Testimone del Concilio
«Lo sono una persona amata… Dio è amore ed essere sicuri che Dio e interamente proteso verso di me è tutto». Questa è la testimonianza riporta nelle pagine de «Il Dio cristiano» – di Mons. Carlo Ferrari, vescovo emerito di Mantova, spentosi il 1° dicembre scorso.
Nato il 20 aprile del 1910 a Fresonara (AL), ordinato sacerdote nel ’35, fu per dieci anni Direttore spirituale nei Seminari diocesani. Vescovo di Monopoli dal 1952 al 1967, promosso da Paolo Vl° nel ’76 alla chiesa Cattedrale di Mantova, è stato protagonista di tutte le sessioni del Concilio Ecumenico Vaticano II. «Un’esperienza che influì in misura incalcolabile… La mia persona e maturata in modo imprevedibile e si e arricchita mirabilmente: una forza nuova e incontenibile mi ha spinto ad essere evangelizzatore del Messaggio del Concilio», leggiamo ne’ «Il Dio cristiano».
E don Vincenzo Muolo, parroco della Cattedrale, aggiunge: «Mons. Ferrari avvertiva di essere un testimone privilegiato del Concilio che, in un certo senso, prevenne, preparando la sua diocesi ad esso con una nuova impostazione catechistica». Si rese conto della mancanza nelle nostre comunità, cui egli era vicinissimo, di una catechesi per adulti; una catechesi che fosse non nozionale ma un’educazione alla fede. Si impegnò per «una catechesi sostenuta dallo studio biblico: «chi non conosce le Scritture non conosce Gesù Cristo», ripeteva con San Girolamo, afferma don Agostino Bagordo, e infatti fu particolarmente attento alla lettura ed alla conoscenza della Bibbia.
Istituì il primo ufficio catechistico diocesano della Puglia e ne affidò l’organizzazione a don Arnaldo Lacitignola, primo sacerdote da lui ordinato.
Una delle novità apportate da Mons. Ferrari fu la stesura di programmi settimanali per la liturgia e la catechesi, utilizzati in tutta la diocesi dai sacerdoti, la cui formazione curava personalmente; numerosi i ritiri spirituali e gli incontri di aggiornamento con l’intervento di personalità autorevoli.
Non ci fu ambito in cui non portò il suo tocco, la sua nota caratteristica, la sua sferzata di rinnovamento e di vitalità non sempre accetta dal clero di allora, forse, non in grado di adattarsi ai cambiamenti. La liturgia venne rinnovata «come inconfondibile servizio decoroso, completo, con il canto corale di tutta la gente; una liturgia autentica e senza sfarzo» racconta don Agostino.
Era un uomo affettuoso e forte, possedeva un grande fascino, magnetizzava sia i seminaristi che la gente comune e tutti ascoltavano le sue liturgie interessanti e suggestive. “Giorni di preghiera”, “Da Dio a Dio un cammino di popolo e di persone”, “Il Concilio e una chiesa” e “Il Dio cristiano” sono i suoi libri, e proprio in quest’ultimo scrive: «Sono stato definito una colonna di granito liscio che non offre nessun appiglio sentimentale, tuttavia la paternità di Dio mi ha talmente impregnato da lasciare segni indelebili in coloro che ho incontrato nel mio lungo ministero».
Amava Monopoli, i cittadini che sentiva suoi figli. Don Agostino Bagordo ricorda la lettera pastorale dell’8 maggio 1953, nella quale Ferrari scriveva: «Fin dal primo giorno mi sono sentito più di qualsiasi altro uno di voi mi sono accorto di appartenervi senza scampo: le vostre preoccupazioni, i vostri problemi, le vostre necessità, le vostre pene, le vostre gioie sono le mie.., Quando, nell’estate dell’80, chi vi scrive lo incontrò a Mantova, alla domanda: «Eccellenza, come si trova qui?», rispose commosso: «Sono 13 anni che manco da Monopoli».
Serena Guarnieri
“L’Informatore” periodico di informazione di Castellana, Conversano, Monopoli, Polignano e Putignano Anno X n.11 Dicembre 1992