San Simone di Gallipoli 27/07/1978 – ore 17:30
Raccogliamaci intorno a questo tema e accogliamo un singolare insegnamento del Concilio. A più riprese, il Concilio ha una affermazione come questa: l’unità di Dio in tre persone:Padre Figlio Spirito Santo é il fondamento e il modello supremo dell’unità nella carità.
Dio, vi ricordate, ci ha creati a sua immagine e somiglianza, ci ha creato persone perché siamo capaci di amore vicendevole e di una mutua comunione :come lui é comunione. Lui é carità. E’ carità perché é comunione del Padre con il Figlio, del Figlio con il Padre e dello Spirito Santo con il Padre e con il Figlio.
E questo é il fondamento, la sorgente della carità che deve unirci tra di noi. Non ce n’é un’altra. Le altre sono tutte derivate. La morte in croce di nsgc, l’azione dello Spirito Santo – per dire così – storicamente vengono dopo. Prima c’é l’essenza del mistero, che prescinde dal fato che ci sia o non ci sia una storia al di fuori. L’unità del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo, é la sorgente, é il fondamento di ogni forma di unità della chiesa: dai due che sono uniti nel nome di nsgc a ogni forma di carità comunitaria.
Il fondamento é questo.
Il modello é questo. Noi abbiamo studiato il trattato “de trinitate”.
Ma, ritengo, almeno io modestamente, che non ci sia mai passato per la mente, così é capitato a me almeno, che questo mistero potesse diventare un modello di vita. Ancora, ancora una sorgente di vita, ma un modello di vita ,no. Eravamo troppo lontani da una concezione del genere e non era ancora maturata nella chiesa, almeno di questi ultimi tempi, questa possibilità di comprendere come il dinamismo verso un centro di unità che é l’amore tra le divine persone, potesse diventare il modello a cui noi riferirci per volerci bene.
Io sono alieno dalle speculazioni, ma sarebbe interessantissimo vedere come il Padre é il Padre perché non é il Figlio, perché il Figlio é il Figlio perché il Figlio non é il Padre, perché lo Spirito Santo é lo Spirito Santo perché non é né il Padre né il Figlio. Il Padre vuole tutto il Figlio, il Figlio vuole tutto il Padre, lo Spirito Santo vuole tutto il Figlio e tutto il Padre. Così per balbettare qualche cosa. Il Padre , il Figlio, lo Spirito Santo si accolgono vicendevolmente, si donano vicendevolmente, comunicano tra di loro infinitamente. Cosa comunicano? Tutto il loro essere, tutta la somma della loro perfezioni infinite.Tutto. La preghiera che Giovanni ci trasmette é significativo a questo proposito: come noi siamo una cosa sola ,così siano una cosa sola tra di loro. Tu in me , io in loro, io in loro tu in me, perché il mondo sappia che tu li hai amati, il tuo amore sia in loro e siano una cosa sola perché il mondo creda che tu mi hai mandato, ha tutto questo sapore.
Fondamento e modello supremo, quindi il più profondo, il più alto dell’unità, di ogni forma di unità nella chiesa.
Lì dobbiamo riferirci. Allora, diamo uno sguardo a noi stessi, al nostro essere, alla nostra persona. La psicologia moderna ci ha aperta la strada, sempre secondo un mio modesto parere, per comprendere e per definire la persona. In Dio, se vi ricordate, la persona l’abbiamomoé definita “relatio ad”. In quanto é riferita “a” , é persona. La persona umana, un individuo, un essere umano -meglio ancora- é persona in quanto attua tutta la sua capacità di rapportarsi, in quanto attua tutti i rapporti di cui é capace.
Vi ricordate la definizione della persona di Severino Boezio, insomma della scolastica, “ens in se subsistens rationalis naturae”? Una definizione statica. La persona é qualche cosa di vivo, perciò di dinamico. E dove sta la persona? La persona sta qui ,nella sua capacità di riportarsi, di stabilire dei rapporti con gli altri. Vedete come, nella vita pratica, ci sono degli individui che valgono come sapienza , anche come generosità, e qui siamo già in un campo abbastanza…che hanno un grande valore ma, però sono incapaci di comunicare. Abbiamo, io penso tutti, incontrato degli insegnanti che erano dei pozzi di sapienza ma non erano capaci di comunicare quello che sapevano. E poi soprattutto non erano capaci di stabilire dei rapporti con i loro alunni. Stavano in cattedra. Non avevano una grande personalità. Avevano una grande scienza, una grande cultura , a tante altre cose ma non avevano la grande personalità. Uno ha la grande personalità in quanto é capace di stabilire dei validi rapporti con gli altri. In questo senso ,ciò che gli é lo rapporta agli altri e, in questo rapportarsi agli altri ,c’é tutto il dinamismo della relazione che non é soltanto ‘andare incontro’. Anzi, il dinamismo della relazione é in questo senso: accoglienza, dono all’altro, comunione.
Prima di tutto accoglienza dell’altro.Fare posto all’altro. Io incomincio ad avere una personalità quando incomincio ad essere uno spazio per gli altri, quando incomincio ad essere un luogo dove gli altri trovano qualche cosa, meglio se trovano qualcuno. Non andiamo subito all’atteggiamento del dare. No. Fermiamoci, prima di tutto, all’atteggiamento dell’accogliere. Ci sono gli altri prima di me nella vera carità. C’é il Padre prima del Figlio e il Figlio é accoglienza del Padre, é infinita accoglienza del Padre come il Padre é accoglienza del Figlio. Ma prima c’é l’accoglienza.
Scusate se insisto. Fare posto agli altri. Essere disponibili per gli altri. “Darsi”, é il nostro io, sono le nostre qualità, sono le nostre doti che si mettono in movimento, che si mettono in evidenza. E’ più facile accogliere. Accogliere l’antipatico, accogliere il noioso, accogliere chi “non mi va”, é un superamento di me stesso. Guai agli esseri chiusi. Sono degli esseri psicologicamente non equilibrati. Accogliere. Stare a sentire, in pratica. Stare a sentire con interesse. Stare a sentire con cordialità. Stare a sentire sinceramente non tanto per compassione, per pietà,.No. Quello potrà essere piccolo, potrà essere povero spiritualmente, potrà essere . Tu sei ricco non se dai qualche cosa ma, se o accogli come é.
Ricordate il fenomeno posto in evidenza dalla pedagogia oggi, dei ragazzi disadattati, dei figli disadattati. Sono figli non accolti . Nella maggior parte dei casi sono figli non accolti o che i genitori sono così… per antipatia, per istinto naturale non li accolgono, oppure non hanno tempo, poveretti, per accogliere i loro figli , per stare con i loro figli e i loro figli diventano dei disadattati. Ma questo non vale solo per i piccoli. Vale per tutti. Vale per instaurare nella nostra vita una autentica carità che ha come fondamento e modello supremo l’unità delle divine persone.
Relazione come dono.Una volta c’erano i ricchi che davano, donavano le cose. I ricchi e i poveri non si distinguono tanto secondo un parametro economico, ma un parametro sociale, culturale, ma poi soprattutto di sensibilità, di sentimento ecc. Dare. Dare, soprattutto, quello di cui ogni creatura umana ha più bisogno. Che cosa ha bisogno una creatura umana? Al fondo di tutti i bisogni ha bisogno di essere amata. Ha bisogno di essere amata. Che cosa ha bisogno ogni creatura umana? Di essere amata.
Che cosa hanno bisogno i preti? che cosa hanno bisogno le religiose? di essere amate. Ci convinciamo, sempre di più che certe crisi, che certi disagi derivano dal fatto che certe persone sono costrette a vivere come se non ci fossero. Nessuno pensa a loro. Nessuno esprime una premura per loro, una preoccupazione per loro, perché non c’é nessuno disposto a fare attenzione, a preoccuparsi. E allora: a donare del proprio tempo, a donare della propria attenzione, a donare della propria cordialità, a donare della propria simpatia, a donare della propria pazienza, a donare i frutti delle proprie doti, della propria preparazione culturale e spirituale. Donare.
Fino a che punto donare? fino al punto di mettere a disposizione: “così che non si diceva più mio quello che era mio, non si diceva più tuo quello che era tuo”. Ecco la comunione. E’ tutto di tutti. Comunione di pensiero, comunione di sentimento, comunione di affetti, comunione di preoccupazioni, comunione di lavoro, comunione di fatica, comunione di sofferenze, comunione di gioia ecc.