Diventiamo comprensivi
come Dio è comprensivo nei nostri confronti
Carissimi, rinnoviamo il nostro incontro annuale nel santuario dedicato a Maria santissima. Quest’anno il nostro incontro avviene durante la novena di Pentecoste. Il nostro ambiente costituito dal santuario e dalla liturgia, ci riporta al cenacolo, ci riporta ai discepoli di Gesù, che hanno ubbidito al suo ordine di stare insieme nella città santa. Noi qui siamo insieme nella città santa, perché santo è questo luogo nel quale si onora Dio onorando la madre del Figlio suo e siamo e qui in preghiera.
Noi questa sera siamo qui principalmente per pregare, cioè: per aprirci al Signore, alla sua volontà, alla sua grazia, per comprendere la sua parola, per comprendere, quindi, ciò che vuole fare in ciascheduno di noi e ciò che egli desidera che noi facciamo per lui. Celebrare la parola del Signore è la prima forma di preghiera, perché la preghiera cristiana non è tanto la parola degli uomini che sale a Dio quanto piuttosto la parola di Dio che discende verso gli uomini.
Noi abbiamo udito nel racconto degli atti degli apostoli, il commovente saluto di Paolo,che era tornato nell’Asia minore, nei paraggi di Efeso, dove aveva annunciato il vangelo di nostro Signore Gesù Cristo, dove aveva subito tante persecuzioni e aveva dato una grande testimonianza del suo amore per nostro Signore Gesù Cristo e per i fratelli. Paolo saluta questa comunità dicendo, “non vedrete più la mia faccia”. Tutti sono presi da profonda commozione, lo salutano e Paolo giustifica la sua partenza dicendo: “io sono innocente nei vostri confronti”. E’ questa una espressione del linguaggio biblico che ha un significato diverso da quello che è in uso presso di noi. Paolo vuole dire: io ho fatto tutto quello che potevo fare nei vostri confronti. Che cosa doveva fare Paolo nei confronti della cristianità che lasciava per sempre? Aveva predicato, come era suo dovere, il vangelo di nostro Signore Gesù Cristo.
E poi abbiamo ascoltato la preghiera di Gesù al Padre per i suoi discepoli. Noi troviamo due personalità, due preoccupazioni. La preoccupazione di Paolo è quella di un apostolo, di un inviato da nostro Signore Gesù Cristo ad annunciare interamente il disegno di Dio. L’altra preoccupazione la scorgiamo nel cuore stesso della persona di nostro Signore Gesù Cristo, quando ringrazia il Padre per aver avuto il modo di annunciare agli uomini il Padre stesso.
Nel cuore di Paolo e quello di nostro Signore Gesù Cristo c’è una sola preoccupazione di annunciare interamente il regno di Dio. Tanto nostro Signore Gesù Cristo come Paolo sono preoccupati di quelli che hanno creduto in loro. E’una preoccupazione che si manifesta in tutto il contesto dei racconti: di custodire quelli che hanno creduto, di custodirli nella fede, nella lotta, nella prova. Nostro Signore Gesù Cristo dice: io ritorno al Padre, ma “vi manderò un altro nel mio nome perché vi sostenga e sarà lo Spirito Santo. Questa sera non intendo parlarvi dello Spirito Santo. Intendo parlarvi di della preoccupazione di nostro Signore Gesù Cristo che scorgiamo anche nel cuore dell’apostolo Paolo.
Il credente, colui che riceve la parola di Dio non è abbandonato a se stesso con il peso della responsabilità della propria fede; il credente è certamente custodito da Dio. Dice esplicitamente Gesù, “Sono tuoi”; “tutto quello che è mio è tuo e tu me li hai dati e allora tu li devi custodire”. Il senso della custodia, della protezione nasce da Dio. Il cuore di Dio che conosce molto bene la creatura umana, che conosce bene noi con la nostra debolezza è preoccupato di garantirci: che Egli veglia su di noi, che Egli non ci abbandona, che Egli anche se si nasconde al nostro sguardo è sempre in mezzo a noi con la potenza del suo Spirito.
C’è un’altra espressione nella chiesa, di questo senso della protezione di Dio per i credenti, per tutte le sue creature. Quest’altra espressione è Maria santissima. Noi troviamo Maria, ai primordi della vita della chiesa, accanto agli apostoli. Quella di Maria é una funzione materna a riguardo degli apostoli e dei primi cristiani, funzione materna che significa difesa e protezione, e vuole dire che Egli veglia sulle proprie creature, che Egli pensa ininterrottamente alle proprie creature. Noi, nei confronti di Dio, nei confronti di Gesù Cristo, nei confronti di Maria Santissima e dall’apostolo Paolo, nei confronti della chiesa rappresentata nella celebrazione di questa sera, siamo al sicuro perché sopra di noi vegliano conducono i passi della nostra esistenza verso un porto di sicurezza, anche quando non comprendiamo dove va la nostra esistenza stessa.
Ma perché io vi richiamo questo elemento della nostra fede, che è allo stesso tempo, infinitamente divino ed estremamente umano? Ve lo richiamo con riferimento al vostro compito quotidiano, alla vostra missione di sanitari, di infermieri, di inservienti degli ammalati. Voi conoscete molto bene gli ammalati. Gli ammalati cercano da voi la guarigione e vengono da voi con fiducia per stare meglio. Quanta fiducia hanno in voi! Come cercano di leggere nel vostro atteggiamento quale sia la loro sorte, il loro vero stato di salute!
Vi vorrebbero sempre vicino, sempre disponibili per loro, diventando in un certo senso degli egoisti, ma è l’egoismo del tutto naturale del debole che si sente indifeso e che si rivolge alla persona buona,alla persona disponibile per trovare un sostegno. Pensate quanto è importante il vostro compito verso i vostri fratelli!
E’ un compito di conforto. L’animo umano ha immensamente bisogno di sentirsi sicuro, protetto, aiutato e quindi di sentirsi confortato. Noi a volte siamo molto distratti dalle nostre preoccupazioni, dai nostri pensieri e anche dai nostri doveri e, siamo troppo poco attenti ai nostri fratelli, che ci vogliono accanto, che ci vogliono per sé. Certo, siamo delle creature limitate, non possiamo moltiplicarci, per essere presenti dovunque e per essere per tutti, però nel nostro animo ci deve essere questa disponibilità che ci rende conformi a nostro Signore Gesù Cristo, conformi allo spirito di servizio della chiesa, che ci rende, conformi alla maternità di Maria santissima.
Ecco, noi davanti alla parola del Signore che abbiamo celebrato insieme, abbiamo motivo di riflettere su ciò che è Dio, su ciò è Gesù Cristo, su ciò che è chiesa, su ciò che è la Madonna per noi e quello che noi siamo e dobbiamo essere per i nostri fratelli.
Mi pare che ci sia una sola conclusione. Dal momento che siamo creature come tutte le creature, dal momento che molte volte dobbiamo costatare di essere molto più deboli dei deboli che si rivolgono a noi, nella nostra debolezza riconosciuta e confessata rivolgiamoci, a Dio, perché ci sostenga con la potenza del suo Spirito che è dentro di noi e opera in noi, rivolgiamoci alla chiesa perché ci sostenga con la parola di Dio, con la sua grazia e con la sua carità, rivolgiamoci a Maria santissima perché ci sostenga con la sua intercessione materna,
perché diventiamo, giorno dopo giorno, maggiormente disponibili per il conforto dei nostri fratelli. Maggiormente disponibili.
Guardate che, chi soffre cerca indubbiamente ciò che può fare la scienza e tutti conosciamo ed apprezziamo sempre di più l’apporto delle scoperte scientifiche per il sollievo dell’umanità, ma non dimentichiamo che chi soffre cerca un amico, cerca una comprensione. Ricordiamo che l’ammalato ha bisogno di essere servito in tanti sensi ed esige questo servizio dell’amore che è comprensione, ed esige che quel servizio qualificato sia fatto come lo si fa ad una persona cara, ad un amico, ad uno di cui si comprendono i problemi. Diventiamo veramente comprensivi dei noi fratelli come Dio è infinitamente comprensivo nei nostri confronti.
OM 413 ospedalieri 71 – Grazie, 25 Maggio 1971