Diventa possibile, reale quando ci si conosce, ci si frequenta, ci si scopre e si mettono in comune i propri interessi. Questo è vero in qualsiasi rapporto. E’ tanto più vero nel nostro rapporto con Dio. Ma come sono difficili i rapporti tra di noi, sono tanto più difficili i rapporti con Dio, perchè noi ci vediamo con gli occhi, ci ascoltiamo con le orecchie, ci percepiamo direttamente, mentre invece il nostro incontro con Dio rimane sempre un incontro che deve attraversare lo spessore del mistero e servirsi dei segni illuminati dalla fede. Quindi c’è una difficoltà proprio nella natura di questo rapporto con Dio, che noi dobbiamo superare come lui lo ha superato, perchè ci viene incontro, in un modo confacente alla nostra natura, anche se la sua manifestazione, quando ha raggiunto l’apice nel Figlio suo fatto uomo, deve sempre passare attraverso la via della fede perchè, anche quelli che hanno visto con gli occhi Nostro Signore Gesù Cristo, non è che abbiano visto il figlio di Dio se non credevano in lui. Questa è la prima difficoltà del nostro incontro con Dio, che diventa una difficoltà specifica di quelli che devono diventare i momenti dei nostri incontri con il Signore. Voglio dire della preghiera.
E’ inconcepibile una vita cristiana, una vita religiosa senza che non ci siano degli incontri; ma incontri che siano incontri, nei quali si sta insieme, almeno un momentino “seduti”, nei quali ci si ascolta, si da tempo all’altro, e possibilità all’altro di parlare, di rivelarsi. Questo, usando una espressione di Bonoffer, lo abbiamo chiamato il “cantus firmus”, questo è l’elemento indispensabile della vita cristiana, questo è l’elemento indispensabile della vita religiosa.
Ma è un elemento -ripeto- che ha delle difficoltà, presenta delle difficoltà, particolari ai tempi nostri. Ai tempi nostri, che sono tempi nei quali la persona umana, e noi siamo delle persone umane, sono terribilmente esteriorizzate, da tutte le parti sono sollecitate a stare “fuori”. Tutti gli strumenti di comunicazioni sociali, tutti gli strumenti di comunicazione viaria, così l’organizzazione della vita, ci portano sempre fuori: lontano con le notizie, lontano con le idee, lontano con le persone che dobbiamo incontrare, lontano il posto di lavoro che dobbiamo raggiungere, lontani gli spostamenti. Lontani. Un mondo che -in certo qual senso- ha lasciato da parte non le ideologie ma le idee e vive di immagini. Noi siamo sufficientemente difesi, ma non ancora abbastanza. Ma poi non potremmo, non sarebbe neppure ragionevole, pretendere di essere difesi da questa esteriorizzazione che viene dall’immagine. L’immagine della riproduzione dell’avvenimento che possiamo trovare sul giornale, sul settimanale, l’immagine sul televisore, l’immagine sullo schermo. L’immagine. Porta fuori. Poi la nostra è una vita più convulsa. Portiamo tutti l’orologio al braccio e tutto è scandito sulle lancette che non ci lasciano il tempo di respirare. In passato non era così. In molte parte del mondo non è così, specialmente là dove non è arrivata la civiltà l’uomo può ancora stare con se stesso, può stare ancora con la natura, può stare ancora con gli altri. Il fenomeno di stare con gli altri. Chi è che sta ancora con gli altri? Anche in casa non si sta più insieme perchè, si è dispersi per via del lavoro, della scuola ecc, . quando si rientra si accende il televisore, e si sta con gli altri e non con i propri.
E’ interessantissimo il fenomeno che si verifica ancora nel sud. Ad un certo punto -adesso un po meno però continua- gli uomini specialmente, – ma adesso anche le ragazze, le donne non ancora o non più, è rituale dopo il lavoro che cessa abbastanza presto perchè vanno prestissimo a lavorare in campagna, – si ritrovano in piazza. Camminano, vanno su e giù in piazza. Stanno ancora insieme a parlare del più e del meno, fare i commenti sui fatti del giorno. Si incontrano ancora. Si incontrano ancora molto le famiglie. Come è bello lo spettacolo specialmente della domenica pomeriggio. Vedere delle catene di papà e mamma, i bambini che vanno a trovareo il papà della mamma o viceversa. Stare insieme.
Non so se avete letto quel bel libro -di cui non ricordo il titolo- dove, una che vive in America, descrive la vita dei negri fatta tutta di queste relazioni, di questi rapporti , del bisogno di stare insieme, di parlare. Quante volte voi ascoltate una persona che parla, e poi alla fine, non è che attende una risposta. Ti dicono alla fine: ecco mi sono sfogato. Chiuso. Non abbiamo più tempo. Andiamo disumanizzandoci e scristianizzandoci e quindi non concepiamo più che sia ragionevole perdere tempo a stare in ascolto di un Altro che, per di più, parla nel mistero della natura, nel mistero della sua parola, nel mistero dei suoi segni, cioè nella preghiera.
Poi, oggi, vale ciò che rende, vale ciò che conta, vale ciò che si può calcolare. Tutto è misurato, tutto deve tornare. Nella preghiera torna niente. Cioè torna tutto, ma di constatabile torna niente. Ecco un’altra difficoltà. Tant’è, c’è anche