Il fine primo delle intenzioni e l’ultimo nell’esecuzione é il regno di Dio presente nel mistero della Chiesa.
Lo strumento per edificare il regno di Dio che é la Chiesa, quindi noi che cerchiamo l’edificazione del regno di Dio in noi stesso e negli altri, dobbiamo essere preoccupati di edificare la Chiesa, cioè, dobbiamo essere preoccupati non soltanto di insegnare, ma a poco a poco, con un lavoro convinto, perseverante e fiducioso, formare la coscienza che noi siamo popolo di Dio.
Dobbiamo essere preoccupati di formare non semplicemente la coscienza morale ma la coscienza che possiamo chiaramente consapevolezza che noi siamo popolo di Dio, una consapevolezza radicale o radicata, molto abituale che diventi operante nella vita. Quindi, dobbiamo avere davanti a noi e presentare continuamente ai nostri fedeli il quadro nel quale é nato il popolo di Dio, dalla convocazione ai piedi del monte Sinai, alla convocazione di Gesù in croce, alla convocazione di Pentecoste.
Questo popolo di Dio i cui membri sono figli di Dio, devono avere la coscienza di essere dei figli di Dio. Noi per fare dei buoni cristiani proponiamo che siano persone che vivano in grazia di Dio, che compiano il loro dovere, che pratichino determinate virtù. Sì. C’è una certa corrispondenza nei santi Ma educare ad essere, – nella coscienza, nella convinzione, nella sensazione – figli di Dio, é tutta un’altra cosa.
E’ un’altra cosa avere la coscienza convinta d’essere figli di Dio e quindi: di sapere che in mezzo ai figli di Dio non c’è nessun complesso d’inferiorità, perché tutti godono della stessa dignità, perché tutti sono figli dello stesso Padre, perché tutti sono destinati agli stessi beni e all’unica eredità, perché tutti sono dotati della libertà dei figli di Dio!
La libertà dei figli di Dio é un’espressione molto abusata oggi. La libertà della Chiesa, la libertà del cristiano é frutto della liberazione che viene come conseguenza di un atto gratuito dell’amore infinito di Dio, che si esprime nel sangue di nostro Signore Gesù Cristo nel quale siamo stati liberati e trasferiti dal regno delle tenebre al regno dell’amore. Questa é la libertà. Questa è libertà che è liberazione da ogni sorta di schiavitù, soprattutto dalla schiavitù del nostro io, del nostro egocentrismo, del nostro egoismo. Questa è libertà dalle opinioni degli altri, soprattutto è la libertà dal giudizio del mondo perché “qui autem iudicat me Dominus est”
Tutti sono ugualmente dotati degli stessi doni. I doni della parola, della grazia, della carità sono ugualmente preparati tanto per il Papa come per l’ultimo dei cristiani che é stato battezzato. Tutti ne hanno ugualmente bisogno. Tutti sono vincolati ad un’unica legge, la legge dell’amore: amore per il Padre perché siamo figli, amore per i fratelli perché siamo figli dell’unico Padre.
Questo aspetto é da mettere in risalto, non perché sia il più importante ma perché é il più dimenticato. Tutti siamo responsabili dell’avvento del Regno di Dio, quindi la missione della Chiesa é la missione di ogni membro del popolo di Dio. Lo spirito missionario é lo spirito dei figli di Dio desiderosi di fare conoscere a tutti il loro Padre, così come fanno i bambini per i quali, la più bella cosa da mostrare ai compagni per suscitare la loro invidia é fare vedere come é grande, come é forte, come é bello il loro papà e di quali imprese é capace. Magari lo inventa!
Tutti sono destinati alla stessa eredità del Regno: “non habemus manentem civitatem sed futuram in…” La tensione o la visione escatologica deve essere presente nella coscienza di quelli che sanno di appartenere al popolo di Dio. Noi edificando questa coscienza, formando questa consapevolezza, radicando nella mente questa convinzione, aiutiamo noi stessi e gli altri, edifichiamo la Chiesa, aderiamo al piano di Dio, facciamo la sua volontà.
Edificare la Chiesa come corpo di Cristo.
Noi siamo figli nel Figlio. La paternità di Dio si esaurisce nella generazione eterna del Figlio e trabocca su di noi. Ci può essere una contraddizione tra i due termini: esaurire e traboccare. Siamo nel mistero. E’ certo che il Padre non ha “di più” da dare, da comunicare al Figlio eppure ha questo “di più” per noi: noi siamo figli nel Figlio. Lui é il primogenito quindi la nostra figliolanza è derivazione immediata da lui, dalla sua incarnazione. Il Figlio di Dio si fa uomo perché noi diventiamo figli di Dio.
Noi deriviamo dal mistero della sua redenzione, noi siamo consepolti nella sua morte e risorgiamo nella sua resurrezione quindi la condizione di figli di Dio è di attingere al Figlio e al mistero del Figlio, alla sua morte e risurrezione. Allora si deve sempre verificare questa dialettica degli opposti: la morte e la pienezza della vita nuova, la morte e la risurrezione. Risorgiamo nella misura in cui moriamo. Se il grano di frumento caduto in terra non muore rimane sterile. Per risorgere dobbiamo morire.
La risurrezione, il vivere la vita di Cristo é l’impegno dei figli di Dio: vivono dal Figlio di Dio, vivono da figli di Dio; quindi la comunione col Cristo, la comunione con tutti i misteri di Cristo, in particolare la comunione alla sua Pasqua che avviene nel banchetto eucaristico.
Ma, così incorporati a Cristo noi siamo membra ben distinte nel suo Corpo. Non siamo inglobati in un modo anonimo. Ognuno é al suo posto, ognuno ha la sua funzione, ognuno ha il suo compito. C’è stato e c’è ancora una assunzione “in toto” di tutti i compiti nel Corpo di Cristo, da parte nostra. Dobbiamo sostituire non cedere quello che non é nostro. Naturalmente per restituire i compiti bisogna che colui che li raccoglie sia capace di svolgerli. Questo é un altro punto dove il nostro ministero deve essere impegnato
per preparare le membra del corpo di Cristo a stare al loro posto e a svolgere il loro compito.
Discernimento dei doni e dei carismi perché siano valorizzati.
Ogni dono, ogni grazia, ogni carisma è un talento e noi sappiamo come il padrone, che distribuisce i talenti, sia un esigente. Non solo bisogna custodirli ma bisogna farli trafficare. E’ gettato fuori chi il suo talento lo custodisce soltanto. Non basta conservare la grazia di Dio come non basta conservare un talento. Bisogna viverla, farla fruttificare, altrimenti si é condannati.
Secondo il senso profetico, paradossale, di questa parabola, si può andare all’inferno con la grazia di Dio perché non la si é trafficata. Il nostro cristianesimo si arresta alla preoccupazione di fare vivere le persone in grazia di Dio. Non si vive una vita che non si muove. La vita é per sua natura, movimento ed espansione, crescita, fecondità, frutto.
Edificare la Chiesa come tempio vivo dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo é l’amore del Padre per il Figlio, é l’amore del Figlio per il Padre: é l’amore tra Persone, non é l’amore per se stesso. La Chiesa si edifica come tempio vivo nello Spirito Santo per la carità che esiste tra le pietre viventi. Il precetto del Signore “hec est praeceptum domini” dirà Giovanni che ripete ciò che é uscito dalla bocca di Gesù: questo é il mio comandamento, vi do un comandamento nuovo, in questo riconosceranno che siete miei discepoli, il precetto della carità.
Che non bestemmino, che non si ubriachino, che non commettano atti disdicevoli … non é possibile se non c’è l’amore, perché tutti i peccati sono contro l’amore. Ma l’amore é possibile in quanto é diffuso nei nostri cuori dallo Spirito Santo che ci é stato dato e noi dobbiamo pensare che dobbiamo edificare la Chiesa come unità dei credenti, come unità nella carità dei discepoli di nostro Signore Gesù Cristo, solo collaborando all’azione dello Spirito Santo, solo a condizione che lo Spirito Santo sia nelle condizioni di dare a ciascuno la certezza che é figlio di Dio, solo a condizione che lo Spirito Santo possa dire, Lui, a quelli che si lasciano condurre, che sono figli di Dio.
Parlando dello Spirito Santo di Gesù Cristo, viene in mente l’imitazione di Gesù Cristo. Lo Spirito Santo é il maestro della imitazione di Gesù Cristo, é il maestro efficace e potente ” emitte spiriutum et creabuntur” Stefano è pieno di forza e di Spirito Santo.
La parola viene annunziata nella forza dello Spirito Santo. La vita cristiana viene vissuta nella forza della potenza dello Spirito Santo il quale spinge verso la carità.
Come ho avuto occasione di dire altre volte, se volessimo fare un censimento, una inchiesta, un sondaggio per vedere qual é il livello della vita cristiana dei nostri fedeli, non dovremmo più, come nel passato, guardare il numero delle confessioni e delle comunioni. Confessioni e comunioni sono dei mezzi. Il frutto é l’amore vicendevole. Lo scandalo dei cristiani é lo scandalo delle loro divisioni, delle loro gelosie, delle loro invidie, del loro arrivismo col il quale schiacciano gli altri, non tengono conto degli altri, vanno contro gli interessi degli altri.
“Unum sint ut mundus credat”!
La credibilità della Chiesa é colta da questo segno. La grande meraviglia, il “colpo” che si può fare sugli altri é la constatazione che tra di noi ci vogliamo bene. Quanto é vero per tutti! Quanto é vero per noi sacerdoti. Allora quanto é vero che noi sacerdoti dobbiamo essere edificatori di unità, non solo in mezzo ai laici, non solo tra i fedeli che sono affidati alle nostre cure ma essere edificatori di carità in mezzo ai sacerdoti nell’ambito del Presbiterio.
Essere edificatori di carità significa smorzare tutto ciò che può creare contrasti, chiarire, chiarire, chiarire, non dare mai credito al sentito dire, andare da chi ha detto e se non c’è nessuno che ha detto, non é vero niente. Quanto male può fare una attribuzione per sentito dire! Quanta sfiducia!
Ecco allora l’ultima nostra parola davanti al Signore: cerchiamo di essere tutti edificatori dell’unità nella carità.
OM 338 sacerdoti 70 –
Montecastello 24 settembre 1970