Seconda Messa di Natale in sant’Andrea ore 11 1989
Raccogliendoci nelle nostre chiese per celebrare il Natale di Gesù bambino siamo abbondantemente nutriti della Parola del Signore. Abbiamo tutte le possibilità di penetrare nel significato del mirabile evento della incarnazione del Figlio di Dio.
Giovanni pone quasi il sigillo a tutta la parola di Dio annunziata nella notte con le parole solenni con cui introduce il suo vangelo. Fa due affermazioni che per noi sono decisive. Quel bambino non è un semplice bambino ma è il Figlio di Dio, è il Verbo che era presso Dio da tutta l’eternità, per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte, niente di tutto ciò che esiste è stato fatto senza di lui.
Dunque, non ci troviamo davanti ad una semplice creatura ma di fronte al creatore del mondo, al nostro creatore in una situazione particolare. Egli viene nel mondo perché gli uomini hanno bisogno di salvezza, perché gli uomini sono lontani da Dio, perché gli uomini sono nella impossibilità di raggiungere lo scopo della loro esistenza, perché gli uomini sono divisi tra di loro nella misura in cui si sono allontanati da Dio.
Giovanni dice che il Verbo di Dio venne tra la sua gente e “i suoi non l’ hanno accolto”, ma aggiunge la seconda affermazione che ci riguarda personalmente, però a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio, cioè, a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue né dalla carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
C’è un duplice Natale che noi dobbiamo celebrare oggi, quello di Gesù è il nostro. Soffermiamoci un istante su questo secondo evento: il nostro natale. Non su la nascita che è avvenuta per opera della carne e del sangue, ma su la nascita misteriosa, altrettanto reale che normalmente si è compiuta per noi il giorno del nostro Battesimo. Da quel giorno, da quell’istante, per merito della nascita di Gesù come figlio dell’uomo, noi siamo nati figli di Dio.
Che siamo figli di Dio lo ascoltiamo tante volte. Specialmente nelle nostre chiese lo leggiamo, ma c’è il pericolo di fare l’abitudine ad un’affermazione così importante, così sconvolgente per la nostra persona e per tutta la nostra vita! Noi non siamo più soltanto noi stessi. Qualche cosa di nuovo si è operato nel profondo della nostra persona, ed è una meraviglia che solo Dio può compiere nel suo amore, nella sua potenza e nella sua sapienza.
Dio fa di noi altrettanti suoi figli. Che cosa vuol dire? Pensiamo un istante in quale situazione ci ha trovato Dio quando ci è venuto incontro, anche semplicemente con il Battesimo. Ci ha trovato in una situazione di distanza, di separazione, di peccato, di avversione nei suoi confronti, perché eravamo senza grazia, senza fede, senza Dio. Egli ci accoglie nella sua misericordia e nel suo amore, trasforma la nostra natura rendendoci partecipi della sua natura.
Sono parole il cui suono ci può essere abituale, ma la cui realtà è indicibile. Nessuno avrebbe potuto immaginare o pensare o desiderare per sé e per gli altri, che Dio facesse un prodigio così grande come quello di fare di noi, i figli suoi. Giovanni dice: è meraviglioso che sia affermato questo evento, ed è un evento non di parole ma di fatti. Dice ancora, lo vediamo soltanto nel mistero, e nel mistero noi oggi vediamo molto poco, ma quando si rivelerà comprenderemo tutta la sapienza di Dio, tutta la potenza di Dio, tutto l’amore di Dio che si è chinato su di noi per fare della nostra persona l’essere più grande e più stupendo che si potesse concepire.
Prendiamo coscienza di questa realtà che ci porta il Natale. Prendiamo coscienza che il giorno di Natale non nasce soltanto Gesù bambino, che non commemoriamo e non celebriamo soltanto Gesù bambino, ma dobbiamo ricordare, anzi, prendere coscienza e credere che siamo nati con Lui a questa dignità indicibile di figli di Dio. Allora è necessario che, teniamo sempre viva questa coscienza, tutti i giorni non soltanto il giorno di Natale, non soltanto quando ci capita di venire in chiesa la domenica durante l’anno, non soltanto quando ci capita di metterci davanti a Dio e dire Padre nostro. Dobbiamo portare questa coscienza come un sentimento abituale di meraviglia per quello che Dio ha voluto operare in noi, per la grandezza che ci mette al di sopra di tutte le creature.
Tutte le grandezze del mondo scompaiono di fronte alla meraviglia che il Signore ha operato in noi, ma per essere in condizione di avere una coscienza così abituale della nostra dignità, dobbiamo illuminare continuamente la nostra coscienza con la luce che viene dalla Parola del Signore. La Parola del Signore deve diventare il nutrimento abituale per il nostro spirito.
Facciamo tanto per la nostra vita fisica, per la nostra vita materiale, per la nostra vita sociale. Per la nostra vita spirituale, per la nostra vita più intima, per la parte più preziosa di noi stessi che cosa facciamo? Prendiamo in mano il Vangelo, la Sacra Scrittura e leggiamo la Parola di Dio, che ci garantisce il nostro rapporto con lui, che ci garantisce il nostro rapporto di figli di un unico Padre.
Poi dobbiamo rispettare in noi questa dignità con il comportamento della nostra vita. Non si addice ad una grandezza così alta, ad una dignità così preziosa una vita dedita completamente alla soddisfazione dei desideri, della vanità, dell’orgoglio, dell’egoismo e di ogni altra inclinazione che viene dal peccato, che viene dal mondo e non da Dio. Continuamente siamo sollecitati dalla nostra carne e dal mondo a dimenticare questa dignità. Allora è necessario circondarci di austerità, di sobrietà, di mortificazione per mantenere integra, limpida la nostra dignità.
Ricordiamo che, di fronte ai fratelli abbiamo l’impegno di fare testimonianza, non solo a Dio, anche alle opere di Dio e, tra le opere di Dio, all’opera della salvezza.
Ricordiamo che dobbiamo riferirci agli altri con qualche cosa di Gesù che è in noi come conseguenza della sua nascita nel mondo. Ricordiamo che deve trasparire in noi specialmente la sua umiltà e la sua dolcezza. “Imparate da me che sono mite e umile di cuore”. I figli di Dio sono quelli che si rivestono di mitezza e di umiltà.
Ricordiamo anche che dobbiamo rispettare la dignità di figlio di Dio negli altri tenendo presente nostro Signore Gesù Cristo il quale dice: “qualunque cosa avrete fatto a uno di questi miei lo avrete fatto a me”.
Dobbiamo usare il rispetto delle parole, il riguardo dei gesti e soprattutto dei sentimenti che non devono mai essere contro gli altri, ma con gli altri e per gli altri. Il rispetto deve essere dimostrato col disinteresse e nell’amore che portiamo a quelli che sono i nostri fratelli Dinnanzi a Gesù Bambino pensiamo: Egli è il Figlio di Dio fatto uomo, noi siamo i figli degli uomini diventati i figli di Dio.
Auguro che si realizzi tutto questo nella nostra vita quotidiana, che diventi un modo di pensare, di sentire, di rapportarci a Dio e ai nostri fratelli. Allora veramente per noi sarà Natale. Allora veramente noi saremo nati non semplicemente dalla carne e dal sangue, ma da Dio che ci vuole dei salvati.
OM 678 Natale 79
Seconda Messa di Natale 1979