“Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unigenito perchè chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna”. Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo perchè chiunque crede in Lui abbia la vita eterna. Per avere la vita eterna bisogna credere nell’unigenito del Padre innalzato, esaltato sulla croce come è stato esaltato, innalzato il serpente di bronzo e o di rame dinnanzi agli occhi di coloro che erano morsi dai serpenti, cioè dal male.
Il Cristo che dobbiamo guardare, che dobbiamo contemplare, in cui dobbiamo credere, in cui possiamo sperare, il Cristo che dobbiamo amare, il Cristo che dobbiamo seguire è il Cristo innalzato sulla croce. Grande mistero perchè il Cristo innalzato sulla croce è la rivelazione più piena dell’amore di Dio. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito. E questo amore si manifesta in una condizione di peccato verso l’uomo che si è allontanato da Dio e perciò si è allontanato da se stesso, da ciò che deve essere, si è allontanato dai suoi fratelli, si è separato, si è diviso dai suoi fratelli e si è allontanato dalla natura, da tutte le creature. Perciò è indispensabile che un uomo, che uno della stessa nostra natura, compia un tale atto di adesione a Dio, di amore a Dio, di amore per i fratelli, di amore per tutta la creazione, da colmare l’abisso che ci separa da Dio, da noi stessi, dalle creature, dai nostri fratelli.
E questo uomo che compie questo atto di comunione, di unione, di totale adesione alla volontà del Padre, all’amore del Padre, è Gesù Cristo che, “pur essendo di natura divina” – potremmo dire che, proprio essendo di natura divina – “non considerò un tesoro geloso la sua ugualianza con Dio”. Ed è perchè è uguale al Padre che Egli poteva fare un gesto che colmasse questo abisso, questa separazione. Tutti gli uomini insieme non avrebbero potuto colmare questo abisso, soltanto il Figlio di Dio fatto uomo il quale spogliò se stesso . L’uomo invece con il peccato ha cercato di fare senza Dio, di rivestirsi con le proprie mani, di rivestirsi con la propria autosufficienza, assumendo la condizione di servo mentre l’uomo vuole…..e li strumentalizza, se ne serve e quindi fa da padrone. E’ difficile assumere la condizione di servo.
“Divenendo simile agli uomini”, prendendo, come abbiamo ripetuto, una natura in tutto simile alla nostra. Si dice comunemente -ed è anche vero- simile alla nostra in tutto fuor che nel peccato. Però Dio, ed è una espressione misteriosa, l’ha costituito peccato per la nostra salvezza. In lui non c’era un peccato personale, soggettivo, ma c’era il peccato globale di tutto il mondo, di tutti gli uomini che veniva -in certo qual modo – personificato da lui.
“Apparso in forma umana umiliò se stesso” perchè l’orgoglio è la radice del male, “facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce'”.
Il tema dell’obbedienza.
Un tema tanto contestato nel nome della dignità della persona umana, nel nome della libertà della persona umana. Ma Gesù Cristo contesta tutte le contestazioni. Lui si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce che è la morte più annientante. La morte dello schiavo è la morte di chi non ha persona. Non è considerato persona ma è considerato “cosa”. Ma lo fa volontariamente. Lo fa liberamente. Questo è caratteristico della obbedienza di Gesù. “Nessuno può togliermi la vita”. Di fatti quanti tentativi falliti per togliere la vita di nostro Signore Gesù Cristo, perchè non era ancora venuta la sua ora. “Io pongo da me stesso, dò da me stesso la mia vita”. Ecco una obbedienza cosciente, una obbedienza libera, una obbedienza amorosa, ma una obbedienza che annienta fino al livello di “cosa”.
Ma questo non è il traguardo. Il traguardo parte dalla liberazione dal peccato e finisce nella comunione di vita con Dio, nella vita nuova, nell’uomo nuovo. Gesù Cristo, proprio perchè ha colmato l’abisso della separazione con l’annientamento di se stesso, facendosi obbediente fino alla morte, “per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome”. Gli ha dato una dignità che è al di sopra di ogni altra dignità. Dio chiede il nostro annientamento, non per distruggerci ma per poterci edificare secondo il suo disegno, perchè noi con il peccato ci siamo sfigurati e con Gesù Cristo ci dà un nome nuovo che è il nostro nome. Ciascheduno ha il suo nome. Ed avendo dato se stesso, Gesù Cristo, umiliandosi fino alla morte di croce, nel suo nome che diventato tanto grande, si piega tutto ciò che esiste e ogni lingua proclama che Gesù Cristo è il Signore. La signoria di Nostro Signore Gesù Cristo. Dio lo costituisce signore con la risurrezione. Ha vinto il peccato proprio con l’annientamento di se stesso, perchè il peccato è affermazione di se stesso contro Dio, ed Egli si è umiliato e si è annientato per amore di Dio, e perciò è il Signore. E’ il primogenito di tutta la creazione. E’ la primizia di coloro che risorgono. E’ il primogenito in mezzo alla moltitudine di fratelli a gloria di Dio Padre, perchè sia manifestato l’amore di Dio per noi.
Io penso a voi che nella Chiesa vi siete adunate come piccole figlie della croce, vi siete adunate nel senso di questo mistero, dell’annientamento di voi stesse fino a diventare delle “cose” ma l’avete fatto coscientemente, l’avete fatto liberamente, l’avete fatto per amore. La vostra condizione è quella di essere crocifissi e morti in croce con Nostro Signore Gesù Cristo, ma la vostra meta, ed è una meta già incominciata in ciascheduna di voi, è quella di raggiungere la partecipazione alla signoria con Nostro Signore Gesù Cristo, al mistero della sua risurrezione, al regno di Dio: ad esser già possedute da Dio, dalla sua grazia, dal suo amore.