veglia pasquale 1977 in sant’Andrea
Carissimi, a me è stata annunziata dal diacono la Pasqua. Io la annunzio a voi. Buona Pasqua. Abbiamo udito il significato di questo evento che impegna la sapienza, la potenza, l’amore di Dio nei nostri confronti. Non dimentichiamo il primo capitolo della rivelazione cristiana che ci è stato letto ancora una volta questa notte: il capitolo della creazione. L’universo esiste, le creature esistono, l’ uomo è la creatura che è, perché Dio nella sua sapienza, nella sua potenza e nel suo amore ha tratto tutto dal nulla e tutto ha realizzato per lui. L’uomo è stato posto al vertice della creazione. E’ stato detto con insistenza: « Egli dominerà su tutto », perché è il più grande, è il più vicino a Dio, ed è tanto vicino a Dio da essere simile a Lui.
Ma l’uomo, che è al centro di questo stupendo disegno che comprende l’immensità, la ricchezza, la varietà, l’armonia di tutto l’universo non ha riconosciuto il suo Creatore. Si e allontanato da Lui. Ma Dio non si allontana dall’uomo e gli prepara una salvezza di cui pone le promesse in tutte le « meraviglie » e gli stupendi prodigi che compie attraverso la storia della salvezza, da Abramo a Mosè, dalla traversata del Mar Rosso e del deserto, all’entrata nella terra promessa, fino al punto di realizzare l’alleanza che sarà suggellata definitivamente nel sangue stesso del Figlio suo mandato sulla terra a portare a compimento tutto.
L’uomo si è allontanato da Dio, ma, ricordiamolo ancora, Dio non si è allontanato dall’uomo. Possiamo dire, secondo il sentimento profondo della fede di tutta la chiesa, che Dio si è avvicinato ancor più intimamente all’uomo chiamandolo ad essere partecipe della sua natura e della sua vita. E tutto questo avviene in quel passaggio stupendo dalla morte alla vita che si compie nel Cristo: espressione della forza del suo amore che distrugge la ribellione e l’allontanamento del peccato e ricostruisce, in novità di vita, una esistenza nella quale l’uomo è chiamato ad entrare per non essere più soltanto figlio del sangue e della carne ma per diventare figlio di Dio.
Più volte nella liturgia di questa notte si è fatto cenno al sacramento del Battesimo. Tutta questa storia, tutto ciò che si è compiuto nella persona del Cristo è destinato a rinnovarsi nella nostra persona, nella nostra vita: nella nostra persona che viene trasformata, nella nostra vita che acquista una qualità nuova. Oggi si parla di ‘salto di qualità’. Da semplici creature a figli di Dio c’è un salto enorme, c’è da varcare un abisso insondabile. E ciò avviene per quella stessa potenza con cui siamo stati creati, per la stessa potenza di amore per cui Gesù con la sua morte ha distrutto il peccato, per la stessa potenza dello Spirito per cui Cristo è risorto.
E noi immersi nelle acque del Battesimo ed elevati da queste acque siamo resi partecipi di questo mistero, di questa realtà, di questo prodigio, di questa meraviglia di passare da una vita ad un’altra vita, addirittura di passare dalla vita della carne alla vita dello Spirito, secondo l’espressione della Bibbia; di passare da una vita che non è vita perché è soggetta al dominio del peccato, del male, del maligno, alla vita nuova che discende dall’alto, che viene da Dio. Noi siamo creati da Dio ma più meravigliosamente da Lui ricreati.
Tra poco sarà portata qui una piccola creatura che verrà innestata come tralcio nella vite in Nostro Signore Gesù Cristo. Sarà immersa nel mistero della sua passione e della sua morte attraverso il simbolo dell’acqua battesimale e avremo una sorella in più. Il padre e la madre hanno una figliola, noi avremo una sorella in più. Come è loro figliola perché nasce dal loro amore così è nostra sorella perché nasce dallo stesso Battesimo da cui noi siamo nati. La notte di Pasqua è la notte del nostro Battesimo; la notte della celebrazione del passaggio di Cristo dalla morte alla vita; la notte del nostro passaggio, la nostra Pasqua.
Miei cari, sovente vi faccio questa domanda: ci credete che queste sono le realtà fondamentali, essenziali della nostra vita cristiana, del nostro essere cristiani, della nostra fede? Che tutto il resto è mezzo, è espressione ma non è mai vita come questa che noi attingiamo da Nostro Signore Gesù Cristo? Allora dire « buona Pasqua » significa dire « vita nuova », « vita piena », « vita sovrabbondante ».
E’ vita di Dio. E’ comunione con Lui. E’ comunicazione alla sua esistenza. E’ immersione nel suo amore che è più grande dei cieli che sovrastano la nostra persona, la nostra vita.
Queste parole che risuonano nel cuore della notte nella nostra basilica risuonino come un augurio, come una realizzazione quotidiana, come un impegno di vita che noi tra poco rinnoveremo per tutta la Pasqua dell’anno. Ogni domenica celebreremo il giorno del Signore, cioè il giorno della sua resurrezione e ad ogni domenica noi dovremmo essere invitati interiormente, come lo siamo dall’azione dello Spirito che ci ha fatto rinascere dall’acqua, a pensare alla nostra vita, alla nostra grazia, all’amore del nostro Dio.
E’ questa la buona Pasqua che vi augura il vostro fratello in Cristo, il vostro Vescovo, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
ST 382 Veglia Pasquale 77
Stampa “da Dio a Dio un cammino di popolo e di persone”, Mantova 1985, pagg. 329