Omelia al pontificale
Pasqua 1977 in Sant’ Andrea
Carissimi, siamo qui insieme. Questo é il primo atto religioso cristiano che noi compiamo e che corrisponde alla volontà del nostro Dio Creatore e Salvatore, che vuole fare di tutti i dispersi, separati, ostili, a volte indifferenti figli degli uomini, una sola ed unica famiglia di fratelli.E siamo qui per celebrare la Pasqua perché crediamo che Dio è il nostro Creatore e il nostro Salvatore.
Abbiamo la testimonianza che Dio sia il nostro Creatore in tutte le meraviglie dell’universo e del mondo, ma abbiamo la testimonianza più diretta, più chiara, più esplicita che Dio è il nostro Salvatore. E’ la testimonianza del Figlio di Dio, di colui il quale ha dimostrato di essere il Figlio di Dio, che ha potuto dire dinnanzi ai suoi avversari, a coloro che tentavano di toglierlo di mezzo: “Se non credete alle parole, credete ai fatti”. E i fatti che ha compiuto Gesù, nessuno al mondo, ne prima ne dopo, li ha mai compiuti.
E’ la testimonianza di coloro che sono stati con Gesù, hanno toccato con mano e hanno visto, con la capacità di discernere, ciò che Dio compie per salvare gli uomini. Questa è la testimonianza degli apostoli: poveri uomini – lo sapete – pescatori, illetterati, che non erano dei creduloni, dei fanatici seguaci di Gesù. Infatti alla sua morte sono diventati diffidenti, non volevano più credere ai loro occhi e quasi neppure alle loro mani che lo avevano toccato. Ma quando discende lo Spirito Santo sopra di loro, i loro occhi si aprono, capiscono chi è Gesù e sentono l’impulso di ubbidire al suo comando di andare nel mondo a predicare la grande novità. Non è un fatto soltanto di uomini. E’ un fatto di uomini disponibili a Dio che opera, che è presente, che illumina e dà forza per mezzo del suo Spirito. <br
E’ la continuità della testimonianza di Gesù.
La testimonianza apostolica è attuale dinnanzi a voi in questo momento, perché su di me, per la imposizione delle mani, c’è una grazia dello Spirito che congiunge il mio ministero al ministero degli apostoli, i quali testificano, come io testifico, il grande evento che costituisce il fulcro, l’essenza, il fatto centrale e decisivo della nostra fede. Il fatto di trovarci qui questa mattina è tanto decisivo che saremmo stolti a rimanere insieme se questo non fosse vero, se questo soprattutto non fosse vero per noi. La testimonianza apostolica l’avete udita già nella celebrazione della Parola. Io la ripeto dinnanzi a voi: “Noi siamo testimoni di tutte le cose compiute da Gesù nella Giudea e a Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo alla croce, ma Dio lo ha risuscitato il terzo giorno e volle che apparisse a persone da lui prescelte” (At 10,39-40). Tutto qui. Gesù è morto in croce, Gesù è risuscitato.
Gesù è veramente morto, di quella morte che sapete, preparata e in qualche modo prolungata nei particolari di tutta la sua passione fino alla solitudine e alla desolazione nel momento in cui, appeso in croce, emette l’ultimo respiro. Gesù é morto e c’é il sigillo anche ufficiale della sua morte: il soldato che gli squarcia il petto. Non c’é dubbio, é morto! E tutti sono sicuri che è morto e lo seppelliscono. Imbevuto di aromi è più certa la sua morte.
Ma allo spuntare del terzo giorno, Gesù risorge. Vince la morte perché non è soltanto un uomo, è Uomo-Dio, è il Figlio di Dio che è venuto per la nostra salvezza, per assaporare la nostra morte, tutta la nostra morte, tutto ciò che nella vita è morte, ma assicurarci che tutto ciò che nella vita è morte, Egli l’ ha vinto, lo ha superato sovrabbondantemente, trionfalmente come lo può soltanto la potenza di Dio. Potenza che così chiaramente si è manifestata in nostro Signore Gesù Cristo. E l’Apostolo, e io con l’Apostolo vi esorto dicendo: accogliete questo messaggio, fatelo vostro questo messaggio, rivivetelo questo messaggio, perché cristiani lo siamo se partecipiamo alla morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo.
Mi chiederete: come si fa? Lo sappiamo, ma dobbiamo ricordarlo e le celebrazioni della fede cristiana ci sono appositamente per ricordare il significato di ciò che avviene, di ciò che si fa e particolarmente ancora, ricordare il significato della pasqua, cioè della morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo.
Qui, di fronte all’altare ci sta una pila d’acqua: è l’acqua battesimale. Noi tutti siamo stati battezzati, ma battezzati nell’acqua e nelle parole che contengono la potenza dello Spirito. L’acqua è un simbolo. La potenza dello Spirito ha operato in noi. E quello è stato il momento, lo strumento, il mezzo per cui il contenuto della morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo è stato posto come un germe nell’intimo della nostra persona.
Questo è un fatto, – lasciatemi dire – fisico, reale, concreto: il germe della potenza della morte e della risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo è stato posto nell’intimo della nostra persona perché ci comunicasse, per tutto il corso della nostra esistenza, la forza di questo mistero, ci comunicasse la forza di partecipare alla morte e alla risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, per cui cristiani lo siamo, se rispondiamo al significato del nostro Battesimo, se facciamo fruttificare quel germe che è stato posto in noi.
Tutti i giorni noi moriamo con nostro Signore Gesù Cristo. Gesù aveva detto: – chi mi vuol seguire, rinneghi se stesso-. Lo sapete che cosa vuol dire morire a se stessi? Ecco che cosa vuol dire: partecipare, per quello che dipende da noi, alla morte di nostro Signore Gesù Cristo! Ci sono tante resistenze in noi, tante inclinazioni, tanti richiami che sono contrari alla dignità della nostra persona, alla nostra coscienza umana, al Vangelo. E noi a tutto questo dobbiamo dire di no. < Dire di no è morire, dire di no è limitarci. Dire di no è distruggere qualche cosa che sorge dal male, un germe che non è quello del battesimo. Ma dire di no, significa anche dire di sì a Gesù Risorto, dire sì a una vita nuova.
Miei cari, siamo così assetati di novità: la novità del vestito, la novità della casa, la novità di tante cose, ma perché non siamo altrettanto assetati della novità della nostra persona, di fare nuova la nostra persona tutti i giorni? La nostra persona da un certo punto in avanti, declina, rischia di invecchiare, di non essere più nuova, ma per il germe a cui ci siamo riferiti, sia da piccoli che da grandi, sia da giovani che da anzianiabbiamo la possibilità di diventare nuovi: nuovi nella nostra sensibilità, nuovi nei nostri sentimenti, nuovi nel nostro cuore, nuovi nei nostri pensieri, nuovi nella ricchezza di tutto il nostro essere di creature ragionevoli.
Ecco la risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, che ci trova aperti per operare nella nostra vita che ci prepara la risurrezione eterna. Sì, perché Cristo è stato costituito per essere il Signore e per introdurci presso il Padre a partecipare per sempre del dono della sua vita.
Ecco la nostra Pasqua, miei cari, ecco il nostro passaggio dalla morte alla vita, ecco l’augurio del vostro Vescovo, successore degli Apostoli, ma vostro fratello. Ecco l ‘augurio della Pasqua vera, che io con tutto il cuore vi rivolgo.
ST 349 Pasqua 77
Omelia al pontificale delle 11 in S. Andrea
Stampa: “la Cittadella” il 17 Aprile 1977
</br