Cizzolo, 27 Marzo 1968 – ore 20,30
Agli uomini e ai giovani in preparazione della Pasqua
Se, invece, ci accontentiamo di stare a guardare senza renderci conto, senza capire, quindi senza impegnare la nostra intelligenza e conseguentemente senza aumentare, giorno dopo giorno, la nostra cultura, finiamo per diventare degli spettatori, degli estranei alla vita del mondo, o addirittura degli schiavi di quello che fanno gli altri, di quello che sentiamo, di quello che vediamo con i mezzi di comunicazione e di informazione che abbiamo oggi, che entrano in tutti i modi nelle nostre case e influiscono nella nostra vita.
Se non si é in grado di capire, facilmente si subiscono tutte le impressioni, si rimane sconcertati, ci si può abbandonare ad un fatalismo pericoloso. Molto facilmente sorgono dubbi come questo: la vita che conducevano i genitori, o i più anziani, aveva un senso? Quando poi si entra nei problemi della vita, o nei problemi religiosi o di costume, e si guardano nella prospettiva di tutto questo andamento del mondo, viene facilmente da chiedersi: se oggi “vale” ancora una vita morale, se conviene ancora avere una certa onestà, se conviene ancora “tenere” alla nostra figura di galantuomini, se vale ancora andare in chiesa. Allora, comprendete, quanto sia importate sviluppare la propria intelligenza, capire il senso dei problemi, acquistare una capacità di giudizio, rendersi conto, darsi ragione del proprio comportamento e in particolare di rendersi conto della propria fede.
Vi é già stato illustrato l’argomento della fede attraverso alcuni passi del Vangelo. Vi é stato dimostrato che nostro Signore Gesù Cristo non é solo un grande uomo e un grande profeta: ma é il Figlio di Dio, é Colui che con il Padre e lo Spirito Santo, ha creato il mondo: tutto ciò che vediamo e tutto ciò che non vediamo del mondo; é Colui che si é dimostrato capace di dominare tutti gli elementi e tutti gli eventi; é Colui che ha dimostrato di essere il padrone della morte e della vita perciò la sua dottrina, il suo insegnamento, lo possiamo accettare con sicurezza. Anzi, abbiamo il dovere di accettare tutto ciò che ci propone nostro Signore Gesù Cristo.
Nostro Signore Gesù Cristo é colui che veramente ha il diritto di parlare perché é la sapienza infinita, nostro Signore Gesù Cristo é colui che veramente sa parlare perché ha creato tutte le cose perciò conosce la natura di tutte le cose e in particolare la natura umana. nostro Signore Gesù Cristo é colui che deve parlare. Ci sono molti che parlano, ma chi ne ha il diritto é solamente Lui che ci ha creati e che, soprattutto, ci ama. Il diritto che viene a Gesù Cristo di parlarci nasce proprio dal suo amore per noi.
E’ ben difficile trovare nella storia, anche tra grandi personaggi che hanno proposto delle dottrine, alcuni che non hanno cercato un certo vantaggio, per lo meno quello della celebrità, della gloria, dell’onore, oltre a quelli che hanno parlato e parlano per vantaggi di natura economica. Nostro Signore Gesù Cristo si distingue da tutti questi in modo assoluto dal fatto di essere venuto su questa terra a comunicarci il suo Vangelo senza trarne nessun vantaggio, non il vantaggio della gloria perché é stato come uno schiavo o meno di un uomo. Solo agli schiavi era riservata la pena della flagellazione e della morte in croce. Per di più é morto come un malfattore tra due malfattori dopo essere stato posposto a Barabba. Non ha tratto vantaggi dal punto di vista del piacere e delle soddisfazioni, perché la sua é stata una vita povera, una vita di fatica, una vita di veri sacrifici al punto di dire: “Gli uccelli dell’aria hanno un nido, il figlio dell’uomo non ha neppure un sasso su cui reclinare il capo per prendere un po’ di riposo”. Non ha cercato nessun interesse: é nato povero ed é morto povero.
Ecco come si presenta Gesù Cristo uomo, Figlio di Dio pienamente disinteressato, e viene a portarci il suo messaggio, il suo Vangelo.
Il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo, cioè il suo insegnamento, in che cosa si riassume? Che cosa ha detto Gesù Cristo agli uomini? Ha detto: se voi credete in me siete figli di Dio. Se voi credete in me, tra voi, siete fratelli.
Se voi credete siete figli di Dio. Questo é il cristiano. Il cristiano non é un uomo qualsiasi che, per il semplice fatto di essere stato portato in chiesa e battezzato quando era bambino, automaticamente é denominato cristiano, oppure per il fatto che i suoi parenti andavano in chiesa, anche lui va in chiesa e allora é denominato cristiano. Il cristiano non é un uomo qualsiasi! Gesù Cristo ci dice di essere i suoi seguaci in un senso molto più profondo e più reale. Nostro Signore Gesù Cristo dice: “Io sono venuto perché gli uomini abbiano la vita “; “io sono la vita”. San Giovanni evangelista dice: noi abbiamo attinto tutti dalla pienezza della sua vita.
Notate: Gesù dice che viene a portarci la vita e dice che Egli in persona é la vita. L’Evangelista ci dice che noi dobbiamo attingere dalla pienezza di vita di Nostro Signore Gesù Cristo. Qual é la vita di nostro Signore Gesù Cristo? E’ la vita del Figlio di Dio che Egli vuole trasmettere a noi. Perciò dice: “Io sono la vite e voi siete i tralci”. Il tralcio non ha una vita per se stesso, ha la vita se rimane attaccato alla vite, germoglia e porterà frutto perché riceve dal ceppo della vite la linfa vitale.
Noi, nei confronti di Nostro Signore Gesù Cristo, per quell’inserimento operato nel battesimo e per l’azione di tutti gli altri sacramenti, siamo innestati in Lui e viviamo della sua stessa vita, quella che é venuto a portare agli uomini: la vita dei figli di Dio. San Giovanni esclama: vedete “di quale amore ci ha amato Iddio per farci, non di nome ma, di fatto, figli suoi!”. Questo é il primo elemento della nostra fede nel Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo.
Allora, quando dico: “Padre nostro che sei nei cieli”, non dico un nome ma una realtà. Come mio padre di questa terra, é mio padre perché é stato strumento della comunicazione della vita che io vivo, così il Padre mio che sta nei cieli é mio Padre in quanto per mezzo di Gesù Cristo mi ha comunicato la sua vita. Ora, tra me e il Padre che sta nei cieli, ci devono essere dei rapporti come tra un figlio e suo padre.
Quali rapporti ci sono tra padre e figlio? In passato avremmo detto subito: di obbedienza, di rispetto. E ci devono essere. Ma, prima di tutto, c’è un rapporto di amore, di affetto, di fiducia, di stima; verranno di conseguenza il rapporto di obbedienza e di rispetto come espressione esterna di un sentimento profondo che c’è nel cuore.
E’ assai raro che noi ci fermiamo a considerare questa nostra singolare condizione di figli di Dio, e questo fa pensare che sia raro che ci fermiamo a pensare: Dio é per me un padre e perciò gli devo volere bene almeno come a mio padre qui in terra, e devo pensare a Lui come spontaneamente penso a mio padre e a mia madre. Quando si é lontani si pensa continuamente a casa! E se Dio é nostro Padre nel senso più grande e più buono: buono al punto di averci dato tutto quello che abbiamo e tutto quello che siamo, quanto grande deve essere la nostra fiducia e l’amore verso di lui!
Questo Padre ha mandato nel mondo il Figlio suo Gesù Cristo non soltanto per salvare me, ma per salvare tutti gli uomini. Ne viene una conseguenza molto importante. Mi rivolgo ai padri. Se uno dei vostri figlioli odiasse il fratello o mancasse di rispetto a voi, non é vero che preferireste il male a voi piuttosto che al figlio? Questo vuole dire essere padri. Un padre é pieno di amore per tutti i suoi figli, allora il male fatto a un suo figlio, tanto più se é un altro figlio che gli fa del male, diventa il suo più grande il dispiacere. Nostro Signore Gesù Cristo Ora il Padre nostro che é nei cieli, che vuole la salvezza di tutti, che vuole che tutti gli uomini siano suoi figlioli, evidentemente vuole che tra noi ci trattiamo bene e ci vogliamo bene come fratelli.
Ecco: il Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo ci dice: ” il primo comandamento é: “ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutte le tue forze, con tutta la tua anima e il prossimo tuo come te stesso”. Il secondo comandamento dice Gesù Cristo, é simile al primo, é importante come il primo, perché un padre non vuole soltanto l’amore per sé, ma vuole che ci sia l’amore tra i propri figli. Lo mette sullo stesso piano e, in un certo qual senso, dà una preferenza al fatto che i figli si vogliano bene tra loro, piuttosto che vogliano bene a lui. Questa é l’autentica paternità di Dio: esige che i suoi figli si vogliano bene, esige che noi ci vogliamo bene. Gesù Cristo non é venuto su questa terra per cambiare i comandamenti, ma per dare una maggiore perfezione ai comandamenti ha lasciato questo comandamento: “vi conosceranno che siete miei discepoli se vi vorrete bene gli uni gli altri”.
“Vi do un comandamento nuovo: amatevi come io vi ho amato”. La misura dell’amore di Nostro Signore Gesù Cristo é che é morto in croce per noi, la misura del nostro amore per gli altri é quella di sacrificarci per gli altri. Il più grande peccato che può entrare nella vita é l’egoismo, in qualunque modo si manifesti: quando ci rende ingiusti al punto di fare il nostro interesse a spese degli altri, di occupare un posto alle spese del posto degli altri. Ecco, é il peccato più grave perché é un peccato contro i propri fratelli: é la mancanza di amore verso il Padre di questi nostri fratelli, é quindi una mancanza di amore verso Dio.
Il peccato é: non amare gli altri. Allora non é semplicemente combattere l’egoismo ma anche il non fare qualche cosa per i nostri fratelli. Non sarà aiutarli in un senso materiale perché forse non ne hanno bisogno, ma sarà il rispettare la fama, la dignità, i giusti diritti di tutte le persone, incominciando dalle più vicine a quelle che non conosciamo.
Oggi il mondo si fa più grande. Voi stessi non vivete più isolati nel vostro paese. Se il mondo si allarga dovrebbe allargarsi anche il nostro amore perché conosciamo molta più gente. Il mondo si allarga perché noi lo scopriamo in un modo concreto, si può dire che lo vediamo tutte le sere in TV. Conosciamo i problemi dell’America, dell’Asia, dell’Africa e non possiamo rimanere indifferenti, se si é umani e soprattutto se si é cristiani. Quelli che muoiono o per la fame o per la guerra sono figli dello stesso Padre che io prego quando dico “Padre nostro” ! Per lo meno devo provare un sentimento di partecipazione al loro dolore, alla loro povertà, devo diventare più generoso. Se io divento più generoso, qualcuno accanto a me diventa più generoso, e così di seguito, perché come il male si comunica dall’uno all’atro, tanto più si trasmette il bene. Il bene é più forte del male, il bene é dalla parte di Nostro Signore Gesù Cristo, il bene é dalla parte di Dio ed é destinato a trionfare. Allarghiamo i nostro amore verso i fratelli attraverso una partecipazione affettiva, se non si può fare altro.
La sostanza del Vangelo é questa: siamo figli di Dio, dobbiamo volere bene al Padre nostro, dobbiamo volerci bene tra noi, dobbiamo volere bene a tutto il mondo. Prima, il campanile era il segno della vostra presenza nel vostro confine. Oggi il campanile che svetta così alto deve essere invece il simbolo di un orizzonte che spazia oltre la visuale degli occhi e arriva col cuore a tutto il mondo e a tutti i fratelli.
Miei cari, dovete ammettere che oggi si sta meglio rispetto agli anni passati. E’ vero: nel nostro mondo si sta bene, ma nell’altra parte del mondo non si sta bene. E’ perché mancano mezzi e ricchezze? No. E’ perché manca l’amore e nella gara di alcuni che vogliono essere più forti degli altri, ci vanno di mezzo i deboli e i poveri.
La conclusione del nostro incontro deve essere questa: rendiamo viva, attiva la nostra fede. Il cristianesimo non deve essere qualche cosa che termina col segno della croce, con la preghiera della sera o del mattino, con la messa o la comunione di Pasqua, ma deve tradursi in opere di amore, deve aumentare il bene che vi volete tra voi in famiglia, tra voi nel paese e verso tutti gli uomini di questo mondo e verso tutte le creature che sono in questo mondo.
OM 098 Cizzolo 1968 – Cizzolo, 27 Marzo 1968 – ore 20,30
Agli uomini e ai giovani in preparazione della Pasqua