La Chiesa che celebra non fa altro che proiettarsi fuori di se e rimandare a colui che agisce in lei e per mezzo di lei. Mostra insieme che il suo centro, la sua fonte di verità e di vita è altrove, è in Gesù Cristo, continuamente, ininterrottamente.
Fatta questa premessa mi sembra più agevole spiegare quale sia la prima testimonianza e il primo servizio che il vescovo deve rendere alla chiesa locale per aiutarla a vivere l’esistenza “nella mutua carità e nell’unica lode della Trinità Santissima”(LG 51). Il vescovo è “come il grande sacerdote del suo gregge: da lui deriva e dipende in certo modo la vita dei suoi fedeli in Cristo”. Il concilio attribuisce al vescovo la pienezza del sacerdozio episcopale la pienezza del ministero, la cattedra episcopale, il ministero del sommo sacerdote. “Perciò tutti devono dare la più grande importanza alla vita liturgica della diocesi che si svolge intorno al vescovo, principalmente nella chiesa cattedrale: convinti che c’e una speciale manifestazione della Chiesa nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo di Dio alla medesima celebrazione liturgica soprattutto alla medesima eucaristia, alla medesima preghiera al medesimo altare cui presiede il vescovo circondato dai suoi sacerdoti e ministri”(SC 41) .
Qui c’è uno dei principi base della vita liturgica: la necessità della comunione nell’unità della stessa chiesa, affinché la celebrazione sia “legittima”. Rendere visibile la comunione ecclesiale: ecco la prima testimonianza e il primo servizio del vescovo, il quale è immagine visibile dell’unione invisibile di tutti i fedeli è la personificazione dell’amore reciproco, la manifestazione e il centro vivente dei sentimenti cristiani che tendono ad unità. In proposito S. Cipriano fa questa affermazione: “Devi sapere che il vescovo è nella chiesa e la chiesa è nel vescovo ”
Anche il sacerdote deve essere autorizzato dal proprio vescovo per esercitare il suo ministero nella chiesa. Se spetta al vescovo istruire il popolo, annunziare il Vangelo, preparare i catecumeni, a fortiori spetta a lui conferire il battesimo, cresima, eucaristia. Quanto all’eucaristia ci basti ricordare alcuni passi celebri della tradizione liturgica. Anzitutto lascio la parola a Sant’Ignazio di Antiochia il quale scrivendo agli Smirnesi così dice: “Senza il vescovo non è lecito ne battezzare ne celebrare l’agape (cioè l’eucaristia)” Nella liturgia la comunione ecclesiastica con il proprio vescovo è espressa nelle preci eucaristiche con queste parole: “Conferma nella fede e nell’amore la tua chiesa pellegrina sulla terra: il tuo servo e nostro papa Paolo il nostro vescovo Carlo…. ” In questa maniera la presenza del vescovo nell’eucaristia celebrata in una comunità, anche se piccola e sperduta, fa della comunità in cui avviene la celebrazione veramente un “chiesa” perché essa è una comunità nella quale venendo offerto, sotto la sacra presidenza del vescovo, “il simbolo della carità e dell’unità del corpo mistico è presente il vescovo, per virtù del quale si raccoglie la chiesa una, santa, cattolica e apostolica”
Il ruolo liturgico presidenziale del vescovo è attestato in maniera particolarmente significativa in un documento siriaco databile ai primi decenni del terzo secolo: la Didascalia apostolorum. In essa così si designa la preparazione della celebrazione liturgica: “nelle vostre riunioni nella santa chiesa…sia distinto il posto per i presbiteri, nella parte orientale della casa. Ed in mezzo a loro sia posto il trono del vescovo, ed i presbiteri siedano insieme a lui”. Il vescovo è il vero capo e pastore nella comunità e la sua superiorità rispetto sia ai fedeli, sia ai presbiteri è manifestata esternamente dall’uso del trono o cattedra. Dalla cattedra il Pastore spezza il pane della Parola manifestandosi segno di Dio Padre, pastore, fratello, amico e consolatore del popolo del Signore. Cattedra ed altare rappresentare un’unità integrale e sono due aspetti di un processo unitario. L’annuncio autorevole della Parola precede la celebrazione del sacramento, perché questo è ‘professione di quella fede che nasce dall’ascolto della Parola”
L’unione reciproca dei fedeli e dei presbiteri viene giustamente commisurata alla loro unione col vescovo. Questo centro di unione è così necessario che senza di lui non si può pensare alla unione della comunità la chiesa può dunque essere così definita: un popolo unito intorno a un solo vescovo. La comunità eucaristica che si attua attorno al vescovo rimane sempre normativa in rapporto ad ogni altra assemblea liturgica: l’atto di convocare del vescovo dovrebbe essere il segno di questa coscienza ecclesiale più piena.
L’immagine del vescovo che proviene dalla vita liturgica della chiesa deve far riflettere seriamente tutti i cristiani. Molti ancora hanno un’idea falsa della missione primordiale del vescovo. Alcuni lo confondono con una specie di “prefetto”, preposto agli affari religiosi di una diocesi, altri vedono in lui un semplice presidente delle opere diocesane simile ad un alto dignitario che ha il primo posto nelle riunioni dei fedeli e al quale conviene rendere conto di ogni iniziativa. Da tali equivoci veniamo liberati nella misura in cui partecipiamo consapevolmente e attivamente all’espressione ecclesiale più significativa che è la celebrazione eucaristica: momento privilegiato della edificazione della chiesa di Dio mediante la parola del vescovo che risuona come convocazione di tutti al regno del Padre.
Mons.Egidio Faglioni
“La Cittadella”, 12 Giugno 77