3 Dicembre 1968 – Incontro con superiore degli istituti religiosi della diocesi di Mantova
Nonostante tutte le arie scanzonate che mi posso dare, quando incontro le suore, sento molto la responsabilità della loro presenza nella nostra chiesa.
Poiché il motivo della presenza del Vescovo nella Chiesa santa di Dio è di incrementare il popolo cristiano e di condurlo alla perfezione della vita cristiana, specialmente attraverso il ministero della Parola, volentieri io mi intrattengo con voi prima di tutto in ascolto della parola di Dio, poi la ripeto in mezzo a voi pensando anche alle vostre responsabilità nelle vostre piccole o grandi comunità, pensando conseguentemente che, voi particolarmente, avete bisogno di essere alimentate alla Parola di Dio con incontri particolari, in momenti di sosta e di silenzio, in momenti di abbandono nelle mani di Dio, in un modo più decisivo del solito, per attendere a voi stesse, per attendere a noi stessi.
La prima cosa importante da fare, per noi superiori, è avere la cura della nostra anima, di attendere, quindi, a noi stessi, perché noi faremo tanto bene a quelli che ci sono affidati in proporzione non delle iniziative e delle nostre capacità o doti, ma in proporzione della vitalità, della ricchezza della nostra unione con il Signore, cioè della ricchezza della nostra vita spirituale.
Queste parole servono ad avviare un discorso. Ho cercato quale poteva essere l’argomento del nostro incontro in questo ritiro. Ho intenzione di condurre avanti un discorso a diversi livelli ma con un unico tema in mezzo al popolo di Dio nella Chiesa mantovana. Quest’anno, nei pochi ritiri che, con la grazia di Dio terrò ai nostri sacerdoti, parlerò del tema proposto dalla campagna catechistica nazionale ma il motivo della mia scelta è un altro.
Vorrei presentare ai sacerdoti, a voi, ai fedeli una certa visione concreta del mistero della chiesa locale, cioè della chiesa che si raccoglie dove siamo noi, per intendere prima di tutto la ricchezza del mistero della chiesa locale, che è poi la stessa ricchezza dell’unica chiesa di nostro Signore Gesù Cristo che si concretizza nello spazio e nel tempo, – non esiste la chiesa in astratto! – e scoprire qual è il posto, che ognuno deve prendere in questo tempio santo del Signore, per poter costituire quella comunione di vita tra i vari membri del popolo di Dio che si raccolgono nella chiesa locale, che è poi il fine stesso della chiesa di nostro Signore Gesù Cristo.
Il punto di partenza per descrivere e quindi intendere il mistero della chiesa locale è il mistero eucaristico.
Vorrei farvi una presentazione – non dico esauriente – per darvi le linee maestre, lo schema, il disegno di questa realtà misteriosa nella quale noi veramente ci muoviamo, respiriamo e viviamo, partendo dal mistero eucaristico.
Il mistero eucaristico è una realtà concreta che si tocca con le mani, si mangia e si beve con la bocca perché è un sacramento, un segno percettibile dai nostri sensi. Il mistero eucaristico ha la proprietà di presentarci, di proporci, di assicurarci, di garantirci la presenza di Gesù salvatore, la presenza del Figlio di Dio fatto uomo, con tutta la ricchezza della sua esistenza in mezzo agli uomini, capace di portare sovrabbondantemente la salvezza e quindi la riunificazione, il perfezionamento, la santificazione di tutti.
Questa presenza di Gesù nella Eucaristia, questa presenza del Figlio di Dio fatto uomo, sotto i segni sacramentali non è una presenza statica. Gesù prigioniero nel tabernacolo, Gesù prigioniero nelle specie del pane e del vino, è la presenza di Gesù vivente in tutta la sua realtà di Figlio di Dio fatto uomo con la ricchezza, la pienezza di tutti i misteri della sua esistenza in mezzo agli uomini; é la presenza di Gesù attuale che porta nella sua persona di Figlio di Dio fatto uomo, tutti i misteri, tutti gli istanti, tutti gli episodi, tutti i fatti della sua esistenza di Figlio di Dio fatto uomo.
Quindi, nella Eucaristia abbiamo Gesù vivente nella ricchezza, nella vitalità, nel dinamismo di tutto ciò che Egli è: glorioso in cielo, risuscitato da morte ma morto in croce, ma nato da una vergine, ma vissuto apostolicamente in mezzo agli uomini, ma vissuto nascostamente in mezzo agli uomini, c’e tutto Gesù, in quei rapporti personali, essenziali per la sua persona.
Il primo aspetto di Gesù nel mistero eucaristico è la presenza di una persona vivente nella interezza di tutto ciò che ha costituito e che costituisce la sua esistenza in terra e in cielo, nell’atteggiamento incontenibile di tutto ciò che egli è, ha fatto, e fa attualmente, perché, avendo incominciato a farlo durante i giorni della sua vita mortale lo compie ininterrottamente, nei giorni della sua vita gloriosa alla destra del Padre, pensiamo a Gesù come é nel mistero eucaristico!
Noi, dopo avere fatto di Gesù una cosa nella Eucaristia, ne abbiamo tatto anche un prigioniero isolato. Può essere, che il nostro incontro con Gesù nel mistero eucaristico raramente sia un incontro con il Padre e con lo Spirito Santo; può essere che raramente concepiamo l’Eucaristia come il dono del Padre e dello Spirito Santo. E’ Gesù e basta. Ma se noi siamo un po’ illuminati nei misteri della nostra fede dobbiamo pensare: che Gesù non potrà essere mai separato dal Padre, che le Divine Persone sono distinte ma mai separate, sono Uno solo e che Gesù che è nel tabernacolo è in un rapporto filiale infinito verso il Padre.
Attualmente, mentre io lo ricevo nella santa comunione o lo adoro nascosto nel tabernacolo, Lui è in un rapporto di esistenza vitale ed infinita d’amore con il Padre. Non è lì, da solo, che aspetta la grazia della nostra presenza. E’ lì ripieno della presenza del Padre.
“Che siano una cosa sola in me come io sono una cosa sola in Te e tu in me”.
Gesù è nel Padre e il Padre è tutto in nostro Signore Gesù Cristo, e non è una questione di esistenza dell’uno nell’altro e viceversa, ma è un rapporto, è una relazione, è uno scambio di essere, e uno scambio di vita, è uno scambio di pensieri e di sentimenti; per esprimerci in un modo adeguato alle nostre capacita di comprendere: sono due che si abbracciano nel vincolo del loro amore infinito. Questo vincolo di amore infinito è lo Spirito Santo.
Dello Spirito Santo se ne parla un po’ intorno a Pentecoste. Ma no! Lo Spirito Santo è presente e attivo a Pasqua, a Natale, all’Annunciazione, eccetera. Quindi se la nostra è una fede illuminata, vera, cristiana, deve portarci, attraverso al mistero eucaristico al mistero trinitario.
Chi mi ascolta qualche volta di più, dice che il Vescovo ha dei “pallini” in testa. Questo non è un pallino.
Il mistero cristiano è questo:
Gesù Cristo è inseparato e inseparabile dal Padre;
Gesù Cristo vive di una stessa vita con il padre;
Gesù Cristo vive in un amore infinito per il Padre e questo amore infinito è lo Spirito Santo: lo Spirito del Padre e del Figlio,
E’ la rivelazione!
E’ il fondamento della nostra vita religiosa,
E’ il termine stesso oltre che la sorgente della nostra vita religiosa, perché la nostra vita religiosa è una vita di rapporti personali con il Padre il Figlio lo Spirito Santo.
Ora, ecco il nostro punto di partenza: io mi incontro concretamente con un segno sacramentale che mi garantisce, in un modo certo, la presenza di Gesù Cristo che mi porta la triplice presenza, la presenza non isolata di quelli che non possono essere separati da nostro Signore Gesù Cristo. Anche questa presenza delle Divine Persone non è una presenza statica, ma è la presenza, il momento espressivo, forte, pieno, di tutto ciò che è e che fanno tra loro, di tutto ciò che è e che fanno per noi. Si possono moltiplicare le parole senza dire lontanamente neppure qualche cosa della pienezza dei misteri di Dio.
Che cosa ci dice la Rivelazione a riguardo delle Divine Persone? E’ estremamente indicativo che quasi tutti i documenti del Concilio incomincino riportando: ciò che fa il Padre, ciò che fa il Figlio, ciò che compie lo Spirito Santo.
Nel mistero eucaristico è attuale ciò che fa il Padre, ciò che fa il Figlio, ciò che compie lo Spirito Santo.
Il Padre ci prepara dalla eternità il dono del Figlio suo “sic Deus dilexit mundum “, così Dio ha amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito. Nel momento della celebrazione del mistero eucaristico o della presenza di Gesù eucaristico c’è il Padre che dona il Figlio.
La Messa é il dono del Padre. La Messa é il momento in cui il Padre attualmente ci dona il Figlio suo. La santa Messa, l’atto più significativo della vita religiosa cristiana. Non é soltanto l’offerta. E’ anche l’offerta, ma che cosa offriamo se non quello che abbiamo ricevuto? La Messa prima di essere qualche cosa che “sale” é qualche cosa che “scende”. Nella Santa Messa il Padre scende verso gli uomini portando il dono del Figlio. Quindi la celebrazione della Eucaristia é il momento in cui il Padre ci dona il Figlio.
Premesso che non é detto che certe cose non sono vere. “Sia lodato, ringraziato in ogni momento il santissimo divinissimo sacramento”, l’abbiamo sempre detto ma non c’è mai stato nessuno né la cuffia di una suora né il berretto di un prete che abbia ricordato il Padre che ci dona il Figlio suo. Tutt’al più si parlava del Padre che riceveva.
Ricordate la formula dell’offerta dell’apostolato della preghiera? Non dico che sia sbagliata, ma noi offriamo Gesù Cristo perché il Padre lo ha dato e ci ripete ininterrottamente il suo dono.
Si dice: Gesù morto in croce. Io mi esprimerei così: Gesù che muore in croce. Gesù é morto una volta per tutte. Non muore più. Ma, che cosa vale di più: l’atto fisico della morte di nostro Signore Gesù Cristo oppure i suoi pensieri, i suoi sentimenti con cui ha voluto morire per noi? Questi pensieri, questi sentimenti, quest’intenzione di donare tutto se stesso per noi ” dilexit me et tradidit semetipsum pro me”-, sono attuali.
E’ giusto che nella vita cristiana ci sia una preoccupazione di evitare il peccato mortale, ma non é altrettanto viva la preoccupazione di fare la parte positiva: di stabilire rapporti, di approfondire, di perfezionare i nostri rapporti personali con le Divine Persone, attraverso quella vita, quel mezzo, quel sacramento che é l’Eucaristia.
Uno si fa degli scrupoli se non ha recitato il santo rosario, se ha dormito durante la meditazione: sono delicatezze, però si dimentica il Padre nostro che é nei cieli.
Perché insisto tanto su queste cose? Per questo, e non é una ragione mia: se Dio si é scomodato per rivelarsi come é, per rivelare ciò che Egli fa, noi, non dovremmo andare incontro a ciò che egli si é impegnato di rivelarci e di fare per noi?
Se noi non accogliamo Dio come é: Padre Figlio Spirito Santo un solo Dio, se noi non accogliamo le Divine Persone per ciò che hanno fatto ognuna per noi, noi non abbiamo la pienezza della vita cristiana, noi non ci muoviamo in un tipo di vita che sia cristiana, perché Gesù Cristo é Figlio del Padre, perché il Padre e Gesù Cristo sono uniti nella unità dello Spirito Santo, perché è il Padre che ci dà il Figlio, perché è Gesù Cristo che ci porta al Padre, perché il Padre e Gesù Cristo ci donano lo Spirito Santo.
Non sapere che la nostra vita spirituale si muove nel senso di rapporti strettamente personali con le Divine Persone; non sapere che questi rapporti hanno il loro culmine e il loro vertice espressivo nella vita della chiesa nel mistero eucaristico, è ignorare la nostra ricchezza, è ignorare i nostri tesori, é metterci nella impossibilità di avere coscienza della ricchezza della nostra vita spirituale, che é in questi rapporti; é non avere il senso della vita cristiana, è non avere la coscienza di essere persone introdotte nei rapporti con le Divine Persone.
Certe miserie meschine della nostra vita spirituale…! La radice della nostra meschinità, delle nostre miserie, della povertà dei nostri rapporti personali deriva da questa povertà. Iddio ci ha fatto ricchi della sua ricchezza e noi moriamo di miseria! Gli orizzonti della nostra vita cristiana sono racchiusi nelle ristrettezze delle consuetudini della vita religiosa, della vita ecclesiastica, eccetera. Gente senza respiro! Gente senza spazio! Gente senza orizzonti! Perché?
Perché, i rapporti con le Divine Persone non sono conosciuti e non sono attuati secondo le possibilità che ci da Iddio stesso proprio in questo dono della Eucaristia!
Da questa incapacità di attuare i nostri rapporti personali con le Divine Persone deriva l’incapacità di stabilire rapporti personali con le persone degli uomini, delle donne é ancora più complicato, ma su per giù é lo stesso!
Ecco l’altro aspetto della presenza della chiesa e della funzione del mistero eucaristico.
Da una parte – ed é la parte principale- c’è la sorgente, la perfezione, il modello, ci sono i rapporti personali con le Divine Persone, la partecipazione alla comunione dei rapporti personali delle Divine Persone, dall’altra parte ci sono i nostri rapporti personali che scendono, che fluiscono, che nascono, che sono alimentati, che hanno la loro espressione, che trovano le energie necessarie nel mistero eucaristico.
Il mistero eucaristico fa sempre comunione. Non mi riferisco solo al momento della comunione sacramentale. La celebrazione eucaristica, – la celebrazione della santa Messa – é sempre l’azione con la quale il Padre, raccoglie tutti i suoi figli dispersi intorno al primogenito che é Gesù Cristo. Perché Gesù viene, muore, risuscita? Per unirci intorno a sé! Chissà quante volte avete letto o sentito le parole di Gesù: “quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me stesso”! “Quante volte, Gerusalemme, ho tentato di raccogliere i tuoi figli come la gallina raccoglie i pulcini sotto le sue ali!”
Iddio Padre ha stabilito Cristo perché fosse capo del suo Corpo che é la Chiesa, e siccome questo Corpo é uno solo ed é nutrito da un solo pane, ne viene di conseguenza che quelli che lo compongono debbono essere una cosa sola tra loro. Quindi la Messa fa comunione.
Nella celebrazione eucaristica non dobbiamo dimenticare che lo Spirito Santo non fa altro che portare a compimento l’opera voluta dal Padre, di raccogliere tutti i figli dispersi intorno al suo Unigenito. Non fa che compiere l’opera del Figlio il quale é stato innalzato da terra per attirare tutti a se. Lo Spirito Santo raccoglie, unisce, perché la salvezza degli uomini attraverso il prezzo del sangue di nostro Signore Gesù Cristo, la remissione dei peccati per il sangue versato da nostro Signore Gesù Cristo, ha come “proprio” di salvarci non individualmente, ognuno per proprio conto, come se non avessimo nessun rapporto con gli altri, ma come popolo di Dio il quale si aduna nell’unità del Padre, del Figlio dello Spirito Santo.
Quando la comunione giunge al suo culmine ed é sacramentale ha come suo scopo e frutto di unirci tra noi. E’ una cosa tanto ripetuta nei documenti del concilio!
I documenti del concilio non parlano mai della comunione eucaristica senza ricordare che é l’unione con Gesù Cristo e con i nostri fratelli. Non si danno due comunioni. Non si fanno due comunioni. E’ un’unica comunione e non si dà l’una senza l’altra: non é possibile fare la comunione con i propri fratelli se non c’è la comunione con Gesù Cristo; e non é possibile la comunione con Gesù Cristo se non c’è la comunione con i fratelli. E’ questa allora la realtà della chiesa: l’unità della chiesa é adeguatamente espressa e mirabilmente effettuata nel mistero eucaristico.
Pensate a un certo nostro modo di concepire la comunione come un nutrirci del corpo e sangue di nostro Signore Gesù Cristo per vivere in grazia, per essere in grazia, per aumentare la grazia, per arricchirci di grazia, per ricevere delle grazie! Non dico che è sbagliato. Dico che é unilaterale. Dico che è estremamente incompleto. La comunione é vivere della stessa Vita di un’Unica Vita insieme a tutti gli altri, in unione con gli altri; é vivere per gli altri, è vivere con gli altri, é vivere della vita degli altri: dei pensieri, delle preoccupazioni, delle pene delle gioie degli altri.
Gli altri! …”mio caro e amato buon Gesù, sei tutto mio, e non voglio che ci sia nessuno che ti voglia tanto bene quanto te ne voglio io”! Che bestemmie di primo grado. Vedete che bisogna aggiornarci, che bisogna adeguarci, riformarci, ritornare alle sorgenti – tutte espressioni che hanno lo stesso significato: andare verso la sorgente della vita cristiana, verso tutte le conseguenze della vita cristiana e viverla intera e non in qualche aspetto.
Purtroppo l’immediato passato ha delle lacune. Non è detto che è tutto sbagliato. Qualche volta ci indispettiamo perché ci dicono che noi siamo i vecchi Si, siamo vissuti e abbiamo ricevuto una formazione in quei tempi però adesso c’è stato un Concilio. Se c’è stato un Concilio vuole dire che le cose non andavano bene. Un avvenimento così importante, così straordinario, così unico, quale é il Concilio Vaticano II, che é un concilio pastorale e quindi un concilio di riforma della vita cristiana ed ecclesiastica, vuole dire che le cose non andavano bene. Non volere riconoscere o negare un concilio é come mettersi al di sopra della sapienza del sommo Pontefice attraverso il quale ha operato la sapienza dello Spirito Santo.
E, non andavano tanto male le cose perché c’erano dei mali. C’erano e ci sono anche i mali, ma soprattutto per la mancanza di quei beni che Dio ha messo a disposizione degli uomini perché si salvino e si santifichino. E’ più paurosa la povertà spirituale della chiesa che l’immoralità.
Capite che: se non é presente e operante il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo chi ci libera dal peccato, che ci porta alla vita soprannaturale, chi ci fa figli di Dio?
Se é stato fatto un concilio, vuole dire quindi,che qualche cosa non andava bene, che bisogna aggiornarci, che bisogna riformarci, che bisogna ritornare alle sorgenti specialmente con un adeguamento alla celebrazione del mistero eucaristico. Non è a caso ciò che é avvenuto nel concilio, se come primo documento è uscita la costituzione sulla divina Liturgia.
E’ stato il nostro san Pio X a dire che si ritorna alle sorgenti autentiche della vita cristiana con la partecipazione all’azione liturgica. E’ da allora che un Pontefice dice queste cose e si é creato un movimento liturgico nel mondo sfociato in una costituzione conciliare. Ma non é adeguarci al concilio cambiando i candelieri, usando i calici più alti o più bassi, voltando l’altare! Bisogna avere il coraggio di lasciare da parte, qualche cosa, non perché fosse male, ma perché era povera.
Sarebbe ignorante uno che ha dieci lire in tasca e rifiuta un biglietto da centomila lire perché é affezionato alle sue dieci lire.Ci sono dei preti, dei frati, delle suore e dei vescovi che ragionano così.
Basta. Ho già abusato.
OM 175 Suore 68 – 3 Dicembre 1968
Incontro con superiore degli istituti religiosi della diocesi di Mantova