testamento spirituale, davvero semplificato dalla saggezza degli anni dall’esperienza, e della sofferenza che, proprio a partire da quella Messa, oramai sopravanzava. In mezzo all’assemblea riunita davanti a lui, vide soprattutto i preti; i “pastori d’anime”. E raccomandò a loro due cose: siate uniti, e sarete credibili; tenete sempre in mano la Parola di Dio.
Ricordiamolo così; con viva riconoscenza, perché ci ha trasmesso una simile fede.
Una sola consegna: le Settimane pastorali
«Gli atti delle Settimani pastorali, a lui tanto care – ha detto il Vescovo – sono gli unici documenti del suo episcopato che egli consegnò a me, suo successore. Come volesse affidarmi e raccomandarmi solo questo»
Mercoledì I dicembre, nel primo anniversario della morte del Vescovo Carlo Ferrari, si è celebrata in Duomo una messa di suffragio con la quale si sono ricordati anche i Vescovi suoi predecessori.
L’ha presieduta mons. Caporello, concelebranti una ventina di sacerdoti.
Riportiamo per intero l’omelia tenuta dal Vescovo. E’ un testo che coglie molto da vicino alcuni aspetti significativi della spiritualità e del ministero episcopale di mons. Ferrari.
1. «Diamo modo allo spirito di verità di penetrare nei nostri cuori, di illuminarli e di farci comprendere la Parola di Dio e tutto ciò che Dio ha compiuto negli eventi della storia della salvezza».
Sono espressioni familiari del Vescovo Carlo. Così come risuonano, le pronunciò nella Settimana Pastorale del 1970 per introdurre con la meditazione il tema: “la chiesa come comunione”.
Fece prima un cenno al Vangelo della Cena secondo Luca:«Ho desiderato ardentemente di mangiar questa Pasqua con voi, prima della mia passione» (22,14). Fece questo cenno per dire che “ognuno di noi personalmente è nel profondo desiderio di Gesù”; è “desiderio ardente” della passione e della Pasqua di Gesù; come “desiderio ardente” di Gesù è l’amicizia con i suoi commensali e tra i suoi commensali.
Questa stessa assemblea eucaristica – che ricorda il Vescovo Carlo a un anno dalla morte – è essa pure “desiderio ardente di Gesù”. E si caratterizza anche per la presenza allo stesso banchetto, nella comunione dei santi, del Vescovo Carlo, dei Vescovi Poma, Menna, Origo, ai quali vogliamo associare, con la carità del suffragio, i sacerdoti defunti da loro ordinati.
“DESIDERIO DI DIO”
2. Possiamo dire – voi lo potete dire meglio di me! – che il Vescovo Carlo in qualche modo finivaperdefinire se stesso, sotto questo profilo dell “‘ardente desiderio” che Cristo ha di fare la sua Pasqua con noi. In questa luce, tra l’ altro, il Vescovo Carlo vedeva i suoi presbiteri, la chiesa mantovana a lui affidata; anzi, I’intera umanità: tutto e tutti, come “ardente desiderio” di Dio: del Padre, del Figlio dello Spirito Santo.
Un “desiderio” creativo redentore, santificante, che si rivela, si compie e perennemente si comunica a noi per la Pasqua di Cristo e per i doni forti e inesauribili dello Spirito Santo: più realisticamente, sia pure nei segni sacramentali, per la potenza della Parola, per l’Eucaristia e per la Carità che sono nelle mani e nella missione della chiesa.
SOPRA OGNI COSA
3. Per questa convinzione fondamentale – I’essere personalmente nel profondo desiderio di Gesù – il Vescovo Carlo riteneva affascinante e possibile per se, per i suoi preti, per la chiesa a Mantova, “desiderare ardentemente” Dio sopra ogni cosa; Dio il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; Dio, la sorgente e il nutrimento dell’amicizia umana, della comunione presbiterale ed ecclesiale, di una missione evangelica sostanzialmente riducibile al compito di testimoniare credibilmente la carità di Dio nella vicenda degli uomini: «Dio ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio unigenito; … vi ho dato l’esempio perché, come ho fatto io facciate anche voi» (cfr. Gv.3,16 segg; 13,15 segg).
MINISTERO E TESTAMENTO
4. Con la stessa fondamentale convinzione, il Vescovo Carlo impostò e svolse il suo ministero. E rinnovò spesso il proposito altrettanto fondamentale della sua vita e del suo ministero, impegnandosi a dipendere solo dalla Parola di Dio: a meditarla, a studiarla, a celebrarla, a proporla senza distrazioni od occupazioni pur necessarie nel ministero pastorale e tuttavia invadenti.
Fu così sempre; fu così fino alla sua ultima celebrazione eucaristica tra di noi.
Aveva fatto il lungo viaggio di ritorno a Mantova qualche giorno prima, già sofferente . Ma “desiderava ardentemente” celebrare con noi i 40 anni del suo episcopato e la ricorrenza liturgica di San Carlo Borromeo.
Fu lui a cercare non la Cattedrale, ma il seminario. Fu in difficoltà fino all’ultimo momento, mavenne; posò lo sguardo sorridente sui presenti, soprattutto sui giovani seminaristi e sui sacerdoti. Al momento dell’omelia esitò; ma, raccolse le forze è spiegò con la sua convinzione il Vangelo del buon Pastore secondo Giovanni,per
ricordare la “passione ardente” di Gesù che offre la vita per noi (10,1 1 -18).
Si avvicinava per lui l’avvento ultimo di Cristo, e si apriva oramai I’orizzonte pieno della Pasqua eterna. E a noi, che restiamo pellegrini, il Vescovo Carlo riconsegnò ancora una volta – testamento di Cristo – il comandamento della carità e dell’unità che ci rende credibili, e il libro per il viaggio: la Sacra Scrittura.
5. Alla fine, lasciò l’altare: stanco, ma quasi fisiologicamente felice. E il giorno dopo si affidò ormai in pieno silenzio all”‘ardente desiderio” di Cristo che lo voleva con se e lo riconduceva con tutta la potenza dello Spirito al Padre: “Ecco, vieni servo buono e fedele; sei stato fedele nel poco per tutta la tua esistenza, ti sarà dato molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone” (cfr. Mt. 25,21).
6. Mi sono riferito alle parole con le quali il Vescovo Carlo introduceva la Settimana pastorale del 1970 sul tema della “chiesa-comunione”, per due ragioni: gli “atti” di quella “Settimana” – e di altre “Settimane pastorali” a lui tanto care – sono gli unici documenti del suo episcopato che egli consegnò a me, suo successore; non mi consegnò altro. E lo fece in un contesto di confidenza e di conversazione umana e cristiana che intendeva essere quasi la consegna della sua esperienza e del suo governo pastorale. Come volesse affidarmi e raccomandarmi solo questo.
IL BANCHETTO SUL MONTE
Ho, poi, scelto le sue parole anche perché nella stessa circostanza egli spiegò lo stesso testo di Isaia che questa sera abbiamo riascoltato (25, 6-10) .
E lo fece con la sua ben nota: concisione così: «Teniamo presente il traguardo che si prefigge Dio nel compimento del suo forte desiderio di noi, del suo progetto su di noi e sulla storia del mondo: Dio vuole introdurci nella comunione di vita con se, nella comunione di vita già partecipata a tutti da un’unica fonte che è la sua stessa vita divina: tre persone in un Dio solo; noi, i molti, che dobbiamo fare una cosa sola nella carità e nell’amore. Nel linguaggio di Isaia – egli continuò a dire senza perdersi in ulteriori commenti – questo fatto decisivo è descritto con l’immagine del banchetto preparato sul monte».
Vi confesso che questa immagine egli mi ha alla fine ricordato nell ‘ultimo mese della sua vita, quando ripetutamente lo vidi oramai raccolto nel silenzio grave e disteso dell’estrema sua attesa dell’avvento di Dio, e del pieno compimento della sua donazione di vita in Cristo per la chiesa.
Pregai più volte quasi d’istinto proprio con le parole di Isaia, anche perché si era come ora nella stessa stagione dell’avvento liturgico: «Il Signore Dio preparerà per te il banchetto, strapperà da te il velo, toglierà la coltre che ti copre; eliminerà la morte per sempre, asciugherà le lacrime e il sudore del tuo volto, toglierà ogni condizione di disonore; ecco il tuo Dio, il nostro Dio: in lui abbiamo sperato, rallegriamoci perché la sua mano si poserà sul monte!»
Queste memorie di allora e questi pensieri sono anche questa sera le espressioni della carità del nostro suffragio, e della nostra riconoscenza.
Queste stesse memorie e queste preghiere sono per noi stassera, mercoledì della prima settimana di avvento – segno dell’avvento di Cristo che desidera ardentemente di fare ora la Pasqua con noi; e segno che noi possiamo ardentemente – giorno dopo giorno – fare Pasqua con Lui: già ora, e per sempre.
Egidio Caporello Vescovo
“La Cittadella” 12 Dicembre 1993
“La Cittadella” 28 Novembre 1993