Seminario 28-5-70, per i laici guidati da don Giovanni Volta
Mons. Carlo Ferrari e i collaboratori di Vittorina
Miei cari, questo incontro che ha come scopo di dare forma, e una forma nuova all’impegno apostolico che anima ciascheduno di voi, avviene in un giorno solenne per la liturgia della chiesa e quindi deve essere altrettanto solenne e impegnativo per la nostra vita spirituale. Oggi è il giorno in cui celebriamo il grande dono che Gesù ha fatto di se stesso per tutti i tempi, e che prepara il suo regno definitivo. Gesù dà il suo corpo da mangiare e il suo sangue da bere.
Noi, a certe espressioni siamo troppo abituati e non ne cogliamo sufficientemente il senso impressionante a dire poco. Abbiamo celebrato insieme la parola del Signore che ci riporta al grande tema dell’alleanza.
Abbiamo ascoltato ciò che ha compiuto Mosè.
Mosè dalle vittime immolate a Dio prese il sangue, asperse il popolo e disse: “Questo è il sangue dell’alleanza” Cioè del patto che Dio, proprio in quei giorni, stabiliva con il suo popolo.
Avete ascoltato dalla lettera agli Ebrei che quel sangue, che era prefigurativo di un sangue futuro, è stato definitivamente sostituito da quello di nostro Signore Gesù Cristo, nuovo ed eterno sacerdote che entra nel santo dei santi al cospetto di Dio per intercedere per i propri fratelli, per riconciliarli con il Padre, per rendere possibile la nuova alleanza perché l’Alleanza con Dio sia un fatto che si verifica per ognuno di noi, oggi presenti.
Abbiamo ascoltato il vangelo. Gesù dice: questo è il mio sangue. Questo è il sangue dell’Alleanza vera e definitiva.
E’ l’Alleanza vera e definitiva che ci introduce: non soltanto in una riconciliazione quasi giuridica con Dio, ma anche in una comunione di amore che va infinitamente al di là da una semplice riconciliazione, o di perdono. E’ qualche cosa di estremamente positivo. E’ qualche cosa di estremamente vitale.
Noi, per il sangue di Cristo, diventiamo i figli di Dio che partecipano alla stessa sua vita, che hanno come destino finale quello di vivere nello splendore della sua gloria, quello di vivere nella pienezza della comunione di vita con Dio.
Tutto questo, cioè: l’Alleanza, la riconciliazione, la comunione con Dio è prezzo del sangue di nostro Signore Gesù Cristo.
Ma il sangue di nostro Signore Gesù Cristo non deve essere inteso come lo intendiamo noi: come un segno di morte. Il sangue secondo il concetto della Sacra Scrittura: è l’elemento della vita, è l’elemento vitale per ogni persona, è la sorgente della vita. Per questo il sangue in mezzo al popolo di Israele, era qualche cosa di sacro al quale bisognava portare il massimo rispetto, perché: è la sorgente di vita, è la vita.
E il sangue di nostro Signore Gesù Cristo è una sorgente di vita che si esprime: attraverso questo segno sacramentale, che indica anche il sacrificio estremo, il dono della vita del Figlio di Dio per ciascuno di noi, il segno, quindi, dell’amore più grande: – nessuno ama tanto il proprio amico, come colui che dà la vita per l’amico che ama- .
Siamo di fronte all’amore di Dio che ci viene incontro nel suo Figlio Gesù Cristo. Noi ci incontriamo con Dio che vuole stabilire, con noi, una corrente di vita nuova, che ci trasforma completamente e ci fa: i suoi figli.
Quale significato ha tutto questo oggi, mentre ricordiamo il grande mistero del dono che Gesù? Per noi ha questo significato,come per tutti, del resto: il sangue e il corpo di Cristo sono offerti a noi perché avvenga la nostra riconciliazione con il Padre, perché siamo introdotti nella sua amicizia, perché siamo introdotti nella comunione della sua vita.
Noi, il sacramento della eucaristia lo definiamo con il termine “comunione”. Anche questa parola deve essere chiarificata nel nostro spirito. Comunione è “messa insieme” di pensieri, di sentimenti, di aspirazioni, di propositi di vita con un altro. Qui, ” l’Altro” è nostro Signore Gesù Cristo. Comunicare con nostro Signore Gesù Cristo non è un modo qualunque di comunicare. Comunicare con nostro Signore Gesù Cristo è un modo unico, che poteva inventare soltanto la sapienza infinita e l’amore infinito di Dio. Noi nei confronti di Gesù siamo coloro che partecipano al suo essere, alla sua vita.
Noi siamo i tralci che viviamo e siamo in grado di portare frutto perché siamo uniti a Lui. Ne deriva un primo impegno. L’impegno che s’impone come anima di ogni apostolato è l’amore a nostro Signore Gesù Cristo, è la comunione di vita con nostro Signore Gesù Cristo, è la nostra unione a Gesù Cristo e per mezzo di Gesù Cristo, in Gesù Cristo e con Gesù Cristo, è la nostra unione con il Padre.
Ripeto: è questo il nostro primo impegno: un impegno di vita spirituale, un impegno di vita interiore serio, profondo, costante, coltivato di giorno in giorno perché la comunione a nostro Signore Gesù Cristo non avviene una volta per sempre. perchè la comunione a nostro Signore Gesù Cristo è qualche cosa di vitale, è una vita, è un tipo di vita destinato a crescere continuamente, a svilupparsi, a diventare fecondo, a portare sempre maggiori frutti.
E noi dobbiamo interrogarci questa mattina se veramente in noi c’è questo impegno di unione, specialmente per mezzo della partecipazione alla eucaristia.
Ma il Padre nostro ha dinnanzi a sé, nel suo piano di salvezza, cioè nel desiderio infinito del suo amore, la riconciliazione di tutti gli uomini. Tutti gli uomini sono chiamati, da tutte le parti della terra, a diventare figli di Dio attraverso il sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo. E noi ci poniamo – in un certo qual senso – come strumenti, in atteggiamento di carità e di servizio umilissimo nei confronti di Dio e nei confronti dei nostri fratelli, perché avvenga la riconciliazione di tutti con il Padre nostro che sta nei cieli.
Ecco il motivo del nostro apostolato. Il motivo della vostra azione che è quello di inserirvi più direttamente nell’azione apostolica della chiesa. Non c’ è un altro scopo. Lo scopo che vi qualifica è la riconciliazione dei fratelli con il Padre, perché attraverso nostro Signore Gesù Cristo, per il prezzo del suo corpo e del suo sangue, abbiano a partecipare alla vita di Dio, diventino i nostri fratelli in Cristo, figli del Padre destinati alla eredità eterna.
Allora dobbiamo essere:
coloro che annunciano nostro Signore Gesù Cristo, coloroche annunciano che nostro Signore Gesù Cristo ha dato tutto se stesso perché sia possibile la riconciliazione degli uomini con Dio. coloro che annunciano questo grande mistero nella propria persona, nella propria vita attraverso ogni azione apostolica. Tutto deve esprimere che noi siamo i figli della famiglia del Padre, che noi siamo riconciliati con il Padre e conseguentemente tra noi.
L’amore che ci unisce a Dio porta come conseguenza una grande unione, una grande concordia, una grande comunione tra noi, ed è questa la forza travolgente di ogni apostolato. Non c’è nulla più convincente della presenza di Dio nel mondo come l’amore che si dimostrano tra di loro quelli che credono in lui.
Ecco, miei cari, alcuni pensieri che possono illuminare questa nostra liturgia, questa nostra solennità,
questo vostro incontro e gli impegni che vi assumete nella nostra chiesa mantovana e in tutta la chiesa.
Approfitto volentieri per esprimervi, prima di tutto, la mia gratitudine. Dico mia in quanto sono il principale responsabile e sono al centro di quella azione salvifica in cui tutti vogliamo impegnarci.
Il Concilio ricorda ai vescovi con molta chiarezza che essi non possono da soli assolvere il compito della missione salvifica della chiesa, ma che hanno bisogno di tutti i loro fratelli nella fede. Voi mi esprimete questo proposito di collaborazione specifica – come mi ha ricordato don Volta – perciò vi sono molto grato.
Vi ricordo che la collaborazione, oggi nella chiesa, deve essere collaborazione autentica, quindi non soltanto esecutiva di opere, ma anche un apporto impegnato di pensiero, di consiglio e quindi di studio perché la nostra azione sia sempre più fedele al messaggio di nostro Signore Gesù Cristo e sempre più corrispondente ai bisogni reali delle situazioni in cui si trovano i nostri fratelli, ai quali vogliamo portare con umiltà e con senso di servizio la parola del Signore, anzi nostro Signore Gesù Cristo stesso.
Poi, un sentimento di gratitudine per quello che avete fatto fino ad oggi nel campo dell’azione cattolica, a tutti i livelli e per la chiarezza che vi distingue per aver fatto la vostra scelta nonostante tutte le difficoltà e tutte le contestazioni. Diceva molto bene Don Volta che questo servirà a tutti per concepire sempre meglio la nostra azione nella chiesa. Lasciate che vi esprima il mio compiacimento.
Se vi trovate qui è segno della fiducia che godete in mezzo ai vostri amici che vi hanno designato per venire qua e hanno certamente nel loro cuore l’auspicio che il vostro servizio possa essere sempre più alto -scusate l’espressione – nella gerarchia.
A tutto questo si aggiunge l’augurio di un lavoro proficuo questa mattina, la preghiere al Signore perché vi benedica, vi illumini con chiarezza per le scelte che dovete fare.
Un augurio per il lavoro futuro che con impegno dovremo fare tutti insieme. Insisto su questo “fare insieme”. Sapete che fare insieme vuole dire fare la chiesa di nostro Signore Gesù Cristo, vuole dire essere veramente come ci vuole nostro Signore Gesù Cristo.
L’unità della fede a volte rimane una cosa molto astratta. L’unità della carità è già qualche cosa di più evidente e si esprime: in comprensione vicendevole, in rispetto, in quel mutuo aiuto che ci dobbiamo prestare, fatto di fiducia perché: non siamo noi che lavoriamo, ma è nostro Signore Gesù Cristo che lavora non soltanto con noi ma in noi, e sapendo che nostro Signore Gesù Cristo ha vinto il mondo.
Gesù Cristo ha vinto il mondo non come i vincitori di questo mondo che lo distruggono, ma edificandolo nell’unità dell’amore. E’ lui il grande edificatore della chiesa. E’ lui il grande edificatore della salvezza.
OM 303 Laici 70 – Seminario 28-5-70, per i laici guidati da don Giovanni Volta