giovedì della settimana santa – cena del Signore in sant’Andrea
Abbiamo udito una parola che attraversa tutta la storia della salvezza e ci raggiunge per impegnarci nel suo significato.
Iddio, al popolo di Israele che si accinge a liberare, dice: “Questo giorno sarà per voi un memoriale”. Paolo, riportando l’istituzione della eucaristia ripete ciò che dicono anche gli evangelisti: “Fate questo in memoria di me”.
Di mezzo c’é la nostra liberazione che per il popolo ebraico incomincia con la liberazione da una schiavitù civile e continuerà con la liberazione dai nemici esterni, ma la liberazione di Gesù é soprattutto dai nemici interni che si identificano con il peccato.
Là, come segno di questa liberazione, viene indicato da Dio l’uccisone di un agnello ed una cena particolare durante la quale si mangia questo agnello. Qui, è Gesù l’agnello che toglie il peccato dal mondo, che offre il suo corpo per una cena nuova, che offre il suo sangue per un segno nuovo della nuova liberazione . Noi riceviamo un ordine che é per tutto il popolo. E’ per i ministri della celebrazione liturgica, ma ha uno stesso ordine:
“Fate questo in memoria di me”;
“Questo giorno sarà per voi un memoriale”.
E noi siamo qui proprio per fare memoria dell’evento della nostra liberazione, che avviene attraverso il sangue di nostro Signore Gesù Cristo vivo, umano, divino, di cui quello dell’agnello era il simbolo. Iddio dice anche: “Quando sarete interrogati dai vostri figli sui motivi di questa celebrazione, ricorderete loro ciò che Dio ha compiuto per la vostra liberazione”.
E San Paolo rincalza dicendo: “Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice,annunciate la morte del Signore finché venga”.
Dunque,noi oggi siamo impegnati a fare memoria della nostra liberazione attraverso il sacrificio, il dono di se stesso di nostro Signore Gesù Cristo. Noi siamo chiamati ad annunciare questa liberazione a tutto il mondo. E’ il compito della chiesa, é il compito di ogni cristiano di “essere” memoria di nostro Signore Gesù Cristo che ci libera, è nostro compito vivere nella nostra persona la liberazione prefigurata, in antico, dal sangue dell’agnello e realizzata, al presente, dal sangue di nostro Signore Gesù Cristo. Vivere come persone liberate. Vivere come persone che, si lasciano liberare. Vivere come persone che credono nella liberazione ,che opera nostro Signore Gesù Cristo attraverso il mistero del dono di se stesso, celebrato sacramentalmente nella eucaristia e realizzato sulla croce come agnello che toglie i peccati dal mondo.
E’ questa la liberazione di cui abbiamo bisogno: – la liberazione radicale che raggiunge la profondità del nostro essere e ci mette nella condizione di essere liberi di essere operatori di libertà in mezzo al mondo. – La liberazione radicale per cui non siamo più schiavi del peccato,ossia non siamo più schiavi di noi stessi,delle nostre passioni,del nostro egoismo, ma godiamo della libertà dei figli di Dio, la libertà che ci viene donata da Dio attraverso il gesto liberatore compiuto da nostro Signore Gesù Cristo sull’alto della croce quando si mette totalmente nelle mani del Padre, si abbandona all’abisso della morte e alla desolazione dell’abbandono del Padre, per riconoscere che solo Dio ci può liberare.
Gesù ha voluto essere liberatore ed ha fatto l’esperienza della liberazione, infatti, il terzo giorno risorge.
Noi dobdiamo diventare memoriale di nostro Signore Gesù Cristo che muore in croce, che dona se stesso, che risorge.
Dice Gesù: “Questo é il mio corpo che é dato per voi”. Noi ci accostiamo per mangiare questo corpo, ma il significato di questo gesto vuole essere una coincidenza con le disposizioni di Gesù che ha offerto se stesso. La disposizione che deve essere in noi e, che deve essere operativa in noi, é quella di non guardare a noi stessi, ma di essere per gli altri. Gesù non cercò mai quello che piaceva a se stesso. Proponendosi la gioia e il gaudio della liberazione ha abbracciato la croce, ha sopportato. Così deve essere la nostra comunione con Gesù, così deve essere la nostra partecipazione al banchetto in cui ci nutriamo del corpo e del sangue di nostro Signore Gesù Cristo.
Questa partecipazione deve diventare operativa in noi: perché la viviamo, perché ci impegniamo a viverla, perché abbiamo fiducia di poterla vivere per la grazia che attingiamo a questo banchetto di vita. E lo dobbiamo annunciare al mondo.
La chiesa ha questo compito di evangelizzare nostro Signore Gesù Cristo, ma é poco, é niente evangelizzare a parole. E’ la chiesa nel suo insieme, in tutti i suoi membri, che deve essere testimonianza, ostensione visibile e sperimentabile dei frutti che provengono dalla mensa della Parola e del Corpo e del Sangue di nostro Signore Gesù Cristo cui ci accostiamo.
Comprendete, miei cari che siamo lontani da questa realtà, e per una certa abitudine, concepiamo la comunione come un fatto privato, individualista, intimista?.
Comprendete come, invece, la comunione impegna a non vivere per noi stessi , ma lasciare vivere in noi nostro Signore Gesù Cristo?
Comprendte come ci impegna ad annunziarlo in mezzo al mondo perchè nella nostra persona ci deve essere la caratteristica che ha qualificato nostro Signore Gesù Cristo: di essere l’uomo per gli altri?
Uomo per gli altri! Una espressione da intendersi molto bene!
E’ il Figlio dell’uomo che viene da parte di Dio,
che é Dio in persona,
che ha la vita di Dio da comunicarci,
che ha la comunione con Dio da parteciparci,
che ha una potenza incontenibile, tale da risuscitare dai morti,
che é la sola forza che può trasformare il mondo
che é la sola forza che può liberare il mondo
che é la sola forza che può dare senso al dono, che ognuno di noi fa, ai fratelli.
Ecco come siamo impegnati a fare memoria di nostro Signore Gesù Cristo e di annunziarlo fintanto che egli venga.
OM 630 Giovedì cena 76