Trovano posto nelle pagine che seguono scritti e discorsi del Vescovo legati a circostanze per qualche aspetto significative d el suo ministero episcopale.
Formano, sotto il profilo tematico, la parte più eterogenea della raccolta e vi ritornano, con qualche ripetizione e secondo un ordine puramente cronologico, i motivi più familiari al magistero di Mons. Ferrari: dalle sorgenti inesauribili e sempre di nuovo ricuperate del Mistero trinitario allo svelamento definitivo nel Cristo, all’opera tutta interiore dello Spirito, alla mediazione onnipresente e materna della Chiesa, il disegno meraviglioso di Dio vi si dispiega in ogni momento, in ogni passaggio, come disegno di salvezza per l’uomo, liberazione reale dell’uomo attraverso la croce e la risurrezione, apparizione alla coscienza della persona umana secondo la misura perfetta del Cristo, nella luce e nella forza dello Spirito.
Ma forse l’interesse di questa sezione è dato soprattutto da altri aspetti: l’accento del discorso che qui si fa più personale e immediato, il dialogo del pastore che conosce da vicino il suo gregge, la condivisione che ne trapela — in qualche caso fino all’acme della commozione che soffoca (si veda il discorso di commiato dalla diocesi di Monopoli) — della vicenda umana in cui popolo e pastore sono insieme coinvolti, la tensione a decifrare il disegno di amore che tutto abbraccia negli eventi, ora lieti, più spesso dolorosi e sconcertanti, che costellano la via difficile del nuovo Israele nell’intermezzo desertico tra l’esilio e il Regno.
C’è in queste pagine un documento d’interesse umano e pastorale che ci è sembrato giusto ricuperare, non solo a uso di quelli che verranno dopo di noi. Osservandole più da vicino, e un pò colmando con la memoria i vuoti che si aprono tra un testo e l’altro, specialmente per il periodo del ministero a Monopoli, si è stimolati a indicare un’altra chiave di lettura.
La predicazione del Vescovo in terra di Puglia ha di fronte, prevalentemente, quella che nel linguaggio di Paolo è la a tentazione giudaizzante », di una salvezza particolaristica e non soltanto spirituale, ricercata nelle garanzie della Legge, nelle osservanze esteriori, nella fedeltà alle tradizioni dei padri (cfr. Lettera pastorale a Della Madonna siate devoti così »).
La proposta pastorale del Vescovo è allora naturalmente incentrata sul ricupero della tradizione autentica, sulla libertà con cui Cristo ci ha liberati, sulla dignità della persona di cui Cristo si fa garante e che il cristiano deve saper affermare in tutte le espressioni sia della vita privata sia della convivenza civile.
L’orizzonte del ministero a Mantova è dato piuttosto dalla « tentazione greca », della salvezza ricercata con i mezzi umani della razionalità politica, scientifica, tecnologica, socio-economica, mentre la fede è respinta ai margini della vita civile o, in altri casi, è invocata solo a sostegno e legittimazione di progetti mondani.
Di qui l’insistenza del Vescovo sui temi specifici dell’identità cristiana e del cristianesimo come a paradosso », superamento e rovesciamento dell’umano: il primato dello Spirito che trascende ogni psichismo umano e solo è capace di liberare l’uomo dalla morte, di trasformare i presagi di morte in annunci di risurrezione alla a vita nuova» nel Cristo; I’ insufficienza radicale dei progetti umani in ordine alla salvezza, ma anche —come condizione e come verifica—il valore insostituibile dello sforzo ascetico e la conversione del cuore, I’impegno di traduzione della fede in tutte le realtà dell’esistenza storica, la funzione dei carismi e dei ministeri nell’unità organica del corpo ecclesiale (cfr. discorsi ai sacerdoti e alle religiose dopo l’ingresso a Mantova).
Questa complessa tematica trova una sintesi concreta e originale nel modo come il Vescovo incontra gli uomini-segno, di ieri e di oggi, che la disposizione divina ha messo sulla sua strada, nel modo come ne rievoca i tratti e ne trae per l’oggi del suo popolo una lezione di vita: che si tratti dei santi a mantovani », S. Luigi, S. Pio X, S. Anselmo, o di figure come don Mazzolari, mons. Bertazzoni, Primo Poli o dell’umile don Marchesini, è sempre la stessa ricchezza spirituale, la stessa pienezza di senso cristiano-ecclesiale che si esprime in semplicità e naturalezza di discorso. Viene a proposito —ci sembra— I’immagine dello scriba evangelico: c’è del nuovo, a ben vedere, nello scrigno dimesso di questo linguaggio quotidiano e c’è un sapore antico, anzi un’antica sapienza nel nuovo di questi approcci che non sono a discorsi di circostanza » ma, sempre, incontri di persone, mediati e propiziati dalla compresenza personale dello Spirito che inabita i cuori credenti.
Mons. Benito Regis
Stampa sul libro ‘ Da Dio a Dio: un popolo in cammino -1978- pag. 193-195
Parzialmente pubblicato su “La cittadella”