La nostra conversione non é definitiva
Celebriamo la conversione di san Paolo. E’ un evento decisivo -si può dire- per la storia della chiesa ed é un evento “tipo” di tutta l’azione, che nostro Signore Gesù Cristo compie durante i tempi della chiesa.
La conversione di san Paolo. Sappiamo di chi é l’iniziativa. Non era Paolo che cercava nostro Signore Gesù Cristo. Paolo andava contro nostro Signore Gesù Cristo. Un giorno capirà il mistero di quelle parole “Paolo, perché mi perseguiti”. Gesù s’impone in tutta evidenza. Non sappiamo come. Si parla di un bagliore. Si parla di un accecamento. E’ certo un segno della presenza operante della persona di nostro Signore Gesù Cristo. Anzi, é la persona di Gesù che si impone a Paolo, lo soggioga, lo annienta, lo riduce all’impotenza in tutti i sensi, fino al bisogno di prepararsi per ricevere il battesimo che gli rimetta i peccati per poter vedere e quindi penetrare, nel raccoglimento e nella preghiera, il mistero di nostro Signore Gesù Cristo. Questo é il fatto.
Questo é un episodio che riguarda una persona, la persona di Paolo, ma é un episodio che riguarda tutte le persone predestinate da Dio ad entrare nel suo Regno. Tutte hanno bisogno di convertirsi, “convertitevi, fate penitenza, il Regno dei cieli é vicino, il regno dei cieli é in mezzo a voi”
E’ sempre lo stesso Gesù che ci viene incontro. Ad un certo punto s’impone con la potenza e il fascino della sua persona, ed é nella misura in cui Gesù s’incontra con noi e ci dà la grazia di scorgerlo e vederlo con gli occhi della fede, che incomincia la nostra conversione. E’ da questo punto. E’ da questo momento. Non siamo noi che andiamo alla ricerca di nostro Signore Gesù Cristo. E’ Gesù Cristo che viene incontro a noi.
La conversione di Paolo é incominciata sulle vie di Damasco ma, é continuata poi in tutti i giorni della sua vita. Noi sappiamo come ha bramato, pur essendo favorito di grazie straordinarie, di entrare nella conoscenza del mistero di nostro Signore Gesù Cristo e come si è impegnato durante tutta la sua vita, a conoscere questo mistero non soltanto per un’esperienza limitata alla sua persona ma attraverso l’esperienza dell’apostolato. Proprio attraverso questa attività, é certo che Paolo, ha conosciuto meglio nostro Signore Gesù Cristo.
Così é della nostra conversione che non può essere definitiva. E’ incominciata. A che punto sia non lo sappiamo. E’ certo che deve continuare. Siamo in una condizione di conversione continua per cercare il Signore, scoprire il Signore, conoscere il Signore.
Continuiamo la nostra preghiera liturgica, proprio attraverso l’esperienza dell’azione liturgica, attraverso il contatto con nostro Signore Gesù Cristo nel suo corpo e nel suo sangue sotto l’azione dello Spirito Santo, che unisce coloro che si nutrono del corpo di nostro Signore Gesù Cristo, e camminiamo verso la nostra continua conversione.
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26-1-71
La conversione si attua nella preghiera
Più scopriamo cose autentiche, le cose di Dio stesso che ha operato per mezzo di nostro Signore Gesù Cristo, più diventa impegnata la nostra esistenza. Quello che diciamo questa sera, quello che riprendiamo dalla parola che abbiamo celebrato, quello che continuiamo a celebrare perché entri più profondamente nel nostro spirito, nella nostra persona, fa eco a tutto ciò che abbiamo ascoltato nelle lezioni di questo giorno. “Ecco io vengo a fare la tua volontà”: è il sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo, il sacrificium laudis. Noi che dobbiamo essere lode della gloria di Dio col sacrificio di Gesù che celebriamo sacramentalmente per mezzo della nostra liturgia.
Sappiamo quanto importa, in questa celebrazione, che Gesù non vada da solo sul Calvario, o meglio, che il sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo in mezzo a noi, non ci trovi assenti, quanto importa che possa raccogliere il sacrificio dei discepoli che hanno rinunciato e rinunciano a se stessi, che hanno preso e prendono la propria croce e lo seguono. Ma per arrivare a questo traguardo di essere “sacrificium laudis” in unione con nostro Signore Gesù Cristo perché Gesù Cristo possa prolungare, attuare il suo sacrificio nelle nostre persone, ci vuole qualche cosa che lo preceda. Per arrivare ad unirci al sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo, che si immola con l’offerta del suo corpo una volta per sempre per fare la volontà del Padre, bisogna incontrarci con Lui. E’ indispensabile che Lui diventi una persona reale e concreta.
Pensate quale impressione deve fare a noi stessi, naturalmente, il salire l’altare per essere strumenti della presenza del sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo e non essere conformi a nostro Signore Gesù Cristo stesso! Questa conformità é data dall’incontro della sua persona con la nostra persona e non da un incontro qualsiasi, ma da un incontro in cui c’é la preminenza della sua presenza sulla nostra vita. Come può avvenire? Come avviene? Avviene realmente per ognuno di noi? Siamo preoccupati che questo avvenga seriamente e totalmente?
Ieri abbiamo celebrato l’incontro singolare di Cristo con Paolo di Tarso, che da quel momento è diventato l’apostolo delle genti. Siamo davanti alla trasformazione più radicale di una persona operata da un incontro con nostro Signore Gesù Cristo. San Paolo diventa veramente un innamorato di nostro Signore Gesù Cristo e giunge a proclamare la sua identificazione con nostro Signore Gesù Cristo. Sia pure, che sia stato gratificato di una grazia particolare, tuttavia la nostra vocazione si pone sulla linea della sua vocazione. Anche per noi c’é una grazia, proporzionata, che va al di là di quello che posiamo pensare e desiderare, ma quale tempo diamo a Gesù Cristo perché si imponga in noi, chiarisca la sua fisionomia in noi, ci introduca nella conoscenza del suo mistero? In parole più semplici ma che dobbiamo prendere con molta serietà: quale tempo noi diamo alla preghiera?
Abbiamo sentito che Gesù Cristo é presente in tanti modi e lo si può incontrare in tanti modi, ma c’é l’incontro della persona con la persona, c’é il “tu a tu” insostituibile, che é il momento della conoscenza dell’amore, che è come la conoscenza sponsale. Non dobbiamo avere paura di questo termine così familiare nella Scrittura. Conoscenza di innamorati. Questa conoscenza ha un valore per se stessa, che antecede a tutti gli altri valori. C’é una conoscenza che deriva dal condividere le condizioni, le preoccupazioni, i problemi, ma la conoscenza che si acquista nella preghiera é come un abbraccio personale, ha un valore per se stesso come nel matrimonio. Gli atti più profondi dell’amore non sono degli strumenti per andare d’accordo, per portare insieme i pesi della esistenza, ma sono un fine.
Nutrirsi dell’amore attraverso le espressioni dell’amore é una legge di vita, per coloro che vogliono congiungere la propria esistenza. Noi vogliamo congiungere la nostra esistenza con nostro Signore Gesù Cristo in modo totale perché il suo mistero diventi il mistero della nostra esistenza Per poter arrivare a questo punto é indispensabile che noi diamo un posto privilegiato alla preghiera, al tempo dell’incontro personale con nostro Signore Gesù Cristo.
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27-1-71
E realizza l’uomo spirituale
La nostra giornata nel momento della concelebrazione raggiunge il suo culmine e ci troviamo più direttamente, quasi soli, davanti ad una parola di Dio che con insistenza ci raggiunge per arricchire la nostra mente, ma anche per trasformarci. In noi ci sono le reazioni più spontanee, più naturali, dell’uomo. Qualcuno di voi insiste a chiamarlo l’uomo concreto. Sì, questi poveri uomini che siamo ognuno di noi, é l’uomo concreto. Le reazioni premono in vari modi che non sono nuovi. Sono reazioni di sempre da quando Dio ha compiuto le sue meraviglie in mezzo agli uomini, da quando Gesù Cristo ha fatto capire, attraverso la sua rivelazione, chi é e che cosa fa Dio per noi.
Un’espressione che, in questi giorni é rincorsa in mezzo a voi la troviamo scritta in un libro di almeno settanta anni fa, “La vita interiore” del cardinale Mercier. Vi si legge: “Queste cose sono tanto belle che si fa fatica a crederle” Se noi guardiamo ciò che é avvenuto nell’ambito della chiesa, dai tempi del cardinale Mercier, – che é stato uno dei primi a fare la pastorale fondata sulla teologia positiva e storica e biblica, insieme al suo grande amico Columba Marmion, – possiamo costatare quasi storicamente in questi nostri tempi che, quell’esclamazione è, in certo qual senso, giustificata dall’uomo che Paolo chiama uomo naturale, dall’uomo carnale non dall’uomo di fede. Perché?
Quello che Mercier diceva in quel libro, ormai non più d’attualità ma che avrebbe ancora il suo valore ai nostri giorni, perché quello che hanno intuito, espresso, annunziato, – pensate anche al cardinale Newman -, ai nostri tempi é diventato tutto vero, per lo meno tutto è accettato, tutto è ammesso e non per l’azione di questi uomini, ma per la fede di molti di questi uomini che veramente hanno creduto che ciò che compie Gesù Cristo é veramente meraviglioso e va al di sopra di tutto ciò che noi possiamo pensare o anche semplicemente immaginare o sperare, perché Gesù Cristo é veramente il salvatore degli uomini.
Nella lettera agli Ebrei avete ascoltato: “Con una sola oblazione egli ci ha santificato una volta per sempre” E, questa sua oblazione con la quale ci ha santificato é presente nella chiesa, é attiva in tante espressioni della vita della chiesa. E’ nella parola di Dio, é nell’azione sacramentale, é particolarmente nell’azione eucaristica che quest’oblazione é portata a contatto di ciascuno di noi perché possa diventare operante attraverso la risposta della nostra fede, che é già frutto di quest’oblazione.
Riconosciamo con semplicità, ammettiamo con lealtà che vivendo così come Dio ci ha creato, nella situazione di uomini di questo mondo, nella situazione particolare di uomini del nostro tempo, siamo molto lontani da queste realtà soprannaturali, eminentemente spirituali che agiscono nel profondo della nostra persona prima di riverberarsi anche in tutto il nostro essere, compreso quello corporeo. C’é tanta distanza! Ma noi la dobbiamo ricoprire proprio con la nostra fede, perché la ragione di essere della nostra vita di credenti e la ragione di essere del nostro ministero, sta tutta in questo: che Gesù Cristo sia il salvatore, che Gesù Cristo stesso operi la salvezza, che Gesù Cristo ci liberi dalle nostre paure e ci metta nella condizione di realizzare noi stessi, che Gesù Cristo metta i nostri fratelli nella possibilità di realizzare se stessi.
Evidentemente siamo dinnanzi ad un’azione misteriosa che non può cadere sotto le nostre statistiche, sotto i nostri rilievi come è accaduto per quegli esempi che si facevano poco fa in sala, e ci si domandava quando é che matura questa grazia di Dio, quando é che avviene la soluzione concreta del problema concreto per cui uno si tolga dallo stato di peccato. Avviene questo quando sarà l’ora di Dio, ma, se noi poniamo la condizione di metterci sotto l’influsso della salvezza di nostro Signore Gesù Cristo, se noi ci poniamo a contatto con nostro Signore Gesù Cristo, se noi ci rivolgiamo a Lui per implorare la salvezza di cui abbiamo bisogno. E’ solo per la sua grazia che noi siamo salvi. E’ solo per un suo intervento che ci può essere il bene dell’uomo. E’ solo per l’opera sua che l’uomo può essere uomo e può realizzare tutto se stesso secondo il piano di Dio.
Ma comprendiamo anche che, dobbiamo superare noi stessi, fare ogni sforzo, ogni giorno della nostra vita, per attuare un’autentica conversione da uomini naturali a uomini spirituali che sono davvero sotto l’azione dello Spirito Santo. Per questo bisogna operare nella nostra condotta, per difenderci dall’uomo naturale ed immergerci nell’ambiente in cui é possibile realizzare l’uomo spirituale. Lo Spirito Santo ci dia l’illuminazione per comprendere queste cose che non cadono sotto i sensi, ci dia il senso di sicurezza che queste cose sono vere, ci renda testimonianza “da dentro” del grande evento che, per il sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo noi siamo costituiti nuove creature, siamo costituiti figli di Dio.
Cerchiamo di continuare la nostra meditazione che é stata di tutto il giorno, su questi pensieri per concluderla positivamente ammettendo che le cose di Dio sono meravigliose. Per questo, da parte nostra, dovrebbe essere spontanea la lode per ciò che é Gesù Cristo, per ciò che Gesù Cristo compie in noi, ma con un’umile preghiera che troviamo nel vangelo: “Signore io penso di credere, ma tu aumenta la mia fede”.
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28-1-71
Realizza noi stessi attraverso la mortificazione
Noi abbiamo, fratelli, libertà di accesso nel santuario in virtù del sangue di Gesù per la via nuova ed evidente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè attraverso la sua carne.
Il santuario di Dio é Dio stesso. Il santuario di Dio è il luogo della sua presenza ma é soprattutto “Lui” presente.
E noi dobbiamo, nella nostra vita, realizzare noi stessi il suo disegno, come parola di risposta al suo disegno. Il disegno del Padre ha il suo compimento in Cristo, nel mistero di Cristo che diventa la nostra vita e nostra via per tornare al Padre. E Gesù Cristo ci ha indicato una via nuova, una via vivente, cioè, una vita nuova, una vita che si deve vivere, una vita che si deve realizzare nelle nostre persone. Questa via nuova e vivente Egli l’ha inaugurata per noi attraverso il velo della sua carne, proprio nella sua persona, nel suo sacrificio della croce.
Abbiamo ascoltato in questi giorni e particolarmente oggi che per realizzare noi stessi é necessario vivere in Gesù; e per vivere in Gesù é necessario ascoltare la sua parola e incontrarlo e viverlo nei santi sacramenti.
Abbiamo sentito che ascoltarlo nella sua parola e viverlo nei suoi sacramenti significa soprattutto lasciare che la sua parola compia la sua opera, lasciare che i santi sacramenti compiano l’opera di nostro Signore Gesù Cristo in noi.
Sappiamo che l’opera di Gesù Cristo in noi in questo caso é il suo sacrificio. Sappiamo che la parola di Cristo ci sacrifica.
Sappiamo che il sacramento ci associa in modo vitale alla sua morte per farci partecipi della sua risurrezione.
Questo non vuole essere un preambolo, é mettere “avanti” una Persona che deve diventare la nostra vita, e diventa la nostra vita in proporzione in cui partecipiamo al mistero della sua morte e della sua risurrezione.
Il mistero della sua morte è questo: “Se qualcuno vuole venire dietro di me prenda la sua croce, rinneghi se stesso e mi segua”
Tutto ciò che, il Signore ci ha fatto intendere in questi giorni, é una grazia di una tale portata, che ha bisogno di riflessione intensa, é un seme di tale ricchezza che ha bisogno di germogliare nei cuori in un’estensione di tempo molto lunga.
Noi dobbiamo interrogarci questa sera e non solo questa sera, soprattutto sul tema della mortificazione, dello spirito di sacrificio, del rinnegare noi stessi. “Se il grano di frumento cadendo in terra non muore, rimane sterile”.
Noi diciamo realizzare noi stessi. La legge attraverso cui realizziamo noi stessi è il rinnegare noi stessi. Sono parole dure e misteriose, ma non possiamo pretendere di appartenere a nostro Signore Gesù Cristo, non possiamo pretendere di parlare nel suo Nome se non autentichiamo noi stessi, attraverso questa morte sincera e quotidiana perché noi vogliamo diventare conformi a nostro Signore Gesù Cristo.
Ci sono tanti modi per attuare la nostra abnegazione, il rinnegamento di noi stessi ma deve essere una nostra scelta. Non é ancora il momento di prendere la croce. E’ il momento di rinnegare se stessi e il modo lo dobbiamo scegliere noi, perché ognuno deve rinnegare se stesso così come é. Come si trova lo sa soltanto lui, e solo lui può trovare il modo più efficace e il modo più serio. Un tempo c’era la pratica dei “fioretti”. Io non propongo “fioretti” se non sono intesi nella prospettiva di realizzare la nostra persona attraverso il rinnegamento di noi stessi che, per essere un atteggiamento di fondo, deve esprimersi negli atti corrispondenti.
Prima interroghiamoci su quanto c’é di abnegazione come ci é richiesta per essere seguaci di nostro Signore Gesù Cristo e poi prendiamo la nostra croce. La nostra croce siamo noi stessi con il nostro temperamento, con i nostri limiti, con le nostre sofferenze morali o fisiche o di altro genere.
La croce sono le persone. Sopportarci gli uni gli altri è portare il peso gli uni degli altri, é portare la croce. Costatate come idealizziamo la carità tra di noi. Quando si tratta di attuarla nella situazione concreta in cui ci troviamo diventa una cosa difficile, diventa una croce da portare per seguire nostro Signore Gesù Cristo.
Tra le persone metteteci anche il vescovo, ma guardate che il vescovo non é la vostra croce nelle vostre destinazioni o in altri momenti della vostra esistenza, il vescovo é la vostra croce nel momento che vi ha imposto le mani. Il vescovo é eminentemente un sacrificatore! Non so come esprimermi, ma io divento sempre più trepidante ogni volta che impongo le mani perché ne conosco le conseguenze. Sono le conseguenze che nascono e derivano da quell’atto. Per questo il vescovo é una croce. Poi, lo può essere in tanti altri modi!
Portare la croce nelle nostre situazioni. Questo non significa che si debbano accettare le situazioni passivamente così come sono. Se vogliamo cambiare la situazione nel senso della redenzione di nostro Signore Gesù Cristo dobbiamo adoperarci, dobbiamo fare tutto quello che dipende da noi. Se vogliamo scaricarci delle situazioni perché sono un peso, allora andiamo contro la legge della croce: la croce dell’esercizio del nostro ministero per quello che di fatica, di impegno e di sforzo comporta.
Stiamo attenti che, dobbiamo sempre essere contraddistinti dal fatto che stiamo portando la croce insieme a nostro Signore Gesù Cristo, anzi stiamo portando la croce di nostro Signore Gesù Cristo. Ricordiamo che la croce é stoltezza e follia, che la croce é quel mistero per cui il mondo ci respinge.
Vi voglio dire soltanto un pensiero. E’ naturalissimo che noi cerchiamo le simpatie e i consensi. Simpatie e consensi da parte di chi, come noi ha accettato di seguire, credo sia positivo, da parte degli altri, dobbiamo farci questa domanda: non sarà forse perché io minimizzo il mistero della croce che gli altri mi seguono? Sì, ci possono essere anche altri motivi per cui riusciamo simpatici e la gente ci accoglie volentieri, ma deve nascere il dubbio. Quando le cose vanno molto bene, quando la gente ci accoglie molto volentieri, quando tutti acconsentono, in noi deve nascere il sospetto: veramente cammino ancora dietro a nostro Signore Gesù Cristo portando la sua croce?
OM 365 Costa 71 – 25-26-27-28-Gennaio-71
Settimana con i giovani sacerdoti a Costa di Folgaria