Tema richiesto dalla parorcchia di Ceresara Venerdì 8 maggio 1970 ore 21
Mons. Carlo Ferrari
Il sacerdote si pone nella linea della continuità dell’azione di salvezza di nostro Signore Gesù Cristo
per renderci capaci di diventare:
un popolo profetico,
un popolo sacerdotale,
un popolo regale
Oggi ci vediamo faccia a faccia, ma io tante volte ho sentito parlare di Ceresara, dei suoi abitanti. Direte: ne ha sentito parlare bene o ne ha sentito parlare male? Una curiosità legittima.
Ne ho sentito parlare bene, fin troppo bene, per cui, fin tanto che si tratta di comunità che hanno delle carenze alle quali proporre dei rimedi o altro è anche facile parlare, mentre quando si tratta di comunità che hanno un certo tono o un certo livello, allora diventa più difficile parlare.
Anche voi avrete sentito qualche cosa sul Vescovo e avrete sentito dire che, quello spazio di tempo che vi aveva chiesto a principio, per poter diventare mantovano gli ha già concesso sufficientemente di acquistare i pregi dei mantovani i quali hanno una facilità di parola piuttosto abbondante.Non mi mancano le parole e non sono neppure preoccupato delle parole. Sono invece molto preoccupato che il mio incontro con voi segni un momento della nostra vita spirituale.
Per il Vescovo venire questa sera, qui, con voi a tenere una conversazione su un determinato argomento non è come per una persona qualsiasi. Molte persone, tantissime persone, lo stesso argomento che io tratto stasera davanti a voi lo potrebbero trattare con maggiore competenza, con maggiore profondità e con maggiore chiarezza.
Ho detto che il nostro incontro di stasera, è un avvenimento della nostra vita spirituale.
Io sono il vostro Vescovo, voi siete delle persone che nei vostri rapporti con Dio siete tutte a mio carico. Lo voglia o non lo voglia, siete a mio carico; lo vogliate o non lo vogliate, siete a mio carico. C’è una specie di delegazione che è affidata al parroco ma, il responsabile primo davanti a Dio è il Vescovo. Il Vescovo, venendo qui a parlare, veramente si incontra con voi.
Si incontra con ognuno di voi nel nome di Dio, nel nome di nostro Signore Gesù Cristo.E, quando si si parla nel nome di Dio, nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, non si esegue solo un comando. Per parte mia, non è soltanto ubbidire ad un comando perché Iddio per mezzo del suo Figlio Gesù Cristo ha mandato nel mondo gli apostoli perché continuassero la sua missione.
Parlare nel nome di Dio vuol dire stabilire una comunicazione tra noi, nella quale è presente ed è attivo Iddio, nella quale è presente ed è attivo nostro Signore Gesù Cristo, nella quale è presente ed è attivo Colui che Gesù Cristo ha mandato nel nome del Padre su questa terra perché continuasse la missione che egli aveva compiuto in obbedienza al suo amore per la volontà del Padre.
E’ una coincidenza ed è una bella coincidenza che noi compiamo questo nostro incontro il giorno in cui incomincia la novena allo Spirito Santo. Gli apostoli, i successori degli apostoli hanno a che fare con lo Spirito Santo, così come hanno a che fare con lo Spirito Santo tutti coloro che sono stati confermati nella loro fede dall’azione dello Spirito Santo.
E’ interessante una piccola espressione, – non so se voi la avete letta sul Lezionario – Io l’ho letta questa sera dicendo la Messa ai nostri seminaristi . Alla donna di Tiatira che ascolta S. Paolo a predicare, ad un certo punto Iddio apre il cuore perché intenda la parola che predica S. Paolo. Aprire il cuore per intendere la parola di Dio è l’opera dello Spirito Santo. Nostro Signore Gesù Cristo proprio nei vangeli che si leggono in queste domeniche e in questi giorni, dice che egli deve ritornare al Padre, perché possa venire lo Spirito Santo.
Capite, miei cari, che noi con questo incontro mettiamo in movimento la divina Persona della Santissima Trinità che stabilisce una comunione di vita tra noi, una comunione di pensiero tra noi, una comunione di sentimento tra noi e sollecita una comunione di propositi tra di noi?
Mettiamo in movimento le Divine Persone che, in un certo qual senso, si avvicendano a compiere l’unica opera della nostra salvezza e lo Spirito Santo ha particolarmente il compito di introdurci nella vita di nostro Signore Gesù Cristo, in quella vita che ha portato nostro Signore Gesù Cristo, nel significato della vita che ci ha portata nostro Signore Gesù Cristo, nel vivo dell’impegno della vita che ci ha portato nostro Signore Gesù Cristo. Perciò capite che il nostro non è un incontro qualsiasi. E’ un incontro che riguarda la sostanza stessa del nostro cristianesimo, del nostro vivere cristiano, della nostra vita cristiana.
Questa sera sono venuto per inserirmi in tutti i discorsi che si sono tenuti durante questo anno, per chiarire -per quanto possibile- un tema particolare, sempre con l’aiuto della grazia di nostro Signore Gesù Cristo e sempre per l’azione dello Spirito Santo che agisce attraverso la povera persona del Vescovo. Voi avrete sentito indubbiamente parlare:
del popolo di Dio che si raccoglie qui a Ceresara,
della comunità dei credenti che si raccolgono qui a Ceresara,
della famiglia dei figli di Dio che si raccolgono qui a Ceresara,
di quella porzione di Corpo mistico di nostro Signore Gesù Cristo che vive qui a Ceresara.
Ebbene:
in questo popolo di Dio che siete voi,
in questa famiglia dei figli di Dio che siete voi,
in queste membra del Corpo Mistico di nostro Signore Gesù Cristo che siete voi,
in questo tempio dello Spirito Santo che si edifica con pietre viventi che siete voi,
è presente nostro Signore Gesù Cristo con la sua azione di Salvatore, con la sua azione profetica, con la sua azione sacerdotale, con la sua azione regale.
Forse le avrete sentite queste tre espressioni, perché voi stessi tutti quanti, meglio, noi stessi tutti quanti, non a cominciare dal Vescovo ma il Vescovo con voi,
siamo tutti indistintamente membri del popolo di Dio,
siamo tutti indistintamente pietre vive del Tempio dello Spirito che si edifica qui,
siamo tutti indistintamente membra del Corpo di nostro Signore Gesù Cristo.
Tutte queste figure:
del popolo di Dio,
del Corpo Mistico di Cristo,
del tempio che si edifica nello Spirito,
della vite e dei tralci,
servono per illustrare la realtà che è la Chiesa.
Questa realtà: che è la Chiesa,
che è il popolo di Dio,
che é il corpo mistico di nostro Signore Gesù Cristo,
che é il tempio edificato con le pietre vive che siamo noi,
è una realtà dotata di compiti particolari.
Noi siamo un popolo profetico.
Voi tutti siete profeti. Tutti i battezzati, tutti quelli che sono confermati dallo Spirito Santo sono profeti nel senso vero.
Chi era il profeta? Il profeta era colui ascoltava la parola di Dio la accoglieva e poi la proferiva davanti ai suoi fratelli.
Non so se capita qui. Al mio paese quando uno ha la lingua lunga e vuole dire “la sua” su tutte le cose dicono:
quello lì é il profeta! Ma la dottrina cristiana non lo dice in questo senso. Inoltre abbiamo l’idea che il profeta sia colui che predice il futuro. Non è in questo senso.
Il profeta era e può essere uno che ascolta la Parola di Dio, la accoglie e la manifesta ai suoi fratelli.
Naturalmente prima di tutto la capisce lui e poi la dice agli altri.
E tutti i figli di Dio sono in questa condizione profetica di ascoltare la parola di Dio, di comprendere la parola di Dio e conseguentemente di comunicare agli altri ciò che hanno ascoltato. In questo senso noi siamo un popolo profetico.
Noi siamo un popolo sacerdotale.
Perché siamo un popolo sacerdotale?
Perché, notate bene, come nostro Signore Gesù Cristo ha offerto se stesso al Padre per amore della sua volontà, come Gesù Cristo in una espressione di amore estremo ha donato tutto se stessoper amore del Padre e per amore nostro, così ognuno di noi deve offrire se stesso in unione con nostro Signore Gesù Cristo per essere totalmente a disposizione del Padre che ci ama infinitamente e vuole compiere la sua volontà in noi.
Naturalmente se il Padre compie la sua volontà in noi, noi sacrifichiamo la nostra volontà alla sua. In questo senso noi siamo un popolo sacerdotale. E, siamo un popolo sacerdotale in proporzione di quanto offriamo non delle nostre cose ma di noi stessi a Dio, riconoscendo il suo amore, la sua paternità, la sua grandezza, la sua santità.
Noi siamo un popolo regale.
Adesso che i re sono scaduti, salta fuori il popolo regale. Ma certo! Nostro Signore Gesù Cristo è il Signore! Noi lo chiamiamo sempre: nostro Signore Gesù Cristo.
In quale senso è il Signore? Signore è colui che è Padrone nel senso di “dominatore”. Nostro Signore Gesù Cristo dopo aver offerto il sacrificio di se stesso al Padre, dal Padre è stato costituito Signore di tutto e Signore di tutti, dominatore di tutto e dominatore di tutti.
In quale senso la regalità di nostro Signore Gesù Cristo si traduce nelle nostre persone?
Diviene vera nelle nostre persone nel senso in cui è divenuta vera nella persona di nostro Signore Gesù Cristo.
Gesù Cristo è stato esaltato perché si è annientato. Allora la nostra regalità di cristiani, la nostra regalità di membri del popolo di Dio sta proprio nella capacità di sottoporre noi stessi, non di sottoporre gli altri, non di comandare agli altri ma di sottoporre noi stessi, di comandare a noi stessi, di comandare particolarmente al nostro egoismo, di comandare alle tendenze nostre, di comandare a tutto ciò che impedisce in noi l’amore per gli altri. Cosicché, la nostra signoria sugli altri deve essere, come quella di nostro Signore Gesù Cristo, una signoria di amore.
Ecco, deve essere una signoria di amore.
Un padre è superiore ai figli in quanto ama i figli, non perché è più “vecchio” dei figli. Una madre è superiore ai figli, non perché è più vecchia, ma perchè vuole bene ai figli.
Ecco la signoria è dominio su noi stessi per mezzo del sacrificio di noi stessi.
Signoria è il dominio sugli altri per mezzo dell’amore.
Ma, adesso diciamo un po’ francamente: è una cosa facile essere profeti nel senso in cui noi lo dobbiamo intendere, nel senso che ci fa profeti nostro Signore Gesù Cristo, cioè ascoltatori della Parola e trasmettitori del la Parola?
E’ una cosa semplice compiere in noi stessi il sacrificio totale del nostro io, cioè il sacrificio del nostro egoismo per unirci al sacrificio totale di nostro Signore Gesù Cristo?
E’ una cosa semplice esercitare una signoria completa su di noi, per mezzo dell’abnegazione e una signoria perfetta sugli altri per mezzo della donazione di noi stessi verso gli altri?
Non è facile. Non è facile!
Facciamo un piccolo esame di coscienza e chiediamoci: Quanta parola di Dio ascolto io? – Ho dentro me stesso la Parola di Dio? – Quanta parola di Dio porto nei miei pensieri? – Quanta parola di Dio manifesto agli altri che mi vedono e non solo a quelli che mi ascoltano?
Ci potrebbe essere tra di voi qualcheduno che fa il catechismo e allora ripete le parole di Dio ma le ripete con la sua persona, le ripete con la sua vita, le ripete con le sue azioni? Perché ci vuol poco a ripetere le cose di Dio con la lingua. Ripetere le cose di Dio, invece, con la totalità della propria esistenza è cosa difficile.
Quanto c’è di sacerdozio veramente esercitato nella nostra vita, nella nostra persona?
Gesù Cristo ha detto: se qualcheduno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
Se c’è una cosa difficile è quella di portare la propria croce.
No?!
Ci sono delle mogli che dicono: io ho una croce di marito!.. Ci sono anche dei mariti che dicono: io ho una croce di moglie!.. Però, i mariti non si vogliono disfare della croce delle loro mogli e le loro mogli non vogliono disfarsi della piccola croce dei loro mariti. Questo si dice per dire. Comunque non è semplice, non è facile portare la croce, non é facile esercitare questo sacerdozio di cui siamo investiti.
Gesù Cristo che è venuto per costituire questo popolo profetico, sacerdotale e regale, ha provveduto i mezzi.
Cosa ha fatto Gesù Cristo prima di salire al cielo?
Ha preso i dodici che aveva già scelti da tempo e li aveva portati con sè – non c’erano ancora i seminari allora, quindi non c’era neppure la contestazione- , li aveva educati i e aveva detto a loro: Andate in tutto il mondo, predicate a tutte le creature battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e insegnando loro quello che vi ho insegnato io.
Gli Apostoli si sono preoccupati, a mano a mano che le comunità si moltiplicavano, di assicurare questo ministero cioè, questo servizio voluto da nostro Signore Gesù Cristo perché il suo Vangelo, la sua Parola, fosse sempre annunziata, fosse sempre nella condizione di essere ascoltate e portata in mezzo all’esistenza umana.
Gli apostoli si sono preoccupati, a mano a mano che si moltiplicavano le comunità, di assicurare il ministero della grazia cioè, che ci fossero:
coloro che battezzano nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, coloro che impongono le mani nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, coloro che presiedono la celebrazione dell’eucaristia.
Gli apostoli si sono preoccupati di assicurare a tutte le comunità delle persone che fossero le guide che fossero al servizio di nostro Signore Gesù Cristo, Capo della sua Chiesa. Qui si aprirebbe un discorso importante, ma per questa volta cerchiamo di mantenerci nei limiti delle linee a cui ho accennato.
Gesù Cristo si è preoccupato che fosse possibile l’ascolto della Parola di Dio. Questa è una cosa da intendersi molto bene.
Io, questa sera, ho celebrato la Messa in seminario. Ho predicato a quei “birbanti” che studiano teologia e che sono prossimi al sacerdozio. Ho annunziato la Parola di Dio e loro hanno ascoltato la parola di Dio. Fermiamoci su questa espressione: l’ascolto della Parola di Dio.
Gesù Cristo, non ha detto ai suoi apostoli di prendere in mano un quaderno e di scrivere ciò che egli aveva predicato. Li ha mandati nei mondo a ripetere le parole che aveva detto lui e poi ha assicurato: “Scenderà su di voi lo Spirito Santo che vi ricorderà tutto quello che io vi ho detto” , ve lo suggerirà di dentro, vi introdurrà in tutta la verità delle cose che vi ho detto.
Gesù si preoccupa non che ci siano dei fogli che contengano le sue parole, ma che ci sia il ministero, cioè un servizio compiuto in suo nome, perché il Vangelo sia annunziato fino alla fine dei tempi e fino alle estremità della terra.
Che cosa vuol dire annunciare il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo nel suo nome? Vuol dire annunciarlo con la sua grazia.
Miei cari, io vorrei che mi intendeste. Altra cosa è prendere in mano la Sacra Scrittura e leggerla, altra cosa è l’ascolto della stessa Parola di Dio attraverso il ministero del sacerdote. Si può prendere la Sacra Scrittura, il Vangelo, leggerlo e meditarlo. E’ una buona cosa, è un’ottima cosa, ma Gesù Cristo non si è preoccupato di questo. Non è che nostro Signore Gesù Cristo non accompagna gli sforzi di uno che si applica a meditare il suo Vangelo. No. Ma, la pienezza della grazia, la pienezza dell’ aiuto per intendere la Parola di nostro Signore Gesù Cristo è nel ministero del sacerdote.
Ripeto: ci possono essere altri mezzi per conoscere la Parola di Dio, ma il mezzo autentico, il mezzo sicuro, il mezzo più efficace, il mezzo più fruttuoso è il ministero sacerdotale.
Il mezzo insostituibile che collega l’ultimo che parla – l’ultimo che parla in questo momento sono io – con il primo che ha parlato ed è nostro Signore Gesù Cristo, é la grazia del ministero.
Quindi è per una grazia! non per la mia intelligenza, non per la mia eloquenza, non per un altro fatto, ma per la grazia che è la stessa grazia che Gesù Cristo ha dato agli Apostoli.
Non è una grazia diversa. Potrà avere altre modalità, ma è la stessa grazia, – per l’azione dell’unico Spirito di Dio – che ha animato nostro Signore Gesù Cristo in persona, che ha animato gli Apostoli e voglio sperare che anima me, questa sera, come anima voi
Come anima anche voi perché, non c’è soltanto la grazia comunicata a colui che esercita il ministero, ma c’è una grazia comunicata a coloro che si servono del ministero, quindi a coloro che ascoltano il ministro di nostro Signore Gesù Cristo nell’esercizio di questa funzione ministeriale di servizio per il popolo profetico, perché il popolo di Dio abbia a crescere come popolo profetico.
Nostro Signore Gesù Cristo con una frase compendiosa, ha detto: “andate, battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Qualcheduno di voi mi può dire: ma chiunque può battezzare. Sì ma, Gesù Cristo dicendo battezzate voleva dire santificate.
C’è un’azione santificatrice che è legata all’ordine sacro. Che è legata al ministero. Dove l’azione santificatrice, dove il servizio della santificazione, dove il ministero sacro raggiunge il più alto vertice è nel momento della celebrazione eucaristica.
Tutto il popolo di Dio è un popolo sacerdotale che sta davanti al Padre per lodarlo, come i figli lodano il proprio padre.
Tutti stanno intorno all’altare per offrire il sacrificio di Gesù Cristo che si rende presente in mezzo a coloro che credono, ma la sua presenza sacramentale, quella che fa del pane il corpo di Cristo e del vino il sangue di Cristo, è garantita da coloro che ricevono il potere e il comando ” fate questo in memoria di me”.
Chi sostituisce il sacerdote in questo momento della celebrazione, nella quale Gesù Cristo si è impegnato con la sua parola a fare sì che avvenga ciò che è accaduto quando egli ha preso il pane e ha detto: “Questo è il mio corpo” e ha preso il vino e ha detto: “Questo è il mio sangue?
Qui c’è veramente una personificazione di nostro Signore Gesù Cristo nell’umiltà, nella povertà, nella scarsità della perfezione, nella pienezza dei difetti di una persona che è un vostro fratello ma che è assunto, in quel momento, ad agire nella persona stessa di nostro Signore Gesù Cristo.
Guai alla comunità che fosse privata di questo mezzo!
Come possono essere possibili i nostri sacrifici cioè l’esercizio del nostro sacerdozio: di offrire noi stessi, di rinnegare noi stessi, di amare gli altri più di quanto noi amiamo noi stessi, di amare gli altri come Gesù Cristo ha amato dando se stesso per noi?
Come è possibile questo, senza il sostegno della grazia che ci viene dall’Eucaristia, e come possiamo avere l’Eucaristia, senza il ministero del sacerdote? Qui è proprio tutto chiuso se manca il ministero dell’Eucaristia. Capite?
Poi noi, come membri del popolo di Dio, dobbiamo camminare per le vie del Signore. E’ facile, davanti a tutte le vie che si aprono alle nostre possibilità, scegliere sempre con sicurezza le vie del Signore?
In tutti gli istanti la nostra mente, la nostra coscienza, l’intimo della nostra persona è chiamata a fare una scelta. Noi siamo continuamente chiamati a fare delle scelte tra un’ azione e un’altra azione, tra un pensiero e un altro pensiero, tra un sentimento e un altro sentimento, tra una persona e un’altra persona, tra un fatto e un altro fatto. Continuamente.
Siamo sicuri di agire secondo la volontà di Dio?
Siamo sicuri di essere nel vivo della preghiera che magari facciamo tutti i giorni: ” sia fatta la tua volontà come in cielo, così in terra”?
Siamo sicuri di fare la volontà di Dio quando pensiamo in un determinato modo, quando giudichiamo in un determinato modo, quando scegliamo in un determinato modo,? Ci vuole chi ci guida, sempre, nel nome di nostro Signore Gesù Cristo.
Non nel nome delle proprie vedute! del proprio umore! della propria scienza o competenza o esperienza, ma nel nome di nostro Signore Gesù Cristo. Chi ha questa grazia?
Soprattutto nel passato, si è guardato alle autorità come a coloro che hanno il potere di comandare e perciò di decidere, di fare leggi secondo le quali la condotta o civile o religiosa o morale è buona o cattiva. Così si è guardato il Vescovo che guida una diocesi, il parroco che guida una parrocchia. Ma, guidare non è comandare! Guidare non é comandare nel senso giuridico, nel senso legale, ma è mettere a disposizione dei propri fratelli una grazia, insita nel sacerdozio, che ci configura a Cristo Buon Pastore, il quale conduce le pecorelle verso i pascoli salutari e semmai lascia le 99 al sicuro e va a cercare quella perduta.
La guida sicura sta: nel carattere sacramentale, che contraddistingue i ministri di nostro Signore Gesù Cristo, sta nel ministero di coloro che si sono messi al servizio di nostro Signore Gesù Cristo sta in coloro che cercano di riprodurre in se stessi la realtà sacramentale di Cristo buon Pastore e ci fanno camminare dietro a Gesù Cristo e quindi nella luce. “Chi segue me non cammina nelle tenebre” ma cammina nella luce
Ognuno di noi ha la sua esperienza spirituale. Quante volte vi sarà capitato di andare a cercare il consiglio, il parere, l’indicazione, il sostegno del sacerdote specialmente nell’esercizio della sua giurisdizione, che avviene in particolare nel momento in cui noi apriamo la coscienza all’azione santificatrice dello Spirito Santo nel tribunale della Penitenza. Noi lo abbiamo definito così, ma lo chiamerei il tribunale della coscienza dove si formano le coscienze, dove si illuminano le coscienze, dove si sostengono le coscienze.
Guardate che insisto: dove si sostengono le coscienze perché quando io mi vado a confessare, non vado soltanto per cancellare i miei peccati, ma vado soprattutto per avere una forza nuova che mi dia la possibilità di camminare bene.
Tante volte si è paragonato il Sacramento della Penitenza a un lavaggio. Adesso poi che ci sono tutti detersivi, i lavaggi sono più facili. No. No. No. Non si tratta né di “OMO” né di “DIXAN”. Si tratta del sangue di nostro Signore Gesù Cristo che è sorgente di vita, sorgente di forza, sorgente di energia per camminare dietro nostro Signore Gesù Cristo. Ecco dove si colloca il ministero del sacerdote.
Io non so se ho svolto quel tema che mi ero proposto venendo in mezzo a voi, di illuminare la realtà soprannaturale del sacerdote che si pone nella linea della continuità dell’azione di salvezza che vuole compiere nostro Signore Gesù Cristo, nei confronti di ciascheduno di noi, per renderci capaci di diventare un popolo profetico, un popolo sacerdotale e un popolo regale, cioè un popolo veramente cristiano che riceve da Cristo la luce del Vangelo, che riceve da Cristo i frutti del suo sacrificio e che sono: la sua vita soprannaturale, e le indicazioni sicure per camminare lungo le sue vie: le vie del Signore.
E Così sia.
OM 304 Ceresara 70 – Venerdì, 8-5-1970