Era la domenica 22 ottobre. Da tre giorni appena si conosceva il nome del nuovo Vescovo, e già si diceva che avremmo dovuto aspettare parecchio prima di vederlo: l’ingresso in diocesi non sarebbe avvenuto se non dopo un mese, forse due.
Nemmeno i più fantasiosi avevano pensato a lui, quando si scoprì che il sacerdote forestiero che poco prima aveva attraversato la cappella diretto in sacristia e ora celebrava la Messa per noi, in realtà era un vescovo, perché aveva detto: « La pace sia con voi ».
Toh!, pensarono i più, questo è un altro tiro del Rettore: invita un vescovo e non ci avverte neppure.
Ma all’omelia il celebrante incominciò: – Carissimi sono io. Voi siete i miei seminaristi.-
La sorpresa di vedere il nuovo vescovo, la preoccupazione di aver capito bene, la simpatia per quella visita in incognito così lontana da ogni tradizione, tutto un cumulo di sentimenti si accavallarono; e prevalente, forse, fu l’emozione di quel presentarsi così semplice, così evangelico.
Sono io: le parole stesse con cui Gesù si presentò ai suoi increduli discepoli. Del resto, nulla di più adatto: chi è il vescovo, se non colui che tiene in mezzo a noi il posto di Cristo?
Mons. Ferrari intanto continuava a parlare. Non tutti, sopraffatti da tanti sentimenti, riuscirono a captare le parole seguenti. Fortuna che sono state registrate.
— La mia emozione è più grande della vostra, per trovarmi qui, ma in particolare per trovarmi qui davanti ai miei seminaristi, con i miei seminaristi, in questo «Gesto» e durante questa «Azione» che così, quasi furtivamente, compiamo insieme.
Accennò poi, commosso, ai seminaristi di Monopoli che avrebbe lasciato. A noi venne in mente il suo predecessore che aveva dovuto lasciare noi ma la consolante presenza del pastore ci rendeva facile accettare la realtà delle cose: bisognava guardare al Vescovo, al di là della persona che di volta in volta lo incarna.
Dobbiamo andare dietro al Signore. Cari ragazzi, oggi andare dietro a Gesù è una cosa seria, è una cosa impegnativa più che in altri tempi, ma è anche una cosa più bella perché Gesù, possiamo dire, ai tempi nostri si rivela maggiormente al mondo. E questo mondo, che ogni giorno diventa sempre più meraviglioso, attraente, anche con le sue debolezze, ha un grande bisogno. Non sa di che cosa ha bisogno, ma ha un grande bisogno; e ha bisogno di Gesù.
Non disse molto di più. Poche parole, semplici, dal cuore, anche dopo la Messa, in un breve incontro a tu per tu. Parlava, per le labbra, la semplicità dell’abito privo di qualsiasi insegna pontificale (a parte l’anello che poi era quello del Concilio, piatto piatto e miserino, che si vede e non, si vede); parlavano gli occhi; parlava la sua stessa presenza in una tale occasione.
Ma fra chi si ama non occorrono molte parole- e noi sentivamo già di volergli — abbondantemente ricambiati— bene.
Chierico Roberto Brunelli
Stampa: “La Cittadella” 10 Dicembre 1967