don Marchesini sacerdote mantovano
e prefazione al suo diario
Carissimi tutti sacerdoti e sorelle che partecipate a questa liturgia, io intendo celebrare in una comunione affettuosa e fraterna con il Vescovo Mons. Carraro che volentieri sarebbe stato anche Lui qui, ma ne fu impedito. Il nostro don Gino certamente è qui in mezzo a noi, non tanto con le sue spoglie mortali, ma oso dire con tutto se stesso. Solitamente in una celebrazione liturgica non bisogna inserire parole umane, ma ci sono delle circostanze nelle quali è Dio stesso a rendere più evidente la sua Parola attraverso i segni e particolarmente attraverso l’evento. Se c’è una occasione nella quale questo è accaduto, mi pare proprio che siano gli ultimi tempi, gli ultimi anni, circa 4 anni e mezzo dell’esistenza di don Gino.
Si è verificato qualche cosa di singolare. Per me i fatti sono due e ci tengo a sottolinearlo qui, in questa celebrazione. Altri aspetti, con la grazia di Dio cercherò di sottolinearli domani alla presenza dei miei sacerdoti, del popolo di fede, delle popolazioni che lo attendono per dargli l’ultimo saluto.
I due fatti a cui mi riferisco: uno riguarda la persona di don Gino, l’altro riguarda questo Istituto delle Figlie di Gesù, questa casa. Direte :”In che senso?” E’ facile comprendere il senso del fatto che riguarda don Gino, come egli abbia talmente realizzato in se la partecipazione alla passione e alla morte di nostro Signore Gesù Cristo, e ci ha stupiti tutti e ci ha profondamente edificati al punto che mi pare diventi chiara la parola di S. Paolo il quale diceva: “Compio nel mio corpo ciò che manca alla passione di nostro Signore Gesù Cristo. La passione sofferente o la sofferenza di nostro Signore Gesù Cristo è stata, si può dire, di poche ore. La passione e la sofferenza di don Gino è stata di quell’estensione nel tempo, di quell’estensione nel suo povero organismo, di quell’estensione nella atrocità del dolore che veramente fa comprendere che nel corpo di Gesù Cristo non poteva avvenire tutto questo in poche ore.
E se la passione deve avere un compimento ci devono essere anche questi fatti. E don Gino l’ha compreso, non di una comprensione teologica, come divaghiamo noi, magari anche il Vescovo che ne parla, ma di una comprensione esistenziale, vitale: comprensione che si comprende, si valuta, di cui se ne pesa tutta la portata. Io ho avuto la grazia di incontrarlo in diverse circostanze, poche se volete ma significative sempre. E la penultima volta che l’ho incontrato era in una condizione di sofferenza, in un periodo di sofferenza tra le più atroci, e mi diceva: “assolutamente, io non ritornerei indietro, io non cambierei la mia condizione con qualsiasi altra condizione al mondo”
Vi accorgete di quale illuminazione fosse dotata l’anima di questo sacerdote, di quale fortezza lo spirito del suo battesimo lo sostenesse per arrivare a scegliere: “non la mia, ma la tua volontà sia fatta” E’ la parola decisiva, è la parola della scelta definitiva di nostro Signore Gesù Cristo. Don Gino ha avuto dinanzi a se la chiarezza di comprendere quale scelta faceva e l’ha fatta in piena coscienza, e l’ha fatta, possiamo dire, in piena libertà, non nel senso che lui potesse decidere diversamente, ma quella decisione che era decisione di Dio, lui l’ha abbracciata volentieri, fino in fondo. Ecco il primo fatto. Ma tutto questo avviene, io penso di interpretare le cose secondo il pensiero di Dio, in un istituto religioso, in una comunità religiosa che non è soltanto la Casa Madre, e penso che tutti i membri di questo istituto benedetto abbiano avvertito una presenza e abbiamo accolto don Gino come una suora accoglie un sacerdote.
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Cara madre e sorella di don Gino, si ricorda che una volta ella mi ha fatto un certo discorso (tra noi due). Che quel discorso abbia un senso e una realizzazione secondo i nostri piani non conta. Quello che noi abbiamo detto in quell’ora che, era condiviso da entrambi, è avvenuto. Le Figlie di Gesù hanno accolto don Gino e lo hanno accolto con tutto quello che portava di debolezza, di bisogno, di attenzione, di riguardo, di tenerezza, di amore, come non avrebbe avuto da nessuna parte. Io questo l’ho avvertito benissimo e non solo ve ne rendo testimonianza ma vi pregherei di considerare tutto questo che voi avete fatto, come una maturazione della vostra persona, una maturazione della vostra vocazione, una maturazione della grazia del vostro istituto.
Una maturazione della vostra persona perché voi siete donne e non potete essere destituite da quell’elemento essenziale che è la maternità, e la maternità ha bisogno di esprimersi proprio in atti di protezione, di delicatezza, di riguardo, di tenerezza: in atti materni. Se questo non è avvenuto materialmente per ciascheduna di voi, è avvenuto in mezzo a voi e credo che ve lo siate comunicate l’una l’altra e che questo e abbia realizzato voi stesse nel vostro essere più profondo.
Voi siete cristiane e la perfezione della vita religiosa consiste nella carità, ma in quella carità che costa, in quella carità che non rende niente, in quella carità disinteressata come è stata quella di nostro Signore Gesù Cristo. E voi vi siete dedicate, come vi siete dedicate per don Gino!
Permettete che io dica così, con semplicità, quello che penso: molte volte il mondo non vi accetta, ma non ha accettato neppure nostro Signore Gesù Cristo, quindi non meravigliatevi, ma qualche volta non vi accetta a ragion veduta perché non esprimete l’amore, non esprimete la carità di nostro Signore Gesù Cristo. Qui avete avuto un’occasione che io dico sempre particolare, di esprimere questa carità verso veramente il più piccolo, il più bisognoso, il più emarginato, diciamo tutte le parole che sono nel vocabolario di oggi, e lo avete fatto tanto bene, lo avete fatto volentieri.
Guardate che non vi faccio un elogio, vi dico che nostro Signore Gesù Cristo ha piantato in mezzo a voi la crocifissione e la morte, – la passione e la morte di don Gino – per aprire il vostro cuore alla carità e credo che nessun corso di esercizi, nessuna meditazione, nessuna celebrazione abbia inciso tanto nei vostri spiriti come ha inciso questo avvenimento che è accaduto in mezzo a voi. Voi siete religiose, cioè siete riferite a Dio per la consacrazione che vi fa del tutto e totalmente, incondizionatamente sue, che vi dà la grazia di cogliere Iddio nel suo Figliolo Gesù Cristo che si è fatto uomo e ha voluto rimanere in mezzo a noi, in tanti segni che noi possiamo vedere con gli occhi e toccare con le mani.
Ora voi tutto quello che avete fatto col vostro spirito materno, col vostro spirito cristiano, per Gesù vivente nel suo sacerdote, in Gesù vivente, che celebrava il mistero della sua pasqua. L’avete capito. Indubbiamente l’avete intuito e avete partecipato a questa messa. Avete partecipato a questa celebrazione con tutti gesti che avete compiuto nei riguardi della sua persona. Tutti, tutti, tutti i gesti che avete usato verso la sua persona. E non è stato semplicemente l’asciugagli il sudore o dargli il bicchiere d’acqua, ma anche tutto quello che era necessario per le condizioni in cui si trovava don Gino, con quella delicatezza e quel riguardo e quella libertà dei figli di Dio che erano necessari
Alle volte vi pare di partecipare molto alla celebrazione liturgica perché venite qui a leggere o portate le ampolline all’altare, ma ripeto ancora una volta: ognuno di quei gesti che avete compiuto nei confronti della persona, del corpo straziato del povero don Gino voi veramente avete celebrato, avete partecipato ad una celebrazione che indubbiamente continuerà in mezzo a Voi
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Noi adesso ripetiamo questa celebrazione ma nostro Signore Gesù Cristo che si farà tutto a tutti per ciascheduno di noi ci dia la grazia di comprendere i segni che compie in mezzo a noi per la nostra salvezza e per l’autenticità della nostra vocazione.
Verona, 3 marzo 1977
Casa Madre Figlie di Gesù, Via S. Cosimo, 3 Verona
OM 529 Marchesini 77 è l’originale dal registratore
manoscritto – note -pro memoria
prefazione per la pubblicazione degli scritti di don Gino Marchesini deceduto a Verona nel 1977
Presentare questi scritti é una semplice indicazione, quasi come una offerta di una cosa preziosa. L’apprezzamento sarà uno dei frutti della lettura.
Non si tratta di uno scritto organico: é una raccolta di scritti del tutto occasionale. Perciò sono come tanti spiragli aperti per cogliere un tratto di esistenza umana. Al centro c’é appunto il tratto di esistenza di don Gino Marchesini dal.. al… che ha vissuto da ammalato.
Ad un certo punto sa di dover morire; si rivolge totalmente dall’altra parte in attesa di vedere il Volto di Dio.
L’attesa é lunga, la sofferenza si é impiantata nel suo corpo e raggiunge dei momenti di intensità insopportabile, nonostante tutte le cure.
Appunto in questi momenti ha la grazia di affermare col sorriso negli occhi “io non cambierei la mia condizione, non tornerei indietro”.
La sicurezza della fedeltà di Dio, di approssimarsi alla visione del suo volto sono la sua forza e la fonte della sua inesplicabile gioia.
Poter scoprire, attraverso queste pagine, qualche indicazione dell’itinerario che don Marchesini ha percorso per arrivare al traguardo della gioia perché su quella croce, andava in Paradiso é per tutti, io credo, un grande dono.
Mantova, Marzo 1978.
Carlo Ferrari
OM 529 Marchesini sacerdote 77