Duomo di Mantova festa di Sant’Anselmo protettore 1972
Mons. Carlo Ferrari
Carissimi, ora voi state davanti ad un’urna preziosa che custodisce i resti mortali di un vescovo della Chiesae state davanti ad un vescovo della chiesa, vivo, nella qualità della sua esistenza e nella qualità del suo ministero. Al di là, al di sopra, al di sotto di in ogni estensione, in ogni dimensione di quel vescovo e di questo vescovo c’é un Altro, sul quale si deve appuntare la nostra attenzione e la nostra fede.
Questo “Altro” è Dio, che da tutti i tempi della storia della salvezza è preoccupato di stabilire degli intermediari tra lui e il suo popolo, tra lui che é Padre e i suoi figlioli, perché questi figlioli abbiano a conoscere il loro Padre, perché questi figlioli abbiano continuamente a ricevere la vita dal loro Padre, perché questi figlioli abbiano a camminare sulle vie che conducono al loro Padre.
Questo è avvenuto per i profeti durante tutto l’Antico Testamento e avete ascoltato nella prima lettura il profeta Isaia che afferma: “Lo Spirito del Signore è sopra di me”. E avete ascoltato Paolo che dice a quelli di Corinto: “l’amore di Cristo c’incalza”, l’amore di Cristo ci investe, l’amore di Cristo agisce in ciascuno di noi. Avete udito dal vangelo di San Giovanni come Gesù Cristo è il compimento di tutto ciò che Iddio vuole fare per la nostra salvezza.
E per la nostra salvezza Dio vuole che noi sappiamo: che egli é nostro Padre, che noi siamo suoi figli, che conosciamo che riceviamo la vita da lui, che conosciamo le vie che conducono a Lui. Gesù Cristo dice: Io sono il buon Pastore io conosco le mie pecorelle e le conduco ai pascoli buoni”. Soprattutto Gesù dice:“dò la mia vita” per loro.
Notate il fatto singolare di Dio che offre al suo popolo, sempre, in tutti i tempi, la grazia dei suoi intermediari fino a mandare il Figlio suo sulla terra, perché: vedendo il Figlio vedessero anche il Padre, ascoltando il Figlio potessero ascoltare anche il Padre, seguendo il Figlio potessero seguire anche il Padre e accogliendo il Figlio, potessero nascere da figlio di Dio. Il Figlio che ha fatto questo per noi, continua a farlo tutti i giorni. E’ una grazia. E’ la sua grazia la celebrazione liturgica che noi facciamo quest’oggi in onore di Sant’Anselmo, che ci deve richiamare a questa realtà, a questo elemento della nostra vita di credenti, della nostra vita cristiana.
Nella chiesa c’è un ministero. Nella chiesa ci sono delle persone che per il dono dello Spirito Santo, per la imposizione delle mani, sono costituite – partecipando al sacerdozio di nostro Signore Gesù Cristo – per fare da ponte tra Dio e gli uomini.
Cercate un po’ di pensare, miei cari, a questa situazione nella quale si è trovato sant’Anselmo: di essere l’ambasciatore di Cristo, di essere il rappresentante di Gesù Cristo in mezzo al suo popolo, di essere maestro in nome di Gesù Cristo in mezzo al suo popolo quindi di avere il compito di rappresentare Dio, quindi di avere la coscienza che Dio, in un modo tanto umano nel mistero dell’Incarnazione di nostro Signore Gesù Cristo è stato piccolo come piccoli sono i bambini, è stato debole come deboli sono gli uomini, ha avuto fame e sete come tutti gli uomini, ha avuto paura della sofferenza come tutti gli uomini ha sofferto ed è morto per tutti gli uomini. Quindi ha partecipato in tutto, alla nostra condizione umana.
Allora, noi dobbiamo avere coscienza di essere rappresentanti di nostro Signore Gesù Cristo così: nella debolezza, nella limitatezza, nella povertà umana. Anzi, più grande é la povertà umana, tanto più evidente sarà la potenza della grazia del Signore, che elegge ciò che è debole e ciò che non vale per fare le sue opere meravigliose nell’ordine della salvezza. Chi è destinato a portare questa responsabilità, personalmente, deve non soltanto essere impegnato ma essere fedele a Dio. A chi rappresenta un altro si richiede soprattutto la fedeltà a quest’altro. E quest’Altro è Dio.
Essere fedeli a Dio. Questo si nota nella vita di sant’Anselmo sempre angustiato, tormentato, tentato di lasciare il suo posto di pastore, anche quando vuole esercitare il suo ministero. Ha sentito talmente la sua responsabilità, ha sentito talmente grande il peso del dovere di rappresentare Dio presso i suoi fratelli, che si è ritirato in un monastero, lontano dal mondo.
Miei cari oggi è altrettanto impegnativo, ed è altrettanto drammatico rappresentare gli uomini davanti a Dio. E’ sempre impegnativo sapere che non ci si inginocchia mai dinanzi a Dio per pregare, senza avere la responsabilità di tutta la chiesa e in particolare della chiesa che ad ogni vescovo viene affidata. E’ sempre drammatico sapere di stare all’altare e non celebrare semplicemente una liturgia, ma avere coscienza di portare con sé tutti i figli di Dio e tutti quei figlioli che personalmente gli sono stati affidati, per essere il Vescovo, il Pastore, per unirli a nostro Signore Gesù Cristo, per presentarli alla misericordia di Dio, perché vengano continuamente purificati.
Ricordate ciò che si legge nel libro di Giobbe? Egli sapeva che i suoi figlioli si radunavano, di tanto in tanto, per fare festa tutti insieme. Egli sentiva quindi il bisogno di offrire un sacrificio a Dio per loro “se avessero potuto offendere il Signore”. Un vescovo che è all’altare e pensa al suo popolo, pensa a tutte le manifestazioni della vita nelle quali il suo popolo vive, e sente urgente il bisogno di implorare la misericordia di Dio, perché tutti i suoi figli siano purificati, perché tutti suoi figli siano liberati dal peccato.
La Parola di Dio che abbiamo celebrato insieme, miei cari, mentre ci mette dinanzi alla figura di nostro Signore Gesù Cristo che da Buon pastore ha dato la vita per il suo gregge, ci chiama alla realtà che Gesù Cristo ha dato la vita, è morto in croce perché ci sono i nostri peccati. San Paolo dice di essere ambasciatore, da parte di Dio, per gridare forte nel suo nome: “Riconciliatevi con Dio”. Il profeta Isaia è investito dallo Spirito Santo per andare a predicare al popolo di Israele la santa liberazione dalla schiavitù, dalla prigionia, dalla miseria, conseguenze del peccato. Ecco il senso del ministero che ha esercitato sant’Anselmo nella chiesa. Ecco il senso del ministero del Vescovo nella chiesa.
Voi direte: oggi il Vescovo parla di se stesso invece di parlare di S. Anselmo. Io non ci sarei se non ci fosse stato sant’Anselmo, nel senso che, se nella chiesa ci fosse stata una interruzione della successione apostolica, non ci sarebbe più nessun vescovo, e Gesù Cristo non sarebbe giunto sino al nostro tempo, e non sarebbe giunto oggi alle nostre persone. Se Gesù Cristo giunge sino a noi, é perché c’è stato s. Anselmo, é perché ci sono stati e ci sono i vescovi che sono succeduti agli apostoli e anche s. Anselmo. Noi dobbiamo guardare ai nostri Pastori, ai nostri vescovi in questa loro responsabilità, in questo loro ministero.Oggi.
Siamo in tempo di Quaresima. Entriamo nel tempo di Passione. Celebriamo il sacrificio eucaristico. Gesù Cristo, buon Pastore dà la sua vita per noi, per la nostra salvezza, per la nostra riconciliazione con il Padre, per la nostra riconciliazione con i nostri fratelli. Questo avviene nella nostra celebrazione liturgica. Questo dovete chiedere al ministero del vescovo. Questo dovete chiedere al ministero di coloro che partecipano col Vescovo al ministero stesso di nostro Signore Gesù Cristo: che ci ha riconciliati con il Padre, che ha fatto cadere il muro che ci divideva vicendevolmente, che nel suo sangue ci ha fatti nuove creature: ci fa fatti dei figli il Dio.
Continuiamo questa celebrazione in onore di s. Anselmo, ma cerchiamo di capire ciò che facciamo: è Gesù in mezzo a noi. E’ il dono della salvezza che si attua. Ciò che si attua in mezzo a noi é la riconciliazione con Dio e fra noi stessi che deve avvenire in conseguenza di questa celebrazione. Anzi, è una concelebrazione perché, come vedete, i sacerdoti del Vicariato di S. Giuseppe – cioè della zona di Castellucchio – per una buona tradizione ormai instaurata, vogliono rappresentare tutta la diocesi e quindi pregare per tutta la diocesi e stare davanti a Dio con i loro fedeli: a pregare con tutta la diocesi ad intendere che s. Anselmo ci ricorda Gesù Cristo, ad intendere che s. Anselmo ci riporta a Iddio che, per mezzo di Gesù Cristo, vuole che noi siamo riconciliati nel nostro spirito, nella nostra coscienza, in tutte le espressioni della nostra vita, come suoi figlioli e con tutti gli uomini come nostri fratelli.
OM 577 S. Anselmo 72
Duomo di Mantova, 18 marzo 1972 festa di sant’Anselmo il protettore