nella misura in cui una comunità ha la coscienza d’essere chiesa
Mi ha colpito l’affermazione fatta dal padre, che non ricordo perfettamente ma che ho cercato di fissarla con questi termini: il problema missionario é valido nella misura in cui una comunità ha la coscienza d’essere chiesa.
Noi abbiamo ascoltato la sua conversazione. E’ un’esposizione singolare. Non é partita da principi dottrinali ma da una esperienza, da una “messa in luce molto buona” dei principi dottrinali che sottostanno, sostengono e giustificano questa esperienza certamente valida.
Noi siamo qui, di fronte ad un nostro impegno missionario che – ripeto- é valido nella misura in cui ogni nostra comunità acquista la coscienza d’essere chiesa. Solo se le nostre comunità, in concreto le parrocchie, acquisteranno la coscienza di essere chiesa e perciò di portare la responsabilità dei doni di cui sono favorite – fede, sacramenti, vita comunitaria – e acquisteranno la coscienza che questi doni hanno come prezzo non l’oro e l’argento, ma il sangue stesso di nostro Signore Gesù Cristo, e che ci vengono da Dio attraverso Gesù Cristo nello Spirito Santo, sentiranno necessariamente il bisogno d’essere missionarie:
missionari tra noi,
missionari nella propria chiesa parrocchia,
missionari nella chiesa,
missionari come cristiani perché la vita cristiana, a qualsiasi livello, porta con se la dimensione missionaria rispetto a tutto il mondo, rispetto a tutta la chiesa, rispetto a tutte le comunità ecclesiali.
Se é vero, come é vero, il mistero della unità della chiesa, se é vero com’e’ vero, il mistero del Cristo totale, se é vero, com’e’ vero, il mistero della universalità della salvezza, ognuno di noi deve sentirsi impegnato in questo mistero, ognuno di noi deve sentire la propria responsabilità missionaria. E’ necessario superare una certa mentalità per cui le missioni nella chiesa erano quel fenomeno per cui alcuni partivano e bisognava aiutarli, alcuni andavano al fronte e noi stavamo in retroguardia. Tutti dobbiamo stare al nostro posto in questo compito missionario.
Abbiamo detto che il compito missionario riguarda tutto il mondo. Perché faccio questa affermazione? Perché mi pare importante. Voi cercate di capirmi. Io cercherò d’essere chiaro, per quanto si può essere chiari in una giornata di nebbia come questa!
La nostra responsabilità é nei confronti di tutto il mondo e di tutte le chiese. Se poi il nostro impegno in concreto si limita ad una chiesa o ad un gruppo di chiese dell’America latina, questo non ci dispensa dall’essere aperti e impegnati rispetto a tutto il mondo. Non c’é soltanto l’America latina. C’é l’Africa. C’é l’Asia. Ci sono tutte le parti del mondo. Ogni comunità – come ha detto il padre- in quanto prende coscienza d’essere chiesa deve diventare missionaria rispetto alle altre comunità, a tutte le altre chiese e specialmente a quelle del terzo mondo e deve esprimersi in gesti concreti, che possono essere anche le persone che partono, ed é il gesto più concreto e più valido.
Può essere la preghiera se intendiamo cosa significa missione e salvezza portata da nostro Signore Gesù Cristo. Possono essere opere buone nel senso del sacrificio e dei sacrifici di quello che portiamo, di nostro, al compimento della passione di nostro Signore Gesù Cristo, l’unica che salva il mondo. Possono essere anche i gesti d’aiuto materiale e morale.
A questo proposito io ho intenzione di non monopolizzare niente e ho la disposizione di lasciare che lo Spirito agisca con libertà, ma mi dovete riconosce il dovere di capire, attraverso i segni esterni, dove agisce lo Spirito, in quale senso agisce lo Spirito e quindi il mio dovere di giudicare se c’é, veramente, lo spirito che fa unità, che fa collaborazione e, sul piano pratico, anche coordinamento, allora vi metto in guardia in questo senso.
C’é un ufficio missionario diocesano che non é come lo chiamate voi, “un ufficio di esenzione”. Deve essere tra l’altro un ufficio che coordina e, – non dico che controlla- che tiene conto e mi rende conto, per cui non mi é nascosto che in diocesi nascono dei “movimenti” che non soltanto da me ma anche dall’episcopato lombardo e da quello italiano, non sono approvati proprio per la ragione a cui ha fatto cenno il padre. Ci sono questi movimenti e delle aggregazioni ai quali, i vescovi che sono preposti alla chiesa in stato di missione e non il vescovo di Mantova, non possono fare niente ma che non servono ai fini di una pastorale di chiesa.
Io vorrei essere informato. Vorrei che prima di iniziare qualsiasi movimento di qualsiasi tipo – adesso siamo nel campo missionario – fossi informato. Il vescovo avrà il coraggio di dire “no” se é il caso. Ieri, in conferenza lombarda, ci é stato detto che é meglio arrossire dicendo di no al principio di qualche movimento, che impallidire davanti alle conseguenze che ne sono venute. Dunque, mi avete inteso? C’é un intelligentissimo che mi fa segno di non avere capito, ma ha inteso benissimo!
Non mi pare sia corretto anche un certo metodo di celebrare le giornate missionarie nelle parrocchie. Alcune parrocchie sono monopolizzate da determinati istituti religiosi. Credo sia molto valido il contributo di coloro che hanno esperienza missionaria, ma che in primo piano ci sia il motivo economico di portarsi via una parte o la maggior parte di ciò che i fedeli offrono in quell’occasione. Non so se sia giusto. Quindi vedete come è necessario un certo coordinamento proprio per giustizia verso tutte le chiese, altrimenti anche nelle chiese di missione ci sono quelle privilegiate e quelle abbandonate in conseguenza di questi fenomeni che da noi possono sembrare piccoli. Non so se ho reso il pensiero. Cercate di capirmi.
Poi pensiamo all’impegno che ci siamo presi nei confronti della diocesi di Viana. Là sono presenti don Lasagna e don Claudio. Qui sta per partire don Arnaldo. Lui freme per partire ma le barriere sono chiuse. Noi attendiamo e dobbiamo anche pregare perché ci sono delle motivazioni certamente non evangeliche, potrebbero impedirgli di partire prossimamente. Viana deve essere un impegno per tutta la diocesi.
E’ molto bello che sia l’impegno degli amici personali ma non deve limitarsi a loro. Deve essere un impegno sentito da tutti in un modo fattivo e concreto. Tanto più che, se aumenterà questa coscienza di chiesa e perciò la coscienza missionaria, poiché don Lasagna ritorna, non soltanto don Claudio e don Arnaldo domani saranno in Brasile o in qualsiasi altra missione. Altri sacerdoti potrebbero partire. Andiamo adagio, direte, e sono io il primo a dirlo, però dobbiamo fare un esame di coscienza, per vedere se l’interesse della nostra chiesa non sia quello di impoverirci un po’, per arricchirci attraverso quest’altra via.
Poi ci sono i laici che maturano, se non una vocazione missionaria, almeno una disponibilità in questo senso. Se questi partono, devono partire a nome nostro, come espressione della nostra chiesa e delle nostre comunità, e portano con loro anche un impegno finanziario a cui noi tutti dobbiamo fare fronte. Per orientarvi convenientemente, pensate a queste cose nelle vostre iniziative che renderete concrete specialmente durante la Quaresima e non soltanto. Su questo tema non aggiungo altro. Vi lascio alla libertà di rivolgere qualche domanda al padre presente, mentre vi prego di non allontanarvi, perché mi pare importante quello che devo ancora dirvi.
OM 382 Missioni 71 – Mercoledì 10-2-71 ore 9,30 Incontro con i sacerdoti