….la sua e la nostra comunione, è imbandito dal dono della sua parola e del corpo e del sangue del suo divin Figlio.
Noi parliamo, così come ci è possibile di fare in uno spazio tanto ristretto, della celebrazione del memoriale del Signore.
Alcuni, di tipo Lefevre, hanno, per lo meno, arricciato il naso quando, nei principi enormi per l’uso del messale romano, è stata usata questa espressione: nella messa o cena del Signore, il popolo di Dio è chiamato a riunirsi insieme, sotto la presidenza del sacerdote che agisce nella persona di Cristo, per celebrare il memoriale del Signore che hanno voluto tanto per essere soddisfatti, cioè il sacrificio eucaristico. Ma, la espressione di tutta la tradizione della chiesa è che si legga il vangelo e le parole stesse di nostro Signore Gesù Cristo che è il memoriale del Signore: “fate questo in memoria di me”.
Il significato della espressione: memoriale del Signore, è un significato molto comprensivo, molto ampio, e non ricorda soltanto ogni momento della cena, della istituzione della eucarestia o il momento del sacrificio della croce, perché neppure questi due momenti costituiscono tutta l’opera della redenzione, tutta l’opera della salvezza. Tutta l’opera della salvezza comprende un arco che va dalla creazione, dalla vocazione di Abramo, dalla alleanza, dalla promessa, dalla incarnazione, dal ministero di nostro Signore Gesù Cristo e comprende i tempi futuri, i tempi che devono venire, perché il Signore deve venire. Noi viviamo nella attesa del Signore. Noi facciamo memoria anche dell’attesa del Signore: “proclamiamo la tua morte, celebriamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta”. Quindi, il memoriale del Signore comprende tutto l’arco dello svolgimento della storia della salvezza, che ha il suo punto cardine, il suo punto decisivo, il suo “si” decisivo, che è il “si” di Dio al quale si unisce il nostro “si” appunto attraverso la celebrazione, nella morte in croce di nostro Signore Gesù Cristo e nella sua risurrezione.
E, che quella specificazione del sacrificio eucaristico abbia una sua ragione lo si può comprendere. Date certe tendenze che si sono verificate dopo il Concilio, il quale ha avuto il merito di mettere in evidenza la pienezza del mistero pasquale, che consiste non soltanto nella morte ma anche nella risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, due eventi inscindibili che costituiscono l’unico evento della Pasqua, cioè del passaggio, del passaggio dalla morte alla vita. Ma ci deve essere il passaggio, cioè il passaggio attraverso la morte, il passaggio attraverso la croce. L’abbiamo già detto: non si può cancellare la croce nella vita cristiana, e non si può cancellare la croce nel mistero di Nostro Signore Gesù Cristo. Dove andrebbe la manifestazione più piena del suo amore? E dell’amore del Padre che dona il suo Figliolo per noi? E dove andrebbe quel tale coinvolgimento per cui non possiamo essere spettatori ma dobbiamo essere attori, e perciò partecipare a ciò che fa nostro Signore Gesù Cristo, e andare anche noi in croce per partecipare poi alla sua risurrezione? San Paolo ripetutamente insiste su questo concetto della partecipazione alla passione di nostro Signore Gesù Cristo, alla morte di Nostro Signore Gesù Cristo per poter essere partecipi alla sua risurrezione: “nella misura in cui partecipiamo alla passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo, parteciperemo alla sua risurrezione”. Questo tanto per dire: non tutta la ragione, non tutto il torto stanno da una parte. Ma noi interessiamoci della celebrazione del memoriale del Signore. Avete capito più o meno, anche se l’ho detto brevemente, il significato di questa espressione.
Chi è l’attore della celebrazione del memoriale del Signore?
La celebrazione della messa, in quanto azione di Cristo e del popolo di Dio gerarchicamente ordinato, costituisce il centro di tutta la vita cristiana per la chiesa universale, per quella locale e per i singoli fedeli. Dunque, l’attore della celebrazione del memoriale del Signore, è Cristo e il popolo di Dio. Notate. Lo faccio sempre notare ai miei sacerdoti che più importante di tutto il messale, le preci, le orazioni, le letture che costituiscono il materiale del rinnovamento liturgico della liturgia della messa, è importante ciò che c’è a principio, e che è intitolato “principi e norme per l’uso del messale romano”. Ci sono dei principi che vanno al di là dello stesso insegnamento del Concilio Vaticano II , che lo completano, lo maturano. Perchè il Concilio Vaticano II, parlando della partecipazione del popolo di Dio alle celebrazioni liturgico sacramentale, dice sempre di una partecipazione cosciente, attiva, responsabile. Qui c’è di più. La celebrazione della messa è azione di Cristo e del popolo di Dio. Non è una semplice partecipazione. E’ essere attore della celebrazione. E’ una azione nostra. Dico nostra perchè anche il vescovo fa parte del popolo di Dio. Anche il sacerdote fa parte del popolo di Dio. Ciascuno poi svolgerà il suo ruolo ma in una unica azione. In una unica azione che È quella della celebrazione della messa, della celebrazione del memoriale del Signore. Questo È importantissimo: “prendere coscienza che io veramente con Cristo celebro”. Che io sono attore non sono spettatore. Ed È detto espressamente. Non lo dice “quel tale”, lo dice “qui”, proprio al numero uno di questi principi enormi dell’uso del messale romano.
Ripeto. Ci sarà rinnovamento liturgico non tanto quando ci saranno dei canti nuovi, e non tanto perchè c’è l’altare, non tanto perchè c’è l’italiano, non tanto perchè c’è il lettore che può essere un uomo e…anche una donna… (sottofondo del pubblico). Non è qui il rinnovamento liturgico. Il rinnovamento liturgico è nella coscienza. Il rinnovamento liturgico è nell’atteggiamento. Il rinnovamento liturgico, quindi, è in questa coscienza di essere attore di quella azione. Quella azione avviene per la mia azione unita all’azione di Gesù Cristo. Quindi, le assemblee liturgiche devono essere delle assemblee attive.
Intanto c’è il problema dell’assemblea.
Quando è che c’è l’assemblea? quando il popolo di Dio ha coscienza di essere chiamato a stare insieme. Il latino dice “convenire in unum”. La gente va per prendere il suo posto. Non va per stare insieme. Non sta insieme. Oh! io mi sono ascoltato la mia messa! io ho fatto la mia comunione!. A principio, quanta brava gente diceva: “oh adesso si va in chiesa e non si può neppur più pregare”! Adesso si comincia a capire, ma fino a che punto incomincia a capire che deve agire, ma deve agire insieme? Deve agire secondo il movimento di convergenza verso quell’ “unum” che è Nostro Signore Gesù Cristo? Secondo il movimento di convergenza verso ‘un cuor solo e un’anima sola? Secondo un movimento di convergenza verso l’unanimità? Non la conformità. L’unanimità. Verso la convergenza delle parti che ciascuno è chiamato a svolgere? E le parti che ciascheduno è chiamato a svolgere insieme agli altri, nella celebrazione liturgica, in una celebrazione, sono materialmente parlando, come estensione, le parti minime. E’ dove si dà il consenso, è dove si ratifica quella azione, si dice ‘si’ a quella azione, si esprime l’unanimità.
L’Amen non vale più dell’orazione perchè l’orazione è recitata dal sacerdote, ma se anche se fosse recitata da tutti, se tutti poi, non consentono a dire “così è”, non c’è un consenso, non c’è il convenire verso l’unità.
Le acclamazioni. Le acclamazioni fatte di parole senza senso come l’alleluia. Alleluia È un grido, non È una parola che abbia significato. Ad un certo punto salta fuori un’alleluia. Ma il valore di questo alleluia? Siamo tutti insieme! Lo diciamo tutti insieme. L’alleluia che dovrebbe non soltanto precedere la proclamazione del vangelo, la lettura del vangelo, ma che dovrebbe accompagnare la processione del vangelo. Cosa che nelle nostre chiese non si fa. Non si capisce. Il messale lo si mette là. NO. Il messale per la lettura del vangelo bisogna, per lo meno, se non si può fare una processione, una piccola processione, ostenderlo, esporlo. Che almeno il diacono o il sacerdote lo tenga in mano e il popolo canti : alleluia, arriva la parola del Signore.
E invece, (faccio dei fioretti!) vedo il prete che mi prende quel foglietto domenicale, e ha il coraggio di lasciare in sagrestia il lezionario, e legge su quel pezzettino di carta la parola di Dio che dovrebbe essere esposta alla venerazione, come il corpo del Signore dinnanzi al quale si canta l’alleluia, la gioia perchèarriva, la gioia perchè parla, la gioia perchè parla a noi. E tanti altri sentimenti.
Vedete il significato dei gesti! La liturgia non È fatta per delle mummie, per dei burattini in carta pesta. E’ fatta per delle persone vive che dovranno agire secondo una compostezza come deve tenersi dinnanzi al Dio tre volte santo, ma infinitamente contento di trovarsi in mezzo agli uomini, così come sono.
E, perciò ogni gesto, e la liturgia è fatta tanto di gesti. I Sacerdoti si lamentano tanto che non ci sono i gesti nella liturgia. Ma perchè non li sappiamo scoprire, non li sappiamo tirare fuori i gesti che ci sono indicati. Perchè siamo pigri. Si può prendere tutto il messale alla lettera e rendere una liturgia vivissima, nuova tutti i giorni. Non nuova perchè si fanno dei gesti nuovi, ma perchè quei gesti sono pieni di novità. Sentite. Una stretta di mano sembra una stretta di mano ma c’è stretta di mano e stretta di mano. Un abbraccio è sempre un abbraccio ma c’è un abbraccio e un abbraccio. Vedete come si abbracciano i preti! (risata) Il priore di Tezè due anni fa, al congresso liturgico internazionale di Piacenza, ha fatto un grande elogio del messale italiano, e ha detto che è carico di possibilità, di creatività, ma deve essere una creatività interiore. Non deve essere una creatività esteriore, altrimenti facciamo il teatro, non facciamo l’azione insieme a Nostro Signore Gesù Cristo.
Naturalmente, per tirare l’acqua al mio mulino, per dirvi che questi principi fanno un passo avanti rispetto al Concilio. Vi ricordate che abbiamo letto il n.41- 42 della costituzione sulla liturgia dove si dice che il vescovo, in certo qual modo, si ha una speciale manifestazione della chiesa. Qui dice più semplicemente “si ha qui infatti qui una speciale manifestazione della chiesa, della chiesa locale. Si deve dare il primo posto. Lo richiede il suo significato la messa a cui presiede il vescovo circondata dai ministri con la partecipazione piena e attiva del popolo santo di Dio”.
Una osservazione sola per dire: qui si va avanti. La chiesa non è statica. Qualcuna di voi mi ha fatto la domanda: ma non c’è un regresso rispetto al concilio? Se noi ci teniamo aggiornati. Se noi, anche i documenti che ci propone la chiesa li prendiamo nel loro significato vero, come per esempio la riforma del rito del battesimo la riforma del rito della cresima, della celebrazione del matrimonio, della celebrazione del Sacramento della riconciliazione, sono di una ricchezza veramente straordinaria. Soltanto che rimangono sigillati dietro l’ignoranza, la pigrizia di noi sacerdoti e di voi religiose che venite subito dopo i preti.
Instiamo un momento su quello che è il cuore della celebrazione liturgica e anche della celebrazione degli altri Sacramenti che debbono sempre essere considerati come azione di Cristo e delpopolo di Dio. Perchè si insiste affinchè i battesimi vengano celebrati comunitariamente? Perchè, almeno qualche volta, la riconciliazione venga celebrata comunitariamente? Perchè non ci siano più cresime private? Perchè alla celebrazione del matrimonio sia interessata la comunità? ecc. Perchè tutte queste azioni non sono mai azioni private. Sono sempre azioni di Cristo e del popolo di Dio. Ma a che cosa tendono? Tendono ad edificare la chiesa. Sono i momenti della sorgente di vita per la chiesa. E, sapete in quale senso la chiesa si edifica? Si edifica come popolo unito nella unità del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo. Si edifica come unica famiglia introno al Padre, come unico corpo di Cristo, come unico tempio dello Spirito, come unica vite -Cristo la vite, noi i tralci-
Quindi la celebrazione eucaristica che si conclude, si compie con la comunione Sacramentale, ma anche la comunione sacramentale è un memoriale di tutte le alleanze che Dio ha fatto attraverso i tempi che culmina con questa alleanza, che in questo momento,in questa assemblea, deve attualizzarsi. Chi è preoccupato di mettere al primo posto la risposta al misterioso, strapotente desiderio di Dio di vederci uniti nellíamore intorno a sè? Chi pensa che quel Cristo, che noi andiamo a mangiare, è il Cristo che si è donato per noi e che ci ha detto come testamento: “amatevi come io vi ho amato?” Che in questo conosceranno che siete miei discepoli, perchè vi volete bene gli uni gli altri? Quante questioni di credibilità della chiesa si tirano fuori. E, la chiesa non è credibile perchè c’è il vaticano, la chiesa non è credibile perchè è ricca, la chiesa non è credibile perchè non è al passo coi tempi, la chiesa. No. La chiesa non è credibile perchè i cristiani non si voglio bene. Perchè i religiosi non si vogliono bene, perchè i preti non si vogliono bene, perchè l’assemblea liturgica a cui presiede il vescovo, o chi fa le veci del vescovo, e chi fa le veci del vescovo..Un prete che mi contesta e celebra la liturgia e fa le veci del vescovo…e rappresenta il vescovo…e non è unito al vescovo…Ma il vescovo è un povero diavolo anche lui che fa parte del popolo di Dio. Se escludete qualcuno dal popolo di Dio non potete fare comunione. Non solo perchè egli è vescovo , ma perchè è battezzato, ma perchè è un povero Cristo anche lui. E Cristo non lo potete escludere.
Ritorniamo alle nostre celebrazioni. Abbiamo questa preoccupazione, al centro della nostra celebrazione?
Nel decreto sul ministero e la vita dei sacerdoti è detto al n. X che il sacerdote per mezzo del suo ministero raduna il popolo di Dio per mezzo della parola di Dio. Aduna il popolo di Dio per mezzo della celebrazione eucaristica.Tanto più il vescovo. Quindi il movimento della vita della chiesa, il movimento dell’esercizio del ministero, l’esigenza della celebrazione della parola di Dio, l’esigenza della celebrazione dell’eucarestia, sono esigenze di un “adunarsi”, di stare insieme, non per fare mucchio, non per fare massa ma per fare popolo, per fare corpo dove ogni membro ha il suo compito, esercita la sua parte. Vi ricordate certe descrizioni di san Paolo: l’occhio non può dire al piede io faccio senza di te, così il piede non può dire all’occhio io faccio senza di te. Non c’è un membro più importante, un altro membro meno importante. Non facciamo delle analogie e dei paragoni materiali. Ma nel concetto del corpo di Cristo niente è più importante e meno importante. Più importante è soltanto nostro Signore Gesù Cristo che è il Capo, da cui dipende tutto il corpo.
Ma ritorniamo ancora a noi. Abbiamo questa preoccupazione? Insisto, abbiamo questa coscienza? Gesù ci ha messo all’erta. Ci ha detto: quando stai per prendere il tuo dono per portarlo all’altare e ti ricordi che hai qualche cosa, o che il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, vai prima a riconciliarti, poi vieni e offri il tuo dono. Indubbiamente la celebrazione eucaristica e la celebrazione dei Sacramenti È anche una sorgente di riconciliazione. Può darsi che quello non sia il momento di andare davanti a quell’altro o a quell’altra, perché altrimenti ti graffia. (risata) E’ una sorgente di grazia. Speriamo che questa grazia operi in entrambi le parti, o in tutte le parti, ma comunque il risultato deve essere questo. E, il risultato deve essere che il memoriale del Signore deve continuare.
Diceva bene don Pino Colombo, in una conferenza su evangelizzazione e promozione umana, evangelizzare corrisponde a ciò che è la vita della chiesa. La chiesa, viva per se stessa, evangelizza. Non evangelizza con degli atti formali, con degli atti tecnici. Evangelizza perchè è viva. E quando è viva? Quando fa memoria di Nostro Signore Gesù Cristo. Ma, memoria di Nostro Signore Gesù Cristo -lo abbiamo già ripetuto- non è soltanto in quel momento: “questo È il mio corpo, questo È il mio sangue”, ma, questo mio corpo e questo mio sangue “dato per voi”, “versato per voi” per tutto il giorno, per tutti i giorni, per tutti i momenti. E’ in tutti i momenti che dobbiamo essere una memoria del Signore. E’ in tutti i momenti che noi dobbiamo riferire noi stessi, la nostra vita, la nostra esistenza a Gesù Cristo.
Come si accorge la gente che noi siamo stati in chiesa? Perché abbiamo il fazzoletto in testa? Perché abbiamo il libro della messa in mano? Se ne deve accorgere perchè siamo stati insieme, abbiamo trovato la gioia di stare insieme, ci siamo caricati della esigenza di stare insieme e siamo capaci di stare insieme agli altri, cioè siamo capaci di amare gli altri. Ecco che la messa continua. Perché, assolutamente, la messa non è un atto concluso. Perché non è un avvenimento concluso. E’ un momento forte di un avvenimento che continua fino al ritorno del Signore.