Il problema della conoscenza nella vita cristiana è uno dei piú critici, perché è quello che ha subito l’influsso piú radicale della filosofia ellenistica e di una certa teologia. Queste hanno influito sulla civiltà e sulla mentalità occidentale, e quindi anche sulla chiesa romana, fino al punto che – è un passato ancora recente – in terra di missione, si sentiva il bisogno di romanizzare prima di evangelizzare. La conseguenza è stata la riduzione della conoscenza alla sfera intellettuale e sensibile.
Basta pensare alla scuola, che dovrebbe costituire il fondamento e lo strumento principale della formazione dei giovani e che è limitata al puro apprendimento intellettuale: è ignorata la dimensione affettiva della persona e solo sporadicamente si parla della dimensione sessuale, ma in modo spesso distorto.
Questo fenomeno dovrebbe preoccupare tutti; in particolare, i cristiani hanno il dovere di acquistare della conoscenza il significato piú autentico, legato al problema, come vedremo, della salvezza integrale dell’uomo.
Naturalmente, il senso cristiano e di conseguenza umano della conoscenza, lo troviamo nei testi della divina Rivelazione. E’ inutile porsi degli interrogativi: Dio nella sua sovrana libertà, per rivelarsi al mondo, si è servito del linguaggio e della mentalità semita e non di quella, per es., ellenistica. Quindi per intendere la divina Rivelazione dobbiamo rifarci al linguaggio biblico.
Conoscere il Dio che si rivela, non avviene in un contesto di scienza ma in un contesto di vita. Dio è il Vivente e si manifesta per comunicarci una partecipazione alla sua vita: la conoscenza di Dio, secondo la Bibbia, è un avvenimento esistenziale che coinvolge la totalità della persona e non semplicemente l’intelligenza. Si conosce attraverso l’esperienza. La Bibbia descrive la conoscenza e, per esprimerne la pienezza, la identifica con l’atto coniugale. Dio “conosce” come uno sposo e noi dobbiamo “conoscerlo” come una sposa che è totalmente posseduta dallo sposo. Si capisce, allora, che il culmine della conoscenza è l’intimità, dove tutto è comune e dove la prevalenza è quella dell’amore.
Mi permetto di insistere: la dimensione affettiva è la componente piú importante della conoscenza biblica.
Già l’Antico Testamento, dall’Esodo ai Profeti, dice esplicitamente che Dio in persona prende l’iniziativa di conoscerci e di darci un cuore capace di conoscere: manderà uno spirito nuovo, ci darà un cuore nuovo perché siamo in grado di conoscerlo.
Lo Spirito che il Signore porrà nel germoglio di Jesse è soprattutto uno Spirito di conoscenza: « spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore » (Is 11, 4). La tradizione parlerà dei sette doni dello Spirito Santo: l’intelletto per penetrare dentro la rivelazione, la sapienza che fa acquistare il sapore delle cose divine, la scienza che introduce nel senso delle divine Scritture, la pietà che conferisce il sentimento filiale nei confronti del Padre, il consiglio che dà la capacità di guidare i fratelli e il timore di Dio che imprime il timore filiale e la forza di essere costanti.
Il fatto piú saliente e illuminante si trova nel Nuovo Testamento: è quello già ricordato e che mi ha colpito fino a diventare il principio orientativo della mia vita spirituale. Gli apostoli alla scuola di Gesú non capiscono niente della sua persona e della sua missione, quando ricevono lo Spirito Santo, che Gesú aveva promesso, sono introdotti nella conoscenza della Verità tutta intera. Paolo e Giovanni approfondiscono il tema in modo esauriente e persuasivo:« se qualcuno crede di sapere qualche cosa, non ha ancora imparato come bisogna sapere. Chi conosce ama Dio ed è da Lui conosciuto » (1 Cor 8, 2-3); « e la mia parola e il mio messaggio non si basano su discorsi persuasivi di sapienza, ma nella manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio » (1 Cor 2, 4-5). « Carissimi, amiamoci gli uni gli altri perché l’amore è da Dio: chiunque ama Dio è generato da Dio e conosce Dio » (1 Gv 4, 7)
Come si vede, è necessario ritornare sulla nostra formazione e operare anche qui un capovolgimento. Nello studio, e nella meditazione che costituisce la pratica di pietà fondamentale, la dimensione intellettuale ha sempre avuto il primo posto; la vita affettiva, invece, quando addirittura non è stata guardata con sospetto, è rimasta costantemente in ombra. Riferisco un episodio in certo senso sconcertante: al mio paese morì un seminarista di teologia, giovane, simpatico e proclive all’amicizia; durante i funerali il mio Parroco ne tracciò il profilo. L’intera popolazione si sciolse in lacrime incontenibili; i suoi compagni di teologia rimasero impassibili. Questo potrebbe essere la conseguenza di una formazione prettamente intellettuale.
Come ho già notato, il problema investe tutta la formazione dei giovani, che purtroppo sfocia con evidenti danni anche nell’età adulta. Detto con prudenza, i rapporti coniugali che dovrebbero essere l’epilogo di una lunga preparazione di atti affettuosi e pieni di tenerezza sono lasciati all’istinto: oggi il termine amare ha assunto il significato di « andare a letto insieme »: la prima conseguenza è la precarietà della coppia e della famiglia. I coniugi devono mettere al primo posto la loro continua e approfondita conoscenza e avere la preoccupazione di crescere nella loro capacità di amare. I genitori a loro volta devono preoccuparsi dell’educazione dei figli all’amore, col dono di se stessi. Oggi esiste il pericolo di dare ai figli “molte cose” e non se stessi: il proprio tempo, l’attenzione, la confidenza, la pazienza e tanto affetto. I figli devono sentirsi al primo posto, non per motivi economici e di prestigio, ma per se stessi: sono delle persone.
Non posso concludere questo tema senza riportare uno dei testi piú pregnanti di san Paolo: « Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati, nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio » (Ef 3, 17-19).