Natale 1976 in sant’Andrea
Ci troviamo in chiesa per celebrare il Natale di Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo. In queste circostanze, le affermazioni della nostra fede che soggiacciono alle tradizioni cristiane hanno qualche cosa in rapporto con la nostra persona e con la nostra vita?
Permettete che vi richiami -come dicevo questa notte – umilmente e fraternamente a fare questo confronto per vedere se esiste ancora un rapporto tra il venire in chiesa nel giorno di Natale e l’esistenza di tutti i giorni; per vedere se esiste un legame tra ciò che propone la celebrazione liturgica che ci pone dinnanzi al grande consenso del Figlio di Dio che si fa bambino in una grotta e quello che noi siamo e pensiamo quotidianamente; per vedere se la decisione di venire in chiesa questa mattina per l’incontro col Figlio di Dio fatto uomo, ha una risonanza nelle nostre decisioni di tutti i giorni; per vedere, soprattutto, se la decisione di questa mattina è quella che orienta tutte le decisione quotidiane e dà, quindi, un senso alle decisioni.
Perché siamo in chiesa? Dovremmo essere qui perché crediamo che Gesù è il nostro salvatore.
E’ facile crederlo oggi? Non è facile credere oggi a Gesù, ad un Gesù bambino che cresce, annuncia grandi cose, ma che finisce i suoi giorni sulla croce, anche se poi dimostra la sua potenza con la risurrezione.
Questo Gesù, cosa ha ancora da dire al mondo di oggi che sa tutto, che è capace di tutto? Noi possiamo appoggiare la nostra esistenza solo sulle sicurezze che ci dà il mondo? Sono durature e vere le sicurezze che ci dà il mondo? Tuttavia siamo immersi nelle sicurezze che ci dà il mondo e, Gesù, la sua persona, il suo vangelo, la sua salvezza rischiano di perdere giorno dopo giorno il loro significato e il loro valore. Viste le esperienze che il mondo fa oggi, è ancora possibile credere che l’uomo sia ancora capace di salvare l’uomo? Se siamo leali, dobbiamo ammettere che l’uomo vuole salvare se stesso e non gli altri, che l’uomo vuole servirsi dagli altri uomini.
L’uomo è qualche cosa di più di quello che conosce la scienza: la biologia, la filosofia, l’antropologia, la psicologia. Perché è qualche cosa di più? Perché l’uomo è stato posto al di sopra di tutte le creature dell’universo, perché Gesù si è fatto uomo per esaltarlo e portarlo alle altezze della vita stessa di Dio. Ma ci interessa ancora di essere portati al vertice della vita che ci congiunge con Dio stesso? O non siamo tanto legati al nostro ambiente, al mondo, a ciò che ci circonda che Dio passa in secondo piano? E’ possibile avere un atteggiamento di questo genere e pensare di credere ancora in Dio? Dobbiamo esaminare bene la nostra fede e chiederci se siamo venuti in chiesa perché crediamo nella salvezza di Gesù.
Egli è venuto e viene per dire tutto quello che Dio ha fatto per l’uomo.
Egli è venuto perché l’uomo capisca se stesso, il senso della sua esistenza, il valore della vita e il fine della sua vita.
Egli è venuto per mettersi al fianco di ciascuno di noi con la forza con la quale ha vinto la morte per garantirci la vita, la crescita del nostro “io” non tanto in estensione, nel senso di conoscere tante cose o avere tanti rapporti, ma in profondità per scoprire quello che siamo.
Egli, il Figlio di Dio, il Figlio dell’Uomo, il primogenito di tutti gli uomini, ci riflette, come in uno specchio, quello che Egli è, perché noi possiamo vedere e rispondere a noi stessi se siamo veramente uomini.
Queste, miei cari, sono alcune riflessioni che mi permettono di suggerirvi perché il nostro Natale non sia vuoto. Gesù viene per riempire ogni vuoto del cuore, dello spirito, della solitudine della nostra persona, ed essere la sovrabbondanza della nostra vita. Faccio con voi questa riflessione perché diventi anche l’augurio del Vescovo.
Il nostro S. Andrea è così vasto che è impossibile prendere un contatto visivo con tutti, ma come vorrei dirvi, guardandovi negli occhi, buon Natale che è Gesù Cristo, che è fede in Gesù Cristo unico nostro Salvatore, che è l’apertura del cuore perché siamo tra coloro che lo hanno accolto, che siamo figli di Dio, figli del Padre che sta nei cieli, che ci ama di un amore che neppure sappiamo immaginare.
OM 681 Natale 1976