Lo scopo di ogni ministero
« Il Figlio di Dio, unendo a sé la natura umana e vincendo la morte con la sua morte e risurrezione, ha redento l’uomo e l’ha trasformato in una nuova creatura (cf Gl 6, 15- 2 Cr 5, 17). Comunicando infatti il suo Spirito convoca i suoi fratelli da tutte le nazioni e li unisce misteriosamente come suo Corpo » (Lumen Gentium, 7). « Egli, nel suo Corpo che è la Chiesa, continuamente dispensa e costituisce i doni dei ministeri, con i quali, per virtù sua, ci aiutiamo vicendevolmente a salvarci, e operando nella carità conforme a verità, noi andiamo in tutti i modi crescendo in Colui che è il nostro Capo (cf Ef 4, 11-16) » (ivi). Da Lui, infatti, « tutto il corpo ben fornito e ben compaginato per mezzo di giunture e legamenti, riceve l’aumento voluto da Dio »(Cl 2,19).
«Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra di loro, ma li costituì in forma di popolo che lo riconoscesse nella verità e fedelmente lo servisse»(Lumen Gentium, 9).
Ne deriva, per naturale conseguenza, che « i Presbiteri in virtù della sacra ordinazione e della missione che ricevono dai Vescovi, sono promossi al servizio di Cristo Maestro, Sacerdote e Re, partecipando al suo ministero, per il quale la Chiesa qui in terra è incessantemente edificata in Popolo di Dio, Corpo di Cristo e Tempio dello Spirito Santo » (Presbyterorum ordinis, 6).
E ancora: « Con il sacramento dell’Ordine i Presbiteri si configurano a Cristo Sacerdote come ministri del Capo, allo scopo di far crescere ed edificare tutto il suo Corpo che è la Chiesa » (ivi, 12).
Perciò, « esercitando la funzione di Cristo Capo e Pastore, per la parte di autorità che spetta loro, i Presbiteri, in nome del Vescovo, riuniscono la famiglia di Dio, come fraternità animata nell’ unità e la conducono al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo.
Per questo ministero… viene (loro) conferita una potestà spirituale, che è appunto concessa ai fini della edificazione (della Chiesa)… La funzione di Pastore non si limita alla cura dei singoli fedeli, ma di sua natura tende alla formazione dell’autentica comunità cristiana » (ivi, 6).
Questi pochi testi chiariscono senza equivoci lo scopo delle funzioni del ministero sacerdotale e nello stesso tempo impongono l’esigenza di entrare in quella prospettiva del Piano della Salvezza che il Concilio ha felicemente riscoperto e magistralmente espresso.
Anche il linguaggio si è adeguato: « la cura d’anime » ha ceduto il posto alla « azione pastorale » che evoca più chiaramente una finalità comunitaria, che non una preoccupazione individualistica; « la salvezza dell’anima » è sostituita dalla « edificazione della Chiesa », eccetera.
Sono espressioni che non denotano una semplice evoluzione verbale, ma che, se intese rettamente, designano una reale evoluzione verso un contenuto più adeguato alla ricchezza della Rivelazione e quindi più fedele allo stesso linguaggio biblico.
Quando simili espressioni corrispondono sinceramente al pensiero di chi le usa denotano una mentalità nuova che concepisce il ministero sacerdotale in una prospettiva ecclesiale e non individualistica, la quale dà un significato misteriosamente vitale, impegnativo e dinamico al risaputo « extra ecclesiam non datur salus », troppo spesso riferito a un ambito solo giuridicamente delimitato e pacificamente sicuro. Si possono leggere con frutto i numeri 7, 9, 11 e 17 della « Lumen Gentium ».
Così il ministero della Parola di Dio, come gli altri ministeri e in intima connessione con essi, ha il suo preciso scopo di tendere in definitiva alla edificazione della Chiesa. « Il Popolo di Dio viene adunato innanzitutto per mezzo della Parola del Dio vivente (cf 1 Pt 1, 23; At 6, 7; 12, 24; « gli Apostoli predicarono la parola di verità e generarono le Chiese », (S. Agostino), che tutti hanno diritto di cercare sulle labbra dei Sacerdoti » (Presbyterorum ordinis, 4).
Preminenza del ministero della Parola
«I Presbiteri, nella loro qualità di cooperatori dei Vescovi, hanno anzitutto il dovere di annunciare a tutti il Vangelo di Dio, seguendo il mandato del Signore: “Andate nel mondo intero e predicate il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16, 15), e possano così costituire e incrementare il Popolo di Dio… Verso tutti pertanto sono debitori i Presbiteri, nel senso che a tutti devono comunicare la verità del Vangelo, che posseggono nel Signore » (Presbyterorum ordinis, 4).
Il dovere preminente dei Presbiteri di annunciare il Vangelo nasce dalla missione stessa della Chiesa: « La Chiesa riceve la missione di annunziare fra tutte le genti il Regno di Cristo e di Dio » (Lumen Gentium, 5) ” La chiesa cattolica per ottemperare al divino mandato: istruire tutte le genti, è tenuta a operare instancabilmente affinché la Parola di Dio corra e sia glorificata » (Dignitatis humanae, 14).
“L’apostolato della Chiesa e di tutti i suoi membri è diretto prima di tutto a manifestare al mondo il messaggio di Cristo con la parola e i fatti e a comunicare la sua grazia. Ciò si effettua soprattutto con il ministero della parola e dei sacramenti » (Apostolicam actuosttatem, 6).
La ragione è a che “la sacra Liturgia non esaurisce tutta l’azione della Chiesa. Infatti, prima che gli uomini si possano accostare alla Liturgia, bisogna che siano chiamati alla fede e si convertano: – Come potrebbero invocare Colui nel quale non hanno creduto?
E come potrebbero credere in Colui che non hanno udito?
E come potrebbero udire senza chi predichi?
E come predicherebbero senza essere stati mandati? (Rm 10, 14-15).
Per questo la Chiesa annunzia il messaggio della salvezza a coloro che ancora non credono affinché tutti gli uomini conoscano l’unico vero Dio e il suo inviato Gesù Cristo, e si convertano dalle loro vie facendo penitenza. Ai credenti poi essa ha sempre il dovere di predicare la fede e la penitenza, deve inoltre disporli ai sacramenti, insegnare loro tutto ciò che Cristo ha comandato, e incitarli a tutte le opere di carità, di pietà e di apostolato, attraverso le quali si renda manifesto che i seguaci di Cristo pur non essendo di questo mondo, sono tuttavia la luce del mondo é rendono gloria al Padre dinanzi agli uomini » (Sacrosanctum Concilium, 9).
Queste sono soltanto alcune citazioni tratte dai documenti del Concilio; si potrebbero moltiplicare, per mettere in evidenza con quanta chiarezza e insistenza oggi il Magistero della Chiesa riporta al loro giusto posto e nella loro organica interdipendenza i ministeri della salvezza.
La salvezza nasce dalla fede, ha la sua consistenza nei sacramenti e diventa operante nella vita. Le cose si svolgono così: nell’ora voluta da Dio, Egli ha rivolto la sua Parola nell’intimità di una coscienza la quale sostenuta da Lui ha pronunziato il suo “sì “: è nato un nuovo rapporto personale con Dio salvatore: la fede; interviene il sacramento, cioè Dio inserisce nel suo Cristo, per mezzo dello Spirito, questo suo figlio, e per tale inserimento la vita nuova fluisce in lui e lo rende nuova creatura, capace di compiere le opere della luce. E’ al di fuori della stessa legge della organicità della vita cristiana pretendere le ” opere ” senza la ” grazia del sacramento “, come pensare che il sacramento produca ” la grazia ” se non esiste l’accoglimento della ” fede “.
Gesù non aveva lasciato dubbi: ” Andate, predicate… battezzate… insegnate a osservare tutto ciò che ho comandato ” (Mt 28, 19-20).
La forza del ministero della Parola
Il ministero dei Presbiteri ” che comincia con l’annuncio del Vangelo, deriva la propria forza e la propria efficacia dal Sacrificio di Cristo ” (Presbyterorum ordinis, 2)… il Quale ” è presente nella sua parola, giacché è Lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura ” (Sacrosanctum Concilium, 7).
“Nella Parola di Dio… è insita tanta efficacia e potenza, da essere sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa saldezza della fede, cibo dell’anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale ” (Dei Verbum, 21).
“La Parola di Dio, che è la potenza di Dio a salvezza di chiunque crede (Rm 1, 16), si presenta e manifesta la sua forza in modo eminente negli scritti del Nuovo Testamento ” (ivi, 17).
“La Parola del Signore è paragonata… al seme che viene seminato nel campo (Mc 4, 14): … poi il seme per virtù propria germoglia e cresce fino al tempo del raccolto » (Lumen Gentium, 5);
“Germogliando nel buon terreno, irrigato dalla rugiada divina, assorbe la linfa vitale e la trasforma e la assimila, per produrre finalmente un frutto abbondante » (Ad gentes, 22).
Gli Apostoli ” hanno predicato la Parola di Dio pienamente fiduciosi nella virtù divina di questa Parola per distruggere le forze avverse e per condurre gli uomini alla fede e all’ossequio di Cristo » (Dignitatis humanae, 14).
Chi predica sa “che è il Signore ad aprire i cuori, e che l’efficacia non proviene da essi, ma dalla potenza di Dio ” e perciò “all’atto stesso di predicare la Parola si uniranno più intimamente con Cristo Maestro e saranno guidati dal suo Spirito » (Presbyterorum ordinis, 13).
Il Concilio costringe la teologia ad aprire un nuovo capitolo sul valore salvifico della Parola e del suo ministero. I nostri manuali si sono attardati su una posizione di difesa del Sacramento e ne hanno sviluppato largamente ma unilateralmente, la natura, l’efficacia, il ministero, eccetera; ma della natura, della efficacia salvifica del ministero della Parola non si trovano tracce. I manuali di Pastorale trattavano del ministero della predicazione, ma sotto un aspetto didattico e metodologico, senza sfiorare la teologia della predicazione.
E’ la conseguenza di una posizione di controversia nei confronti dei protestanti: essi demoliscono il Sacramento e la sua efficacia ed esaltano la fede che nasce dalla Parola. Noi, presi dalla preoccupazione di sostenere l’efficacia del Sacramento, di fatto abbiamo finito per dimenticare quella della Parola. Il riflesso di questa situazione non è privo di gravi conseguenze nell’azione pastorale. Persino le nostre valutazioni sociologiche avevano come criterio la frequenza alla Messa e ai Sacramenti e non la capacità dei “praticanti ” di giustificare la loro fede che professavano con le ” pratiche religiose “.
Fedeltà alla Parola
La Parola che ha la potenza di salvare chiunque crede (cf Rm 1 16; Eb 4, 12), che ha la forza di edificare e di dare l’eredità a tutti i santificati (cf Ts 2, 13), è la Parola di Dio. Chi ascolta i ministri di Dio ha il diritto di trovarli fedeli e di richiedere da loro non parole di uomini, ma la Parola di Dio.
Fedeltà alla Parola di Dio
“Il ministero della predicazione sia adempiuto con fedeltà e nel debito modo; questa poi attinga anzitutto alla sorgente della S. Scrittura e della Liturgia, quale annunzio delle mirabili opere di Dio nella storia della Salvezza, ossia nel mistero di Cristo, mistero che è in noi sempre presente e operante, soprattutto nelle celebrazioni liturgiche » (Sacrosanctum Concilium, 35, 2). Perciò, ” nelle sacre celebrazioni, la lettura della Sacra Scrittura sia più abbondante, più varia, meglio scelta ” (ivi, 35, 1).
” E’ necessario, dunque, che la predicazione ecclesiastica, come la stessa religione cristiana, sia nutrita e regolata dalla S. Scrittura. Nei libri sacri infatti, il Padre che è nei cieli viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli e discorre con essi » (Dei Verbom, 21). ” Le Sacre Scritture contengono la Parola di Dio e, perché ispirate, sono veramente Parola di Dio… La predicazione pastorale, la catechesi e ogni tipo di istruzione cristiana, nella quale l’omelia deve avere un posto privilegiato, si nutre con profitto e santamente vigoreggia con la parola della Scrittura ” (Dei Verbom, 24).
“Al di sopra di tutti i sussidi spirituali occupano un posto eminente quegli atti per cui i fedeli si nutrono del Verbo divino alla duplice mensa della S. Scrittura e della Eucaristia ” (Presbyterorum ordinis, 18).
” La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture, come ha fatto del corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella S. Liturgia di nutrire del pane della vita alla mensa sia della Parola di Dio ché del Corpo di Cristo » (Dei Verbom, 21).
Nella situazione attuale, segnata da un evidente risveglio biblico l’impegno di fedeltà del dispensatore della Parola di Dio potrebbe ancora correre un rischio. La nostra formazione teologica ci ha troppo abituati a strumentalizzare la S. Scrittura e potrebbe accadere di convincersi di svolgere una predicazione biblica perché abbondiamo di citazioni scritturistiche per ” nutrire i nostri discorsi “.
La nostra diventerà una predicazione biblica quindi fedele, quando saremo rispettosi del Discorso di Dio, che consiste in una storia che si incentra nel mistero di Cristo e ne illustreremo il Piano; quando di questa storia e dei suoi vari episodi ne metteremo in luce il contenuto, non solo dottrinale ma vitale, soprannaturale, dinamico, salvifico e quando proporremo con convinzione, umiltà e rispetto le implicazioni che questo contenuto ha con chi è al centro di questa storia, Cristo Salvatore in persona.
Fedeltà al linguaggio degli uomini
Lo stesso impegno di fedeltà al ministero della predicazione è richiesto per la fedeltà al linguaggio: la prima è fedeltà a Dio, la seconda è fedeltà agli uomini, ai quali Dio rivolge la sua parola.
“E’ dovere di tutto il Popolo di Dio, soprattutto dei pastori e dei teologi, con l’aiuto dello Spirito Santo, di ascoltare attentamente, capire e interpretare i vari modi di parlare del nostro tempo, e di saperli giudicare alla luce della Parola di Dio, perché la verità rivelata sia capita sempre più a fondo, sia meglio compresa e possa venire presentata in forma più adatta ” (Gaudium et Spes, 44).
“L’esperienza dei secoli passati, il progresso delle scienze, i tesori nascosti nelle varie forme di cultura umana, attraverso cui si rivela più appieno la natura stessa dell’uomo e si aprono nuove vie verso la verità, tutto ciò è di vantaggio anche per la Chiesa. Essa infatti, fin dagli inizi della sua storia imparò a esprimere il messaggio di Cristo ricorrendo ai concetti e alle lingue dei diversi popoli; e inoltre si sforzò di illustrarlo con la sapienza dei filosofi: allo scopo cioè di adattare, quanto conveniva, il Vangelo, sia alla capacità di tutti, che alle esigenze dei sapienti. E tale adattamento della predicazione della parola rivelata deve rimanere legge di ogni evangelizzazione. Così infatti, viene sollecitata in ogni popolo la capacità di esprimere secondo il modo proprio il messaggio di Cristo, e al tempo stesso viene promosso uno scambio vitale tra la Chiesa e le diverse culture dei popoli ” (ivi).
“Allo scopo di accrescere tale scambio, oggi soprattutto, che i cambiamenti sono così rapidi e tanto vari i modi di pensare, la Chiesa ha bisogno particolare dell’aiuto di coloro che, vivendo nel mondo, sono esperti nelle varie discipline e istituzioni, e ne capiscono la mentalità, si tratti di credenti e di non credenti ” (ivi).
Come si vede, il Concilio, particolarmente con la costituzione pastorale ” La Chiesa nel mondo contemporaneo “, ha tenuto presente la finalità assegnatagli da Giovanni XXIII: ” Un balzo innanzi verso una penetrazione dottrinale e una formazione delle coscienze, in corrispondenza più perfetta di fedeltà alla autentica dottrina, anche questa però studiata ed espressa attraverso le forme della indagine e della formulazione letteraria del pensiero contemporaneo “.
Per essere quindi fedeli dispensatori della Parola di Dio si impone un dovere di aggiornamento, che sotto molti aspetti deve incominciare dalle fondamenta. Il Concilio è una cosa seria, che comporta dei doveri moralmente gravi.
Il ministero della Parola non è destinato a creare delle buone disposizioni in ordine alla vita morale dei fedeli; è un ministero soprannaturale di salvezza, a cui è legata la fede, la riconciliazione, la grazia e l’incremento della vita divina. A differenza del ministero sacramentale, che, al limite della validità, richiede soltanto ” l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa “, esso comporta invece una conoscenza delle cose di Dio e degli uomini di continuo aggiornata.
Da una parte la Parola di Dio, per l’azione dello Spirito Santo, penetra più chiara dove c’è l’impegno nel contatto della preghiera e nello sforzo dello studio: è un tesoro che viene sempre più allo scoperto, a cui gli uomini, per la universale volontà salvifica di Dio, hanno un diritto inalienabile; dall’altra le situazioni umane, le mentalità, le forme di espressione sono in rapida continua evoluzione: chi le ignorasse non trasmetterebbe agli uomini di oggi il tesoro di Dio.
Forme di predicazione
« Il ministero della parola viene esercitato sotto forme diverse, in rapporto alle diverse necessità degli ascoltatori e secondo i diversi carismi dei predicatori. Nelle regioni o negli ambienti non cristiani, per mezzo del messaggio evangelico gli uomini vengono tratti alla fede e ai sacramenti della salvezza; e nella stessa comunità dei cristiani, soprattutto per quanto riguarda coloro che dimostrano di non capire o di non credere abbastanza ciò che praticano, la predicazione della parola è necessaria per lo stesso ministero dei sacramenti, trattandosi dei sacramenti della fede la quale nasce e si alimenta con la Parola ” (Presbyterorum ordinis, 4).
“Predicando il Vangelo, la Chiesa attira gli uomini alla fede e alla sua professione, li dispone al Battesimo, li toglie dalla schiavitù dell’errore, li incorpora a Cristo, affinché amandolo, crescano fino a essere di lui riempiti ” (Lumen Gentium 17).
” Il ministero della parola sia adempiuto con fedeltà e nel debito modo… quasi annunzio delle mirabili opere di Dio nella storia della Salvezza » (Sacrosanctum Concilium, 35).
Anche su questo punto le citazioni si potrebbero moltiplicare, ma ci paiono sufficienti quelle riportate per costatare che la Chiesa propone tante forme di predicazione quante sono le situazioni in cui si trovano gli uomini a cui essa si rivolge: coloro che non credono coloro che praticano e mostrano di non capire o di non credere abbastanza ciò che praticano, e infine coloro che praticano e credono ma debbono raggiungere la maturità della vita cristiana.
Schematicamente allora abbiamo: a) l’annuncio del Vangelo o Kerygma, b) la catechesi, c) l’istruzione religiosa, d) l’omelia. E’ chiaro che questo schema esclude ogni delimitazione da una forma all’altra.
Una cosa importante ci sembra l’attenzione che si deve dare al carattere salvifico della predicazione, che ha come sua finalità di generare la fede, di farla sviluppare e crescere, e di farla giungere alla età matura; inoltre, la necessità di tenere presente che la fede è ordinata all’azione dei sacramenti e che l’efficacia di quest’azione è a sua volta condizionata dalla fede; infine, che la vita cristiana è la componente dell’azione della Parola e dell’azione del Sacramento a cui ha corrisposto l’impegno della libera adesione e della collaborazione umana.
La forma di predicazione che suppone, riassume e si distingue per una sua efficacia continuativa, è l’omelia, a più riprese prescritta e messa in risalto dai documenti conciliari.
Intanto l’omelia ” è parte della stessa azione liturgica » (Sacrosanctum Concilium, 52), quindi fa parte di quella azione che costituisce il culmine e insieme la fonte da cui promana tutta la forza dell’azione della Chiesa (cf Sacrosanctum Concilium, 10).
Nell’omelia c’è il momento cherigmatico: l’annunzio e la messa in evidenza di un avvenimento salvifico come si desume dai testi liturgici; è un fatto -non fosse altro il fatto stesso che Dio parla agli uomini-e un evento di salvezza, ossia una situazione nuova storicamente concretizzata e stabilita come fonte di salvezza, che si deduce da un fatto o da un detto contenuto nel testo liturgicamente proclamato.
Viene quindi il momento catechetico, che svela il significato dell’avvenimento annunziato, che ne mette in evidenza almeno una parte del contenuto logico e carismatico. L’avvenimento annunziato deve esse infine calato nella situazione ambientale degli ascoltatori, affinché ne scaturiscano le implicazioni razionali, le valutazioni e le scelte, ma sarà soprattutto il contenuto di Grazia che è stato svelato a confortare in essi la certezza che Cristo è con loro a continuare nella loro esistenza il suo mistero di vita nuova.
Conclusione
Il lettore solitamente benevolo capirà come questa presentazione del ministero della Parola non poteva riuscire completa in un articolo di rivista: tra l’altro manca il rapporto tra il ministero del Sacerdote e l’ufficio profetico dei Laici, la predicazione come fonte di santificazione del Sacerdote, una descrizione delle forme di predicazione alle quali si è accennato, eccetera.
Il prossimo numero della rivista colmerà queste lacune; ma sarà soprattutto l’impegno che anima oggi i nostri Sacerdoti a sviluppare per loro conto un argomento così decisivo per la fecondità del loro ministero.
CARLO FERRARI Vescovo di Monopoli
Stampa: Via Verità Vita n. 13 Maggio-Giugno 67 “Il Ministero sacerdotale”EP.
ST 221 Ministero Parola 1967