Duomo, settimana di preghiera per l’unità delle chiese
Mons. Carlo Ferrari e Papa Giovanni XXIII e Mons. Bertazzoni vescovo di Potenza
Miei cari Avete ascoltato nell’introduzione di questa Messa il significato che vogliamo dare alla nostra celebrazione. Tutto il mondo, tutto le chiese pregano per l’unità della chiesa. Noi siamo qui per questo. Siamo qui per scoprire il valore e la funzione di colui che Gesù Cristo ha costituito al centro dell’unità della chiesa: il Papa.
Abbiamo udito parole singolari alle quali il nostro orecchio non è abituato. Il profeta dice di Dio: “Come un giovane sposa una vergine così ti sposerà il tuo creatore”;… “come gioisce lo sposo per la sposa così il tuo Dio gioirà per te”. Vedete miei cari come sempre siamo ricondotti al centro del mistero cristiano, che è l’amore di Dio per noi, e questo amore é misurato sull’esempio dell’amore di un fidanzato, di uno sposo, tanto questo é intenso, profondo, totale, unico e infinito. Ma questo amore di Dio per noi,che si esprime nei termini che abbiamo udito e che vuole raggiungere lo scopo di unificarci a Lui, deve prima di tutto trovarci uniti tra noi.
Abbiamo ripetuto “hai fatto nuove Signore tutte le cose”. Quale senso dobbiamo dare a queste parole? Si possono dare molti significati, ma il senso fondamentale è questo: noi siamo nuovi della novità operata in noi dall’amore di Dio attraverso Gesù Cristo, per mezzo dello Spirito Santo. Se ci vogliamo bene. Ecco la novità.
Le cose vecchie sono il peccato. Conseguentemente le cose vecchie sono le divisioni e tutte quelle azioni che ci mettono l’uno contro l’altro. Le cose nuove sono l’amore di Dio che opera in noi, che fa sì che non siamo più gli uni contro gli altri ma gli uni alla ricerca di accordo con gli altri. Dobbiamo fare l’unità! Questo lo dobbiamo fare individualmente, personalmente con tutti quelli che incontriamo sulla strada della nostra esistenza. Questo lo dobbiamo fare nella Chiesa, come chiesa, come comunità.
Noi diciamo: siamo cattolici, possediamo tutto, siamo la vera autentica chiesa di nostro Signore Gesù Cristo, gli altri si sono posti fuori della chiesa. Miei cari, sono affermazioni che possono farci prendere degli atteggiamenti molto sbagliati. Noi siamo l’oggetto dell’amore misericordioso di Dio e siamo nella Chiesa nella misura in cui siamo operatori di unità in questa chiesa: nella chiesa concreta che può essere la nostra casa, che può essere l’ambiente di lavoro, che può essere l’ambiente delle nostre conoscenze, che può essere l’ambiente di influenza della nostra azione.
Allora siamo nella Chiesa. E verso gli altri, dobbiamo prendere l’atteggiamento di chi va incontro, che è l’atteggiamento del nostro Dio, che é l’atteggiamento di nostro Signore Gesù Cristo espresso nella parabola del buon pastore. Che non cerca chi si trova al sicuro e vuole “fare entrare” !
Dobbiamo andare incontro con il desiderio dell’incontro, per fare una cosa sola con nostro Signore Gesù Cristo nell’amore del nostro Dio e nell’unità dell’unico Spirito, che opera in tutte le chiese, in tutti i credenti in nostro Signore Gesù Cristo distribuendo i diversi carismi, i diversi doni, le diverse grazie. Non sono prive di grazia le altre chiese. E’ soltanto necessario che sia riconosciuto l’unico Spirito e sia riconosciuto come, questo unico Spirito spinge verso un centro dove visibilmente è manifestata l’unità.
Nella chiesa locale, il segno dell’unità è il vescovo, ma il vescovo in comunione con tutti i vescovi del mondo e, tutti i vescovi del mondo intorno al vescovo che succede a Pietro: il Papa. Non perché in questi c’è una autorità, ma perché Gesù Cristo ha pregato per Pietro e per gli Apostoli e per tutti coloro che sarebbero succeduti a Pietro e per quelli che sarebbero succeduti agli Apostoli.
C’è Gesù Cristo! Come sono diligenti gli Evangelisti a mettere in evidenza le debolezze di Pietro, perché si abbia ad intendere che il compito che egli dovrà svolgere nella chiesa, non è un compito che deriva dalle sue capacità, dalle sue doti personali, dai suoi doni, ma: dal fatto che Gesù Cristo é con lui, dal fatto che Gesù Cristo si esprime attraverso la sua persona, dal fatto che Gesù Cristo per lui ha pregato e gli ha dato lo Spirito, indubbiamente nella proporzione del suo ministero, nella misura del suo incarico e quindi della sua responsabilità.
L’amore di Dio che opera in noi per mezzo dello Spirito, in umiltà ci fa convergere verso l’unità, che dobbiamo confrontare in colui che questa unità esprime nel nome di nostro Signore Gesù Cristo. Con fede, non con l’occhio della carne e del sangue! Come Pietro ha avuto la grazia di professare la divinità di nostro Signore Gesù Cristo, così noi dobbiamo avere la grazia di professare la presenza di Gesù nel suo vicario in terra.
Ecco allora: – un dovere di riconoscenza verso nostro Signore Gesù Cristo per questo dono, – un dovere di fede precisa di riconoscere questa singolare presenza unificante di Gesù Cristo nella chiesa attraverso il ministero del pontefice, – un dovere della preghiera per lui, – un dovere della Chiesa di pregare per tutte le chiese, perché riconoscano anche questo dono, che fa parte integrante della istituzione della Chiesa, strumento, mezzo, sacramento della salvezza per tutti gli uomini: di questi uomini che hanno bisogno di unità, di questi uomini che hanno bisogno di aprirsi all’amore, di questi uomini che hanno bisogno di scoprire che l’amore vale più della potenza, più della ricchezza, più del prestigio.
Continuiamo la celebrazione. Gesù sarà in messo a noi per il ministero della Chiesa e sarà esaltato ancora, nel sacrificio del corpo e del sangue suo, per attirarci tutti verso l’unità del Padre e dello Spirito Santo.
OM 506 Unità 73
Duomo per l’unità delle chiese.