Convento di san Francesco,3 Ottobre 1968 ore l8,30
Cerchiamo col nostro spirito di fede e anche con l’immaginazione che ci aiuta a ricostruire gli avvenimenti, di entrare in quell’atmosfera di grazia che è il transito – di San Francesco di Assisi, cioè il suo passaggio da questo mondo che egli nello stesso tempo ha amato e disprezzato, cantato e sofferto, per entrare stabilmente nella gloria del suo signore dopo aver partecipato alla crocifissione vera del Figlio ai Dio fatto uomo, in tutta la sua esistenza religiosa.
Abbiamo ascoltato la Parola di Dio, la parola che Gesù dice a ognuno perché avverta: “Se qualcuno vuole venire dietro di me rinneghi se stesso prenda ogni giorno la sua croce e mi segua”. Sono parole dure, è un invito non facile. D’accordo, in un certo qual senso, in molti sensi, ripugna alla nostra natura, ma Gesù soggiunge dando la ragione per cui c’invita a seguirlo sulla via della croce: ” chiunque vorrà salvare la sua vita deve perderla e chiunque perde la sua vita per me la ritroverà”. Siamo molto inoltrati -per dire così- nel mistero della vita cristiana.
Il mistero della vita cristiana si esprime tutto, è tutto contenuto, in Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo per la nostra salvezza. E per la nostra salvezza Gesù dà la sua vita, perde la sua vita, sacrifica la sua vita. E la perde, la sacrifica, la dà, la offre liberamente per una decisione sua. E come conseguenza di questo dono che egli fa di se stesso, attraverso la morte in croce, Gesù ci dice di prendere ogni giorno la nostra croce.
Attraverso questa sua morte in croce, Gesù si presenta a noi in una forma di vita nuova di Figlio di Dio fatto uomo che risuscita dopo essere morto, che vince la morte e si presenta con una vita nuova. Egli ha offerto una vita mortale e dimostra di possedere una vita immortale. Così è la vita cristiana. Così è la vita cristiana intesa San Francesco.
San Francesco è un santo -come si direbbe- abbastanza popolare, è un santo abbastanza conosciuto verso cui un po’ tutti i praticanti e i non praticanti, quasi anche i non credenti insieme ai credenti, rivolgono la propria attenzione, ma alle volte, non si coglie la sostanza, l’essenza della sua vita, che è proprio questo: conformarsi a nostro Signore Gesù Cristo, questo diventare simile a nostro Signore Gesù Cristo.
Sì a San Francesco il poverello di Assisi. Sì a San Francesco che canta a tutte le creature. Sì a San Francesco che compie i miracoli, che rende mansueti i lupi, che parla agli uccelli…! Sono aspetti molto attraenti, ma, come ho già detto, forse non si è molto attenti a San Francesco che impegna tutto se stesso ad imitare nostro Signore Gesù Cristo e quindi lo segue passo a passo, dal momento della conversione fino al momento del suo transito, proprio per la via seguita da nostro Signore Gesù Cristo.
Tutta la vita di nostro Signore Gesù Cristo è stata un rinnegamento di se stesso, è stata una morte che ha preparato la morte in croce. S. Francesco scopre che il Vangelo senza glossa, come diceva lui, importa ed esige questo seguire, passo a passo, nostro Signore Gesù Cristo per la via del Calvario e arrivare ad un’autentica crocifissione. Ed egli vi arriva in un modo straordinario perché avrà, quasi come un premio, come conferma, e come compimento di questa sua uniformità e conformità a Gesù Cristo, il dono delle stimmate nel suo corpo, tanto è somigliante a nostro Signore Gesù Cristo crocifisso.
Ma, come dobbiamo guardare questa espressione della vita di Gesù che muore in croce, come dobbiamo guardare questa imitazione di S. Francesco che diventa simile a Gesù crocifisso? Dobbiamo intendere bene. Non è il sacrificio per il sacrificio. Alle volte si pensa a Gesù che muore in croce per i nostri peccati. Si è vero! Si pensa al suo sangue sparso per la salvezza del mondo. Si è vero, ma non guardiamo tanto a quel sangue materiale, non guardiamo tanto a quell’atto materiale della crocifissione di nostro Signore Gesù Cristo! Guardiamo a Gesù, Figlio di Dio fatto uomo che attraverso la sua morte in croce, esprime tutto il suo amore, adempie tutta la legge, compie i grandi precetti dell’amore verso Dio e dell’amore verso il prossimo. La croce di Gesù, Gesù morto in croce, le sue piaghe, il suo costato aperto sono delle voci, sono delle bocche -per dire così – che dicono l’amore che egli porta verso il Padre, che dicono l’amore che Egli porta verso i propri fratelli.
San Francesco che si mette sulla via percorsa da nostro Signore Gesù Cristo e giorno per giorno prende la sua croce, non lo fa per un motivo ascetico, non lo fa per raggiungere un traguardo di perfezione qualsiasi. San Francesco capisce nostro Signore Gesù Cristo e allora capisce che la sua vita di giovane tanto affascinato dal mondo e tanto affascinatore nel mondo,: deve essere un atto di amore, deve esprimersi attraverso l’amore, deve essere una pienezza di amore per il suo Dio che gli ha dato tutti i doni che egli possiede attraverso la crocifissione della povertà, e deve essere un atto di amore verso tutte le creature di Dio, perché se tutte le creature di Dio sono uscite dalla mano di Dio, sono care a Dio, e allora bisogna amarle. E, se fra tutte le creature uscite dalla mano di Dio e dal suo amore quella che primeggia è la creatura umana, bisogna amare i propri fratelli.
Allora troviamo in Francesco un serafino di amore e sarà definito il serafico Francesco, perché è un incendio di amore di Dio. E si dirà l’ordine serafico dei francescani. Ma questo amore di Dio lo porta all’amore verso i fratelli espresso, nell’umiltà, nella carità, nella pazienza, nel desiderio ardentissimo che ci sia giustizia tra gli uomini, che sia pace tra gli uomini, nell’instancabile zelo di portare il Vangelo a tutti gli uomini perché abbiano un’autentica salvezza nel dono che egli fa di se stesso e che infonde come esigenza di apostolato nei propri compagni di vita, nei propri fratelli. Ecco l’amore verso il prossimo.
Dunque, San Francesco conforme a nostro Signore Gesù Cristo crocifisso, san Francesco dalle stimmate che esprimono il Cristo vivo nella sua carne, è un’altissima espressione di amore, è un’altissima espressione di umanità, è un’altissima espressione di cristianesimo. E veniamo al punto del suo transito, del suo passaggio. Non si dice: la morte di san Francesco. Nel linguaggio tradizionale, nel mondo francescano ma anche nel mondo della liturgia, quindi della Chiesa, si parla del transito di san Francesco. Che cosa significa questo transito? Questo passaggio? Veramente è il passaggio da quella vita che egli aveva perduto a quella vita che egli quasi raggiunge con le sue mani crocifisse, nella quale entra con sicurezza: “A porte spalancate”. E’ interessante la breve liturgia del transito che esprime appunto questi concetti.
Vedete miei cari, come questa sera dobbiamo sostare in una profonda meditazione, in una serena francescana meditazione durante la celebrazione del sacrificio eucaristico, che rende presente quel Gesù che è morto in croce per il suo grande amore verso il Padre, per il suo grande amore verso i fratelli; quel Gesù che ha trasformato Francesco in un’immagine vivente di se stesso; quel Gesù eucaristico di cui S. Francesco è diventato solo parzialmente ministro ma di cui è diventato araldo e di cui ha vissuto tutta la sua esistenza religiosa e che è stato il ponte che gli ha dato modo di raggiungere la vita eterna, la beatitudine eterna.
Con questi pensieri continuiamo la nostra preghiera.
OM 149 San Francesco 68 – 3 Ottobre 1968 ore l8,30