4° centenario della nascita di san Luigi Gonzaga
Carissimi,
venendo tra voi ad assumere la responsabilità di vostro pastore e perciò a continuare l’opera portata avanti con ammirevole saggezza e abnegazione dal mio predecessore, oggi Arcivescovo di Bologna, Mons. Poma, vi ho trovati tutti presi e impegnati a corrispondere alle esigenze che ha imposto a tutta la chiesa il concilio.
So quanto siete intenti e impegnati a corrispondere alle esigenze che il Concilio ha imposto a tutta la Chiesa: richiamare la vostra attenzione e il vostro impegno a celebrare il IV centenario della nascita di S. Luigi potrebbe lasciare l’impressione di distrarvi da una cosa estremamente più importante o addirittura di compiere un passo indietro dal perseguimento delle mete proposte dal Concilio.
Lo scopo di questa mia lettera è precisamente quello di dissipare codesti timori e di arrivare insieme a scoprire come una retta celebrazione del centenario diventa non tanto una occasione quanto un aiuto per entrare sempre più a fondo a capire alcune esigenze molto vive del Concilio e ad attuarle autenticamente.
Edificati nella Chiesa
Il Concilio con la sua spinta all’aggiornamento e al ritorno alle sorgenti- ci ha posto davanti una visione più chiara del Piano di Dio portato a compimento da Gesù Cristo e che lo Spirito Santo attua in noi: il Mistero della Chiesa.
A questa più chiara visione segue un più preciso compito: non di salvezza e di santità individuale ma di impegno a edificarci come Chiesa nella carità e di edificare la Chiesa come conseguenza della carità.
Il Vaticano II ” riceve con grande pietà e nuovamente propone” Ia venerazione della memoria dei Santi e riconosce “sommamente giusto” che “rivolgiamo loro suppliche e preghiere”; porta però oltre il traguardo della loro venerazione e, mentre fino a ieri la imitazione individuale dei loro esempi era ritenuta la prova più sicura di una devozione autentica, il Concilio ci mette di fronte a una prospettiva nettamente ecclesiale.
“Noi però veneriamo la memoria dei Santi non solo per il loro esempio, ma più ancora perché l’unione della Chiesa nello Spirito sia consolidata dall’esempio della fraterna carità”. “A causa infatti della loro più intima unione con Cristo i beati rinsaldano tutta la Chiesa nella santità, nobilitano il culto che essa rende a Dio qui in terra e in molteplici maniere contribuiscono a una più ampia edificazione”. “Poiché come la cristiana comunione tra coloro che sono ancora pellegrini sulla terra ci porta più vicino a Cristo, così le nostre relazioni con i Santi ci uniscono a Lui, dal quale, come da Fonte e Capo, promana ogni grazia e la vita dello stesso Popolo di Dio . (L. G. 50 passim).
Dunque il Santo è una persona dalla sua fisionomia ben delineata e distinta che ha conseguito con successo lo scopo impresso alla sua esistenza con la risposta data alla sua vocazione, scelta con libertà e perseguita con progressivo e totale impegno; egli è entrato in modo stabile e definitivo nella comunione di amore nella quale rea lizza la pienezza della sua distinzione personale e la partecipazione più completa alla vita di tutti: la comunione di cui ci fa partecipi Iddio e che ha la sua sorgente e il suo modello nella vita di amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo: il Santo inoltre è vitalmente presente, e sempre in modo personale, in quella comunione che si intesse su questa terra e che equivale alla edificazione della Chiesa.
Questo dinamismo di una carità unica, diffusa nel cuore dei beati in cielo e nel nostro cuore in terra da un unico identico Spirito, è la realtà più piena della vita cristiana: da una parte ci incorpora a Cristo, nostro Capo e per mezzo di Cristo ci unisce ai Padre, dall’ altra ci unisce ai fratelli e fa di noi l unico Popolo di Dio ancora peregrinante in terra e già stabilito in Cielo. Il Santo non è “beato” perché ha superato il traguardo ed è entrato in un inerte riposo, ma perché è definitivamente attivo in una vita di amore, che invece di estraniarlo dalla vita e dagli interessi dei suoi fratelli ancora peregrinanti, lo fa attento e impegnato, come lo è il Padre comune, che egli vede faccia a faccia.
Pensare ai santi e pensare a quel vortice di amore che ha la sua origine nell’ Amore infinito delle divine Persone e che tende misteriosamente a coinvolgere ogni persona che vive in questo mondo, significa pensarli nella loro condizione più reale ed autentica.
La memoria che serbiamo di loro, il culto che loro tributiamo, lo sforzo che compiamo per imitarli rimane immensamente al di sotto della loro presenza attiva in mezzo a noi: è immensamente di più ciò che scende, di quello che sale, nella comunione dei Santi.
Voi a questo punto mi potreste anche legittimamente chiedere:quale rapporto esiste tra il centenario della nascita di S. Luigi e questo discorso ?
Intanto quando gli anni si computano a centinaia dalla data di un avvenimento, già di per se, rischiano di aumentare la distanza, non tanto nel tempo, ma soprattutto nella memoria.
Poi i secoli della storia della Chiesa, più di una volta ne deformano i lineamenti; la sua ricchezza interiore e le sue strutture originarie possono soffrire della usura del tempo; oggi godiamo del privilegio della grazia di un Concilio.
Inoltre la figura di S. Luigi, per un certo paradosso, proprio perché imponente e valida è una di quelle che è uscita più deformata dal tipo di devozione che l’ha circondata.
Non entra nello scopo di questa lettera ridare alla figura del nostro Santo i suoi tratti autentici. Il comitato esecutivo per le celebrazioni centenarie costituito presso i Gesuiti e nella nostra Diocesi curano iniziative storiche, artistiche e culturali per presentare in una documentata verità un Santo che per molti sarà una scoperta quasi incredibile.
S. Luigi, intanto, è un figlio della nostra terra, è un membro dei più tipici del casato dei Gonzaga, il quale ha lasciato a Mantova una ricchezza di vicende storiche, di monumenti artistici e di espressioni culturali di cui ancora si respira.
Un Gonzaga santo è una notevole verifica del Cristianesimo.
Io non mi sentirei di intitolare la celebrazione del IV centenario della nascita del nostro Santo all’insegna della “attualità di S. Luigi” come se fosse il tipo che si può proporre ai giovani del nostro tempo. S. Luigi è talmente Gonzaga e figlio del suo tempo che, tolti gli elementi che si riscontrano in vario grado e maniera in tutti i santi (perché sono elementi del cristianesimo), la sua santità consiste in qualche cosa di talmente personale da essere irripetibile.
Il senso del peccato, lo spirito di penitenza, la profondità del raccoglimento, il fervore della preghiera, la devozione alla Passione e alla Eucarestia, I amore per il prossimo e la castità sono tutti valori di vita cristiana che non mutano; il modo, I ambiente, lo spirito, il temperamento in cui li ha incarnati S. Luigi sono suoi personali e del suo tempo.
L’attualità è quindi quella dei valori della santità di S. Luigi e non quella delle forme.
S. Luigi non è “attuale”, è “presente” ..
La sua presenza è una presenza nella Chiesa: quella richiamata dal Concilio e in qualche modo descritta sopra.
In questo senso tento di dire come la celebrazione del centenario sia un mezzo per scoprire, capire e accogliere la presenza tra di noi di S. Luigi e di accorciare quella distanza che i secoli tentano di frapporre tra lui e noi.
S. Luigi è nato, è vissuto la maggior parte dei suoi anni e ha ostinatamente perseguito la sua vocazione nella Chiesa mantovana. E vero che in Cielo non esistono le Chiese particolari: c è una unica Chiesa di Cristo. Ma è altrettanto vero che gli elementi della vita e della santità della Chiesa, che appartengono all’opera della Creazione e della Redenzione di Dio, in Cielo saranno misteriosamente e meravigliosamente rinnovati: tra questi i vincoli dell’amore naturale animati dalla carità soprannaturale non saranno distrutti ma trasformati; i legami nati dal battesimo e sviluppati dalla carità nella concretezza dei membri del Popolo di Dio che si raccolgono nella Chiesa particolare, anche essi non cadranno varcando il limite, da noi inconcepibile e inesprimibile, del tempo e dello spazio.
S. Luigi in Cielo è ancora legato alla sua terra e alla Chiesa della sua esistenza terrena.
Chiamati alla santità
A questo titolo, per noi, la celebrazione del centenario diventa la celebrazione della santità nella Chiesa a cui apparteniamo.
Celebrare in senso ecclesiale, equivale a fare qualche cosa insieme, in modo solenne e cioè con un impegno espresso pubblicamente: può essere un atto liturgico, come può essere un avvenimento della storia della Chiesa; tutto nel clima di letizia che accompagna coloro che camminano verso una nuova tappa di salvezza.
Celebrare nella nostra Chiesa la santità di Luigi Gonzaga significa accogliere tutti insieme, in modo impegnato, con decisione cosciente il suo invito alla santità, nel senso sopra precisato: S. Luigi è un membro della nostra Chiesa il quale ha realizzato la vocazione del Cristiano, vocazione che il Concilio non propone nei termini di un certo minimismo morale di « fuga del peccato mortale, di « vivere in grazia, ma di « universale vocazione alla santità nella Chiesa ».
Il Concilio mette in primo piano la sorgente della santità nella Chiesa e il suo traguardo: la sorgente è lo Spirito Santo, il traguardo è la carità. Gesù Cristo « mandò infatti a tutti lo Spirito Santo che li muova internamente ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta l anima, con tutta la mente, con tutte le forze e ad amarsi a vicenda come Cristo ha amato loro» (LG. 40).
Siamo al momento vitale della « presenza. di S. Luigi nella nostra esistenza di Chiesa: I’amore di Dio per noi (I’azione dello Spirito Santo), I’amore nostro per Dio (con tutto noi stessi), I’amore vicendevole tra noi (come Cristo ci ha amato); San Luigi posseduto definitivamente dall’amore di Dio, il suo amore indefettibile per Dio, quello con cui ama noi.
Questo circolo ineffabile di amore, che abbiamo chiamato “comunione”, è la realtà più intima, più essenziale, più autentica e definitiva della Chiesa. Nel tempo è condizionata a tutti i mezzi istituzionali voluti da Gesù Cristo, qui la carità si alimenta alle sorgenti della Parola e della Grazia, è ancora fede e speranza, si esercita con la pratica delle virtù morali, ma rimane sempre al di sopra di tutto e costituirà la vita eterna.
La celebrazione dei IV centenario della nascita di San Luigi prende per noi un significato preciso: edificarci come Chiesa, edificare la nostra Chiesa nella carità. La nostra celebrazione non durerà un anno, durerà tutti gli anni della nostra “comunione” qui in terra tra Vescovo, Sacerdoti, Religiosi e Religiose e Laici.
Qualcuno potrebbe ricordarmi: ma San Luigi non è forse il protettore dei giovani ?
lo oso dare una risposta che potrebbe sconcertare: i nostri giovani sono i più aperti al senso comunitario e quindi ecclesiale della vita e sono i più pronti a un impegno di carità operante. La presenza di San Luigi in questo senso la accettano incondizionatamente.
S. Luigi ha realizzato il suo ideale di santità nel clima di riforma dettata dal Concilio di Trento; la sua è stata una vera protesta contro l ambiente della famiglia, della società e di una Chiesa bisognosa di riforma. Oggi i nostri giovani sono in atteggiamento di protesta: è decisivo per il loro avvenire che, come S. Luigi individualmente, così essi, coralmente, scoprano le idee giuste, le forme opportune e la forza dell’ impegno proprio nelle indicazioni del Vaticano II°; così la loro protesta potrà orientare e accelerare l evoluzione della storia verso forme nuove e più autentiche di convivenza umana e cristiana.
A noi rimane la responsabilità di una presentazione “conciliare” di San Luigi, di una comprensione fiduciosa dei giovani e di mantenere fede all’ impegno di essere a loro disposizione per la soluzione dei loro problemi.
Con la certezza di una fiduciosa intesa, di cuore saluto tutti e benedico affettuosamente.
CARLO FERRARI
Vescovo
Mantova, 3 marzo 1968, prima Domenica di Quaresima
ST 388 San Luigi 68- opuscolo per la commemorazione e per gli auguri