Chiesa Matrice di Fasano 1989
La santa Chiesa come maestra saggia, illuminata dallo Spirito del Signore, ci conduce gradatamente a celebrare le grandi solennità.
Qui si tratta di due fatti principali: la vocazione di Abramo che non conosceva ancora il suo Dio e gli promette una grande discendenza. Tutta la Scrittura dice che, nella fede di Abramo noi tutti siamo diventati credenti. Oggi lo siamo particolarmente per la grazia del Vangelo che Paolo con Timoteo predicano alle prime comunità.
Ma le prime comunità conoscevano già abbastanza il Vangelo. E la comunità dove esercitava il ministero Timoteo certamente conosceva anche il fatto che costituisce l’oggetto della celebrazione di questa domenica, che ci prepara appunto alla Pasqua.
Gesù dice: “Non ditelo a nessuno finché il Figlio dell’uomo non risorga il terzo giorno dai morti”. Certamente i discepoli non capivano ancora e Gesù sapeva bene il grande timore che avrebbe preso ciascuno di essi, quando egli fosse stato catturato e condannato a morte. Ma Gesù fa questo tentativo: appare a loro con il volto splendente come il sole e le vesti bianche come la luce, con Mosè ed Elia che parlavano con lui.
San Gregorio Magno, che commenta questo tratto del Vangelo di Matteo, insiste: Gesù non lo ha fatto per se stesso – di essere così luminoso e così splendido- perché lo splendore che ha avuto fin dal principio, e il principio risale all’eternità, l’ha sempre avuta. L’ha manifestata in quel momento proprio per incoraggiare i discepoli a subire lo scandalo della croce.
Sempre questo padre della Chiesa, Leone Magno, dice che noi abbiamo la stessa vocazione di essere luminosi come Cristo e cita san Paolo, il quale afferma a più riprese che di gloria in gloria, di splendore in splendore, un giorno saremo come Cristo.
Come lo saremo? C’é una preghiera strana posta sulle labbra di Gesù, specialmente da Giovanni. Proprio la vigilia della sua morte, Gesù prega il Padre di glorificarlo come era dal principio.
Noi sappiamo che per il Battesimo siamo innestati in Cristo, come il tralcio nella vite e, di quella gloria di cui é glorificato Gesù non nel momento della risurrezione ma proprio nel momento della sua morte in croce, anche noi partecipiamo della sua gloria.
Certo, é incomprensibile per noi pensare che, la morte in croce sia un momento di glorificazione, eppure Gesù che ha affermato “amatevi come io vi ho amato”, in questo istante dà il segno e la grazia del suo amore perché “ci ha amato fino all’estremo”, ed in questo egli é grande, egli é Signore, egli é liberatore non di se stesso ma di tutti noi, di ciascheduno di noi.
Ripeto: la croce fa paura, fa paura a tutta la nostra persona e credo anche a tutte le persone, ma se abbiamo quella fede di cui é modello Abramo, nostro padre nella fede, allora non è che siamo o saremo esenti dalla sofferenza. La sofferenza c’é nel mondo, ma vi é stato detto ripetutamente: la sofferenza non é un castigo, la sofferenza è la partecipazione alla morte di Gesù e, come Gesù proprio attraverso la morte, noi in qualsiasi situazione dolorosa possiamo trovarci, dobbiamo credere, dobbiamo fidarci del Signore, della sua Parola, che la sofferenza ci trasforma in glorificazione. Ci trasforma perché noi partecipiamo della gloria del nostro Dio, perché noi – come avete cantato – partecipiamo dello splendore della bellezza di Dio.
Perciò in questi giorni santi e solenni della Quaresima continuiamo il nostro digiuno, non tanto quello corporale, ma il digiuno che allontana qualunque pensiero contrario all’amore di Dio e dei suoi figli che sono i nostri fratelli e, partecipando come di solito in una celebrazione eucaristica proprio al mistero della morte e della risurrezione di Cristo, proprio il nostro corpo, le nostre membra saranno ripiene di grazia, che é la vita di Dio in noi, che é la partecipazione della sovrabbondanza della gloria del Cristo glorificato sul Tabor, glorificato sul Calvario, sempre glorificato nella Risurrezione.
E prepariamoci soprattutto con la preghiera e la partecipazione ai santi sacramenti, perché noi diventiamo splendidi e luminosi come il Volto di Gesù e le sue vesti: di Gesù che é il nostro capo, di Gesù di cui noi siamo le sante membra.
MONS. CARLO FERRARI
Vescovo di Monopoli ora Emerito