Congresso eucaristico interdiocesano di Gravina
A sera sempre più numerosi i fedeli si raccolsero in S. Francesco per la seconda Assemblea plenaria, onorata della dotta e pastorale eloquenza di S. E. Mons. Carlo Ferrari, Vescovo di Monopoli, che trattenne l’attento uditorio
Lo schema della conversazione, che l’illustre oratore ci affidò e che qui riportiamo, basta da solo a qualificare il contributo veramente eccezionale da Lui recato all’approfondimento del tema del Congresso.
Esiste una storia di Dio e degli uomini?
Qual è la vecchia storia?
E la nuova storia?
Perché e in quale senso l’Eucarestia fonda la nuova storia?
1) Il cristianesimo è una storia.
Non è un insieme di dottrine, di costumi, di riti; è un rapporto personale che intercorre tra Dio e gli uomini e per conseguenza è accompagnato da un giudizio tra le persone (la dottrina), da un atteggiamento che anima queste persone e detta un comportamento vicendevole (costume), che ha le sue espressioni convenzionati, tipiche, forti, (riti).
Al centro ci sono delle persone che pensano, che sono animati, da sentimenti, che si esprimono con rapporti coscienti, liberi, responsabili. Queste persone sono da una parte Dio e dall’altra gli uomini.
Dio è il primo, a Lui spetta l’iniziativa, ciò che fa non è determinato da nessun interesse, la sua posizione trascende all’infinito la situazione degli uomini, a fondamento di tutto ciò che fa ci sta il suo amore gratuito e infinito.
L’uomo ha una dimensione limitata, non ha nulla da dare a Dio, dispone in modo, non si sa come, del dono della libertà per cui è capace di dire sì o no a Dio, di accettarlo o di rifiutarlo. La sua situazione è quella di chi ha bisogno in tutto di Dio, per essere, per esistere, per agire, ha bisogno per aggiunta di essere liberato dal vortice annientatore e dal risucchiamento bruciante la linfa del suo essere e della vitalità delle sue energie nell’angoscia paurosa del tempo e nella disperazione infinita della eternità.
Tra questo Dio e questi uomini esiste una vicenda che è una lunga meravigliosa storia di amore.
2) Questa storia è vecchia.
Le sue tappe principali sono:
a) la creazione: Dio, il cosmo, I’uomo: « omnia vestra, vos autem Dei ».
-L’uomo felice,
-l’uomo infedele a Dio,
-l’uomo fratricida,
-l’uomo omicida,
-l’uomo schiavo;
b) la vocazione di Abramo:
-l’iniziativa di Dio,
-le sue promesse,
-le prove di essere fedele alle promesse e di essere capace di mantenerle,
-la fede di Abramo e la sua discendenza,
-l’alleanza;
c) la liberazione di Israele:
-la vocazione di Mosè,
-la schiavitù in Egitto,
-la liberazione,
-la vita nel deserto,
-la legge,
-l’alleanza,
-la costituzione del Popolo di Dio,
-la !terra promessa;
d) Il senso profetico di questa storia:
-interpretazione graduale sul senso della salvezza da parte dei Profeti,
-annuncio e preparazione alla nuova storia attraverso le vicende del popolo di Israele.
Questa vecchia storia è caratterizzata da quegli avvenimenti nei quali domina l’azione di Dio intento a preparare una alleanza con tutte le genti.
Al fine di costituire il suo Regno in mezzo agli uomini, stabilisce, riallaccia, approfondisce una alleanza con il suo popolo.
Egli sceglie, elegge, convoca il popolo di Israele perché sia il « suo Popolo » come un padre rispetto ai figli, come un pastore rispetto al gregge, come un vignaiolo rispetto alla sua vigna, come uno sposo rispetto alla sposa, per esprimere e preannunciare i suoi rapporti con gli uomini e quelli degli uomini tra di loro.
Questo popolo, sarà un popolo di sacerdoti, una nazione santa destinata a lodare Dio, ad annunziare le sue meraviglie in mezzo a tutte le nazioni.
3) La nuova storia.
I concetti di Regno, di Alleanza, di Popolo di Dio a un certo punto della storia perdono il loro contenuto di avvenimenti legati al tempo e allo spazio e acquistano un significato che si identifica con una persona: Gesù.
Gesù è il Signore:
-è stato ucciso per noi e ci ha riacquistati da ogni tribù, lingua, popolo e nazione;
-ci ha fatti per il nostro Dio re e sacerdoti (Ap. 5, 9-19);
-a lui siamo stati affidati dal Padre in eredità (Sal. 2, 8);
-ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore (Col. 1, 13).
Nella misura in cui egli è in mezzo agli uomini e gli uomini si lasciano possedere, la sovranità di Dio guadagna terreno nel mondo: tutto sarà ricapitolato in Cristo, a lode della grazia di Dio.
Gesù è la nostra alleanza perché nel suo sangue ci riconcilia con il Padre, abbatte il muro della separazione; in lui infatti abbiamo la redenzione e la remissione dei peccati (Col. 1, 14; Ef. 1, 7); il suo è il sangue della nuova alleanza (Mt. 26, 28).
Intorno a Gesù si raccoglie il nuovo popolo di Dio: tra i discepoli Gesù sceglie i dodici che denomina Apostoli, simboleggiano tutto Israele « sederete sui dodici troni e giudicherete le dodici tribù di Israele » (Mt. 19, 28; Lc. 22, 29).
Con la vocazione degli Apostoli incominciano a delinearsi gli elementi del nuovo popolo di Dio, che costituisce la figura biblica più completa della Chiesa e che il Concilio ha consacrato nelle pagine più felici dei suoi Documenti: il secondo capitolo della « Lumen Gentium ».
I « Dodici », i seguaci di Gesù in genere, sono coloro che « stanno con Lui », così che il popolo di Dio acquista il carattere di popolo radunato intorno a Cristo; Cristo incentra nella sua persona il popolo di Dio.
Il popolo di Dio si presenta come la comunità di coloro che sono diventati seguaci di Gesù e sono solidali al suo destino.
In questa nuova storia c’è un momento di crisi che determina una svolta: è importante notarlo per capire il nostro tema.
Fino ad un certo punto Gesù è seguito dai discepoli, dai « dodici », dalle turbe che erano talmente affascinate che volevate rapirlo e farlo re (Gv. 6, 15) – come erano tutti lontani dal pensiero di Gesù: « il mio regno non è di questo mondo » (Gv. 18, 36). Era il giorno appresso della moltiplicazione dei pani. Gesù lascia cadere in quel mare fremente di entusiasmo le parole: « il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo (Gv. 6, 51); tutto si agghiaccia: i giudei discutono, molti dei suoi discepoli si allontanano e non andranno più con Lui, la folla si disperde; solo i “dodici” rimangono anche se non capiscono.
Gesù è ormai solo con pochi. Si ripete ancora una volta il misterioso fenomeno del « piccolo resto », costituito da pochi fedeli alla speranza della promessa. Esiste però una differenza essenziale: ogni volta il
« resto » era un germe vivo di eletti di cui si serviva Dio per fare rifiorire il suo popolo; Gesù e i suoi sono un « resto » non di isolati con la coscienza di essere eletti perché migliori: Gesù prima e gli Apostoli poi, hanno la coscienza di caricarsi del peccato di tutti e di dover morire, come il chicco di frumento, per la risurrezione e la vita degli altri. E’ la figura del servo di Dio che diventa (Is. 53) un fatto personale in Gesù, vero servo di Javè, e in quelli che sono disposti a rinnegare se stessi per seguirlo, per dare la propria vita per la redenzione dei fratelli (Mt. 20, 28; Gv. ss, 13).
Questo atteggiamento nuovo segna la nuova via per raggiungere, convocare, tenere insieme i figli del nuovo Israele, i membri del nuovo Popolo di Dio, la Chiesa: gli uomini non si raggiungono soltanto attraverso il messaggio del Vangelo, occorre raggiungerli con lo stile e sulla via segnata da Gesù che dona se stesso, come prova estrema di amore. Significativi sono il gesto e le parole di Gesù quando lava i piedi agli apostoli durante l’ultima cena, prima di istituire l’Eucaristia.
La nuova storia di Dio e degli uomini incomincia nel cenacolo.
Nel cenacolo accadono due avvenimenti:
1) si celebra l’ultima cena la vigilia della passione e morte;
2) scende lo Spirito Santo a Pentecoste.
A Pentecoste la Chiesa nasce ufficialmente: realmente la Chiesa si costituisce nell’ultima cena. Lo Spirito Santo ne farà capire il significato e renderà possibile viverne il contenuto; Gesù è la realtà significata dalla cena ed è il Contenuto del suo mistero.
Qui ha inizio per i credenti la nuova storia di Dio e degli uomini. Essi:
– a) stanno con Gesù nel modo più intimo e familiare come avviene a cena;
– b) sono perseveranti nella preghiera, che inizia qui e diventerà la consuetudine di ogni assemblea;
– c) raccolgono il testamento di Gesù: «amatevi come io ho amato »;
– d) stupiti vedono Gesù che « spezza il pane con loro ».
Spezzare il pane sarà il gesto ecclesiale più caratteristico della nuova vita del nuovo Israele. Significa:
-Gesù con noi
-noi con lui
-noi insieme partecipi di una stessa vita,
-illuminati dalla Parola che è Lui in persona,
-animati da uno stesso Spirito che Lui ci dona,
-solleciti delle necessità di tutti i fratelli,
-desiderosi che i commensali siano molti,
-pronti ad andare incontro a tutti,
-disponibili per gli interessi del Regno del Padre perché tutti gli uomini siano nostri fratelli e suoi figli.
Stampa: Atti del Convegno Eucaristico Interdiocesano di Gravina 21-28 Maggio 1967
ST 199 Gravina 1967