In duomo a Mantova per la festa di san Carlo Borromeo 1968
Sia lodato Gesù Cristo.
Miei cari, Gesù, Figlio di Dio, ha voluto rivestirsi della nostra umanità per caricarsi anche della esperienza della vita umana – la esperienza delle vicende umane – per assumere tutto ciò che costituisce il nostro essere mortale, tutto ciò che costituisce la nostra esistenza
perché, la sua azione di pontefice, di sacerdote, di pastore fosse continuata in mezzo alla sua Chiesa per mezzo di creature totalmente umane, che perciò portano il peso della loro infermità umana, della loro fragilità, dei loro limiti, di tutto quello che costituisce il patrimonio di povertà, che è stato assunto da Lui,
perché diventi un patrimonio di ricchezza.
Direte: perché questo preambolo? Per dirvi qualcosa di semplicissimo che, vorrei che aggiungesse un significato veramente religioso e si inserisse veramente in questa celebrazione.
Un anno fa, proprio in questo giorno, io lasciavo un gregge che avevo condotto -non so se avanti o indietro – per quindici anni. Celebrare la festa di S.Carlo qui, questa mattina, costituisce evidentemente e fatalmente un richiamo fortissimo, proprio a quella debolezza, proprio a quella pochezza che a volte rappresentano la nostra povertà.
Io devo ascoltare la voce di Colui che rappresento e che “mi manda”, e devo impegnarmi con tutte le forze ad essere fedele alla sua voce che mi chiama qui, che mi chiama ad essere pastore qui, che perciò mi chiama ad essere col mio gregge, ad essere con voi miei cari sacerdoti, che mi circondate intorno all’altare, che concelebrate con me, che insieme al Vescovo esprimete – ed esprimiamo tutti insieme – l’unico sacerdozio di nostro Signore Gesù Cristo, ad essere in mezzo di voi che, con la vostra presenza certamente rappresentate ed esprimete tutti i fedeli della diocesi ma, soprattutto, esprimete quello spirito di impegno che vi contraddistingue e che vi ha portato qui per dare un segno della vostra partecipazione alle sollecitudini pastorali del Vescovo e dei vostri sacerdoti.
Ecco, qui, siamo davanti al nostro unico Pastore, al vero Pastore delle anime nostre. Allora, la ragione di essere qui di ciascheduno di noi, la ragione per cui noi siamo qui stamattina, la ragione dei nostri discorsi che vogliono condurre avanti un incontro che appare già avvenuto, è una sola, è Gesù. E’ Gesù buon pastore. Avete ascoltato, come me, la Parola. S.Giovanni, riportando le parole di Gesù stesso, dice: Lui è il buon pastore. Lui conosce le sue pecorelle e le chiama per nome. Lui conduce le sue pecore ai pascoli sicuri. Lui soprattutto dà la forza a coloro che conduce, il vigore a coloro che guida, l’energia a coloro che porta alla salvezza.
Per comprendere questo, dobbiamo metterci in un atteggiamento di adorazione. Tutti i nostri pensieri, tutti i nostri sentimenti, tutti i nostri giudizi siano un atteggiamento di adorazione, perché Gesù deve essere al di sopra di tutto, deve essere dentro di ciascuno di noi; deve avvolgere completamente tutto ciò che siamo, tutto ciò che pensiamo, tutto ciò che desideriamo, tutto ciò in cui ci impegniamo perché, se non ci fosse Lui, sarebbe tutto vano. Come è impegnativo, miei cari, lasciare prevalere nostro Signore Gesù Cristo, permettere a Lui di fare il Pastore, di lasciarci guidare da Lui e seguire soltanto Lui!
Gesù aveva già ammonito che ci sarebbero stati nella Chiesa, e ci sono stati, ci sono e ci saranno, quelli che presumono di parlare in suo nome, e che potrebbero ingenerare confusione e soprattutto divisione. La nostra attenzione, allora, deve essere rivolta totalmente a Lui, esclusivamente a Lui, nel quale si raccoglie tutto ciò che c’è di più valido e tutti quelli che sono i suoi, per fare di tutto e di tutti una cosa sola. “Io dò la mia vita per le mie pecorelle”. Ecco il buon pastore. Ecco Gesù. Ecco quello che fa Gesù: dà la sua vita, perché si faccia un solo gregge, perché ci sia un solo pastore!
Gesù dirà: -quando sarò innalzato dalla terra, nell’istante in cui darò la vita, in cui morirò per voi, attirerò tutti al Padre”. Da quel momento c’é nel mondo la forza, c’è la grazia perché si costituisca un solo gregge e si riconosca un solo pastore. Miei cari, siamo qui per questo. Siamo qui per essere l’unico gregge di nostro Signore Gesù Cristo.
Siamo qui per formare una cosa sola tra di noi, per essere dove viviamo l’autentica Chiesa di nostro Signore Gesù Cristo.
Siamo qui per corrispondere alla preghiera “Ut unum sint”, cioè per essere coloro che stanno insieme, uniti dalla carità, uniti nell’amore più sincero, più disinteressato e più generoso per formare – secondo la preghiera del nostro Salvatore – una cosa sola.
Siamo qui per essere attratti dall’amore di nostro Signore Gesù Cristo che si esprime nel suo sacrificio.
Siamo qui per essere il suo gregge che lo riconosce unico pastore. L’unico!
Miei cari, adesso continuiamo la nostra assemblea, continuiamo a stare insieme intorno a nostro Signore Gesù Cristo, continuiamo a lasciare che la sua parola penetri nei nostri cuori, continuiamo a lasciare che per mezzo della sua parola, faccia di noi il popolo del Padre suo, la famiglia dei figli del Padre; continuiamo a lasciare che ci aduni nella carità con il suo sacrificio che, rende presente sacramentalmente in mezzo a noi.
Cerchiamo di capire la nostra preghiera e il nostro essere qui insieme, per comprendere bene, praticamente, ciò che Gesù vuole da parte del Padre per ciascheduno di noi.
Sia lodato Gesù Cristo.
OM 598 San Carlo 68