Seminario 5 maggio 1968 primo Consiglio presbiterale
Il motivo di questo primo incontro è una specie di insediamento del nuovo consiglio presbiterale. In questo momento, al di fuori d’ogni espressione formale, vi esprimo la mia fiducia condividendo la fiducia dei vostri confratelli, che vi ha portato ad essere qui.
La mia fiducia è piena e mi conforta il fatto che siate qui a rappresentare tutti i sacerdoti della diocesi e tutti i compiti che ci sono da svolgere in diocesi.
Naturalmente mi permetto sottolineare l’aspetto particolare di questo fatto. Voi rappresentate tutti, quindi non ci dovrebbe essere nessuno che possa dire che la sua voce, che il suo modo di vedere e di sentire, che le sue proposte non pervengono al vescovo. Questo lo dovete sentire molto vivamente secondo un modo ecclesiale che è uno di frutti i più importanti maturati nel Concilio: il senso della chiesa.
Una volta si diceva “sensum ecclesiae” ma aveva un significato particolare. Adesso, mi pare che questa espressione si sia molto arricchita. Senso ecclesiale vuole dire: senso della comunità presbiterale, che non è quella che deriva unicamente da vincoli esterni di incardinazioni e quindi di natura giuridica, ma quella che nasce proprio della costituzione carismatica della chiesa, da quel precetto di carità e da quella possibilità di amore voluta da nostro Signore Gesù Cristo, instaurata da lui mandando il suo Spirito in noi perché faccia “di molti uno solo”.
Questo fatto è poi, per noi, di un valore particolare perché è legato all’azione e al senso del sacramento dell’ordinazione. Noi partecipiamo all’unico sacerdozio di nostro Signore Gesù Cristo, alle funzioni dell’unico sacerdote, quindi non siamo sacerdoti per noi stessi, per una devozione personale, per una vocazione personale che ha corrisposto ad una grazia personale. Noi siamo nella Chiesa, siamo per la Chiesa, siamo di nostro Signore Gesù Cristo e siamo per l’unica missione salvifica svolta da nostro Signore Gesù Cristo, che vuole sia portata a compimento da tutto il popolo di Dio, ma in particolare dal sacerdozio ministeriale. Questi sono tutti motivi che ci richiamano al senso della unità tra noi.
Tutti voi che rappresentate tutti i sacerdoti della diocesi, conseguentemente, avete il compito di operare l’unità tra i sacerdoti: quelli del vostro vicariato e quelli che vi hanno eletto. Questo deve essere il vostro compito e, mentre da una parte partecipate alla condizione di tutti i vostri confratelli nel sacerdozio, dall’altra, partecipate alla responsabilità del vescovo che dovrebbe essere il perno dell’unità di tutto il presbiterio e di tutto il popolo di Dio che si raccoglie intorno a lui.
Non credo che questa sia una delega che si possa comunicare per ufficio. Se voi volete essere vicino al vescovo, come è nell’intenzione della chiesa, perché il vescovo sia sostenuto a compiere meglio il suo ufficio in mezzo ai nostri fedeli e principalmente in mezzo ai sacerdoti, lo dovete aiutare a creare questa unità.
Come ho ripetuto tante volte, l’unità tra i sacerdoti è la premessa perché poi ci sia l’unità con il vescovo. Non nego che sia necessariamente indispensabile l’unità con il vescovo, ma deve essere unità che nasce veramente dalla base, che nasce perché c’è una carità operativa tra i membri dell’unico presbiterio. Allora i membri del presbiterio diventando “uno” o mandano a spasso il vescovo perché non è capace stare al suo posto o necessariamente lo conglobano nella loro carità e unità e automaticamente diventa il perno e il vertice di questa unità.
Voi essendo più vicini al vescovo per condividere le sue responsabilità dovete sentirvi in quella condizione di libertà di spirito per aiutare la persona del vescovo a diventare sempre più capace di operare questa unità in mezzo ai suoi preti. Se io avessi un solo consigliere o anche tre, questi potrebbero consigliarmi in un determinato modo che potrebbe essere incompleto e unilaterale. < In questo mondo potrebbe anche capitare che il vescovo sia consigliato secondo una parte e non secondo la totalità dei sacerdoti e dei problemi che ci sono nella diocesi. Credo che qui, le mie parole saranno interpretate rettamente e che non sia necessario fare delle precisazioni. Credo anche superfluo ripetere la mia incondizionata fiducia nei collaboratori che mi stanno più vicino. A questo compito di rappresentare tutti i presbiteri della diocesi e ad impegnarsi a operare l’unità tra loro ne segue quello di sollecitare la loro responsabilità di unico presbiterio della diocesi.
I documenti del Concilio mi pare che arrivino soltanto fino a questo punto: i consigli tanto pastorali come presbiterali siano di collaborazione ma, in quanto ad ammettere in un modo esplicito che siano degli organismi che diventano corresponsabili con il vescovo e che sollecitano la corresponsabilità di tutto il presbiterio, è detto in modo attenuato, cioè: può essere sottinteso, si può ricavare. Oggi lo dobbiamo dare per scontato. Chi sta intorno al vescovo, e a voi proporzionatamente, non può essere soltanto un rappresentante, deve diventare – direi quasi necessariamente e penso che ben presto questo “quasi” scomparirà – un corresponsabile perché, se siamo chiamati ad una unica azione è perché abbiamo una unica responsabilità.
Come esprimere questa responsabilità? I tempi ce lo indicheranno e lo studio ce lo farà scoprire. Comunque lo dobbiamo ammettere antecedentemente. Quindi, dovrà essere compito vostro, nei settori di cui siete rappresentativi, di sollecitare questa corresponsabilità dei nostri sacerdoti. E’ ormai passato il tempo – e non ci dovrebbe mai essere stato questo tempo – in cui il sacerdote aveva il suo compito da svolgere e poteva prescindere da tutti gli altri sacerdoti. C’è una unica chiesa di Dio ed è la Chiesa universale di cui noi dobbiamo sentirci corresponsabili.
Data la natura sacramentale e anche giuridica della chiesa, questa corresponsabilità deve essere tanto più estesa quanto più è ravvicinata nello spazio, nella circoscrizione territoriale e quindi tra di noi. Non ci deve essere un problema diocesano: – la assegnazione di un vicario cooperatore ad una parrocchia, – una parrocchia che si trova in difficoltà per motivi particolari, – il seminario, le vocazioni, i problemi amministrativi, eccetera, che non sia il problema di tutta la diocesi. Non ci sono problemi di un sacerdote che non siano problemi di tutti i sacerdoti sotto tutti gli aspetti e a tutti i livelli.
Anche questo è abbastanza nuovo nel costume della chiesa, nel costume della comunità sacerdotale, nella nostra coscienza. Nella nostra coscienza credo che ci troviamo a quel punto – tanto per dirlo in un modo banale – che è più facile che ci andiamo a confessare le distrazioni durante la recita del divino ufficio che di accusarci di non esserci interessati fattivamente per aiutare un nostro confratello o per intervenire in una situazione determinata, concreta, di bisogno che si è verificata nella diocesi. Rimane sempre la responsabilità personale dell’ufficio a cui è addetto. Come per i vescovi è detto che uno collabora molto efficacemente ai problemi della chiesa universale curando bene la propria chiesa, è indubitato che uno collabora bene al bene di tutta la diocesi compiendo bene il proprio dovere, ma non deve essere chiuso “lì”,deve essere aperto e disponibile a tutto.
Davanti a queste prospettive non dobbiamo guardare con perplessità o sospensione e costatare per l’ennesima volta che il vescovo va sulle nubi… La chiesa si definisce così. La Chiesa è questa realtà: molti che sono una cosa sola. La Chiesa deve essere edificata nel senso della carità e della unità ma non siamo ancora abituati.
I giornali parlando dell’assemblea generale dei vescovi italiani non avranno riportato che, quando si è trattato di proporre un nuovo statuto, sono emerse preoccupazioni da varie parti, specialmente negli interventi, e si diceva che bisognava salvaguardare i diritti personali del vescovo. In una assemblea di vescovi, invece di essere preoccupati del “punto” collegialità dei vescovi, quindi comunione episcopale, quindi corresponsabilità di tutta la chiesa italiana, la preoccupazione era che i diritti personali non fossero intaccati dal fatto che ci sarà uno statuto che regolerà i rapporti dei vescovi italiani tra di loro! E’ una posizione in cui ci troviamo perché deriviamo da una determinata storia, ma è una posizione dalla quale dobbiamo uscire per corrispondere al dettato del Concilio.
Continuando il nostro discorso mi pare che sia legittimo, da parte vostra, di conoscere sempre meglio il Vescovo, il suo pensiero,quello che si propone di fare e soprattutto quello che cerca di essere in mezzo a voi.
Ho saputo questa mattina che il vescovo di Mantova lo chiamano “padre Carlo della Santissima Trinità vescovo del disimpegno”. Credo di essere definito abbastanza bene…(risata). Accetto questa definizione in questo senso. Credo in ciò che sto facendo, non so se faccio bene, tuttavia fino a questo momento ho coscienza di fare quello che devo fare.
Sono preoccupato di mettere in chiaro, di far diventare patrimonio comune di tutti i nostri sacerdoti, il contenuto e l’oggetto del nostro ministero. Quindi, se ho avuto la costanza di fare quella meditazione – nella prima tornata di ritiri dei vicariati- sui rapporti Chiesa Trinità ed Eucaristia, non è perché mi piace quel tema. Per me, quello, è il discorso da cui dobbiamo partire. Ed è un discorso che non dobbiamo “saperlo a memoria” per ripeterlo a tutti. Quello è il nostro discorso.
Che lo sviluppo di questo discorso porti a tutte le situazioni della vita spirituale cristiana è logico, ma che si possa fare il cristianesimo prescindendo dal piano di Dio che vuole fare di noi il suo popolo, prescindendo dal Padre dal Figlio e dallo Spirito santo, è escludere di essere cristiani, è mettersi al di fuori del piano di Dio, è mettersi al di fuori della sua azione in mezzo a noi. La sua azione è compiuta da Tre Persone che è un Dio solo, concretizzata nel modo più efficace e più bello nel mistero eucaristico da cui noi dobbiamo partire.
La realtà della chiesa per la quale, nella quale noi siamo totalmente impegnati e dedicati non è una astrazione. Dio vuole che molti siano “uno” e lo vuole perché egli è “Uno” ed è operante in mezzo a noi in molti modi ma soprattutto nell’azione della Parola e del sacramento, e il rapporto fra parola ed eucaristia è talmente un tutt’uno che l’azione di Dio la dobbiamo cogliere lì. Poi potete anche notare che in questo non navighiamo solitari ma scopriamo giorno per giorno di essere parte di una flotta. La stessa conferenza, la stessa assemblea dell’episcopato italiano pone come tema della prossima seduta ciò che è specifico del ministero sacerdotale. Sapete che questo problema è all’ordine del giorno della conferenza nazionale francese, e sarà il tema del symposium dei vescovi europei a Coira, ed è il tema di gran parte della letteratura attuale.
Noi dobbiamo sì, rallegrarci della situazione spirituale, dell’impegno dei nostri sacerdoti per ciò che si verifica in questo mondo, per ciò che si verificherà anche qui perché siamo in questo mondo. Se noi non corriamo ai ripari, se non rimediamo ciò che può ovviare tutti gli inconvenienti che provengono da questo stato di cose potremmo poi arrivare in ritardo. Quel discorso lo riprenderò e penso che lo dovremo riprendere insieme nella settimana di studio per poterci intendere bene,per creare nell’animo di tutti i nostri sacerdoti un senso di convinzione: che la loro vita ha un senso, che il loro ministero ha un valore, che il loro ministero ha una ragione di essere. Dobbiamo preoccuparci perché questa tentazione che potrebbe prendere i nostri sacerdoti, specialmente i sacerdoti giovani, è la più grave tentazione a cui possano andare incontro.
Anche in quanto al disimpegno credo che dobbiamo intenderci e raggiungere un punto di equilibrio. Non pretendo di dire che la mia posizione sia quella giusta. Penso che per creare un certo stile bisogna avere anche il coraggio di esagerare. e in un certo senso, perché compensato dalla reazione che viene dall’altra parte, si raggiunga l’equilibrio.
Dal tutto determinato, dal tutto definito, dal tutto dettagliato, al niente di precisato c’è uno spazio enorme. Ma noi, poco per volta, con la fatica, con la costanza, con il tempo, –arriveremo a possedere ciò che è essenziale della vita della chiesa, degli elementi costitutivi interni ed esteriori della chiesa, –arriveremo a possedere e fare nostro il tesoro della chiesa che è la presenza di Dio con il suo amore infinito in mezzo a noi e la sua azione che ci salva . Qui mi pare che ci siano già delle indicazioni concrete, forti, essenziali.
Non sbagliamo se poi scopriamo bene ciò che è specifico del sacerdozio. Comprendo che usciamo da un momento storico nel quale noi sacerdoti abbiamo fatto molte cose che non erano proprie del nostro ministero e ai laici non abbiamo dato la possibilità di fare le loro cose nella chiesa. Non nascondo le difficoltà. Se voi mi chiedete di essere chiaro a proposito di ciò che è specifico del sacerdote e di ciò che è specifico del laico, vi dico con tutta semplicità senza sentirmi per questo umiliato di non saper svolgere il mio compito, che credo che nessun vescovo nella Chiesa oggi, sappia definire concretamente il limite del sacerdote e da quale punto incomincia l’azione del laico nella Chiesa.
I professori mi danno ragione? Ma i vescovi sono guidati dai teologi, sono la coscienza dei teologi. A parte la battuta guardate che troviamo in queste condizioni. Ora, voler essere definiti precisi, dettagliati credo che non sia possibile. Che dobbiamo cercare insieme, questo sì. Che tanto più le cose sono indefinite tanto più dobbiamo essere impegnati a scoprirne i limiti, – se i limiti ci sono, perché qui evidentemente ci sono delle interferenze – è un tutt’uno che non si divide in qualche modo. Del resto la storia della chiesa sta a dimostrarlo ampiamente. Bisogna che poi ci sia uno sforzo da parte di tutti per arrivare ad una intesa.
Oltre queste difficoltà dottrinali,ci sono difficoltà che provengono dalle novità delle situazioni in cui ci troviamo. Interpretare rettamente una situazione, oggi, interpretare, per esempio, le indicazioni dei laici in genere – certi laici, purtroppo non possiamo dire tutti perché la maggior parte è assente da questa problematica o da questa preoccupazione – interpretare le aspirazioni della gioventù dei nostri tempi, chi è riuscito a farlo fino ad oggi? Quindi ci vuole uno sforzo di ricerca fatto insieme. Che per questa ricerca si debbano usare determinati strumenti non è certo il vescovo che lo nega. Assicurate pure i fautori delle ricerche sociologiche! Ci deve essere un impegno da parte di tutti di “mettere” ciò che è proprio di ciascheduno.
Il presbiterio deve essere l’espressione dell’unità di tutti i sacerdoti ma della unità delle persone dei sacerdoti e quindi di tutte le loro capacità. E’ tanto ovvio che un vescovo ammetta di non avere l’intelligenza di tutti. E neppure si possono assommare le intelligenze e poi servirsene. Ognuno ha la sua sensibilità, ognuno ha la sua intelligenza, ognuno ha le sue intuizioni . Siamo in un periodo in cui le capacità creative di uno devono essere messe al servizio di tutti, però in un modo corresponsabile.
Certe iniziative che hanno sapore di novità possono essere iniziative indovinate però portano in sè una radice sbagliata, falsa, quando sono fatte individualmente senza impegnare la corresponsabilità di tutti. Può essere la corresponsabilità dei sacerdoti di un vicariato, di un centro urbano o anche di tutti i sacerdoti. E, in qualsiasi corresponsabilità della Chiesa locale non può essere assente il vescovo. Siamo in un periodo di creatività non in un periodo in cui ognuno può fare come vuole. Ognuno deve porsi in un ambito di corresponsabilità presbiterale.
Veniamo ad alcune proposte che vi espongo non perché mi diate una risposta oggi,ma nella prossima adunanza, quindi diventano già punti del giorno del prossimo incontro.
A proposito dell’ordine del giorno , sarà un impegno del nuovo segretario di far giungere in tempo l’ordine del giorno perché si possa venire in adunanza preparati. Possibilmente quindici giorni prima, ma ci possono essere delle circostanze in cui la convocazione potrebbe anche essere urgente. I membri del consiglio presbiterale possono chiedere che un determinato tema debba essere messo all’ordine del giorno.
La prossima adunanza, a meno che si debba anticipare per motivi particolari, si farà entro il mese di Giugno.
La prossima adunanza vi proporrò tante liste quante sono le commissioni diocesane di vario genere: esaminatori presinodali, consigli d’amministrazione, di disciplina. Su queste liste potrete scrivere le preferenze e, a seconda della importanza o del numero dei membri, potete aggiungere dei membri di vostro gradimento.
Voi avete già capito una certa mia allergia alle visite pastorali. Non per cavarmela. Per ottenere quello scopo particolare di cui abbiamo parlato fino adesso io vorrei fare la visita pastorale per vicariati.
La cosa non è definita. Voi mi porterete i vostri pareri e i vostri suggerimenti.
Mi occuperei di un vicariato per un determinato tempo, prima di tutto per vedere di studiare insieme in quale modo ottenere l’unità tra i sacerdoti in quel vicariato, poi per vedere quali mezzi si possono adottare per l’unità di azione in quel vicariato, poi per occuparmi dei laici – così detti – impegnati di quel vicariato, ascoltarli e conoscerli per intenderci. Naturalmente, mentre sarò occupato di un vicariato, non vuole dire che non mi occupo più del resto della diocesi.
La visita di un vicariato certamente non potrà essere esaurita né in una settimana né in mese. Ci vorrà del tempo. Pensateci e mi direte.
Poi un’altra proposta a modo di pensiero. Mi pare di venire incontro alle aspirazioni di qualche sacerdote, sia per la composizione dei vicariati perché siano più omogenei possibili, sia per il bene dei singoli sacerdoti e per il bene delle parrocchie. Non è che io voglio. Mi pare che lo consentano i documenti del Concilio. Parlo di avvicendamenti spontanei da parte dei parroci. Non siamo ancora abituati. E’ avvicendamento spontaneo quando il parroco viene dal vescovo e dice “vorrei”… E’ ancora più spontaneo quando due parroci dicono “noi saremmo d’accordo di scambiarci la parrocchia….(risata generale)…
Noi siamo molto “stretti” per il divorzio, ma dovremo un po’ riflettere! Una cosa per volta! Evidentemente quando due hanno di queste intenzioni è molto meglio che ne parlino col vescovo subito. La parola decisiva però non è soltanto quella del vescovo, è sempre anche quella degli esaminatori. Non vorrei dire di più perché non si pensasse che voglio spingere in questo senso. però…quando uno é lì da quindici anni… venti anni sono già troppi!.. Se cambiasse… Su questi punti la prossima volta mi direte il vostro parere.
Il 21 Giugno terminiamo il centenario di S.Luigi. La diocesi deve fare qualche cosa che valga. Vi propongo di fare qualche cosa per la gioventù che si concluda nel tardo pomeriggio del giorno 21. Potete esprimervi.
Risposta.
Monsignor Mazzali e don Fanizza dicono che sarà una baraonda, ma io dico che se, si organizza tutta la gioventù al collegio all’istituto,vergini, là non c’è confusione.
Io da tutti questi interventi, specialmente da quello che per ultimo ha detto il vicario, vorrei precisare il mio pensiero riguardo una questione molto importante. E’ una cosa che ho accennato qui, ma che poi non ho espresso. Guardate che, io, vostro vescovo, voglio l’Azione Cattolica. Quale Azione Cattolica io voglio? Quella che si deve fare oggi nella Chiesa.
Perché qualcuno ha affermato che il vescovo non ne vuole sapere di Azione Cattolica, vorrei essere molto esplicito a questo proposito. Vorrei richiamare voi e attraverso voi tutti i nostri sacerdoti a intendere la sostanza dell’Azione Cattolica.
Noi abbiamo bisogno di essere affiancati dalla collaborazione dei laici. Adesso questa collaborazione è molto… lasciamo stare… però abbiamo bisogno di persone preparate spiritualmente, preparate apostolicamente perché ci diano una mano. Ma ci diano una mano non per supplire il sacerdote o fare la parte del sacerdote, ma per fare quello che devono fare i laici. Insisto perciò sulla preparazione.
Questa preparazione non può essere quella che diamo a tutta la gioventù. In qualche parte, ho avuto l’impressione che, per il desiderio certamente ispirato da zelo di raggiungere tutti i giovani, si lasciano perdere quei giovani che poi potrebbero essere indispensabili per raggiungere gli altri giovani. Cioè ci dimentichiamo quella certa legge del vangelo – come mi sono espresso tante volte – che è il fermento che lievita la massa, che è il piccolo seme che genera il grande albero.
Per il desiderio di raggiungere tutti finiamo col sobbarcarci imprese e fatiche e spreco di energie senza concludere nulla se non curiamo quei pochi che naturalmente non devono diventare i privilegiati, ma che debbono diventare davvero i nostri collaboratori. In questo senso intendo l’Azione Cattolica e dichiaro che è indispensabile, e la dobbiamo perciò preparare.
I gruppi spontanei possono essere delle buone cose,dei buoni fenomeni e non lo nego, ma non si nasce cristiani spontanei e non si diventa apostoli spontanei Sono la grazia di nostro Signore Gesù Cristo, la sua chiamata, il nostro ministero e tante altre cose che ci preparano ad essere adatti a svolgere un compito così importante, così primario nella chiesa. Semplicemente ma credo che mi abbiate capito.
Risposta.
Non entro nel merito perché c’è uno statuto ancora in bozza e vedremo che cosa ne verrà fuori. L’azione cattolica che deve corrisponde alla natura della Azione Cattolica è quella che corrisponde ai laici che si aiutano nei compiti di evangelizzazione, di santificazione e di unificazione dei fedeli.
Ci possono essere tanti altri compiti collaterali e di una determinata importanza.
OM 217 Sacerdoti – Seminario 5 maggio 1968 Primo Consiglio presbiterale
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