Domande e risposte
I nostri giovani sacerdoti a questo punto fanno la revisione di vita ma, siccome noi non siamo capaci di fare queste cose, cerchiamo insieme con molta semplicità, con molta naturalezza, così proprio come ci viene, per quanto è possibile, di far entrare nella concretezza della nostra esistenza, quindi della nostra vita spirituale, dei nostri impegni pastorali quei punti, che sono stati oggetto della nostra meditazione questa mattina.
Potremo riprenderli per ordine, possiamo anche riprenderli in un altro ordine. Non ha importanza. Ognuno di noi porti con libertà il proprio contributo alla riflessione, il proprio modo di vivere e di sentire e, per quanto è possibile, fare delle proposte che entrino davvero nel vivo, della nostra vita spirituale, la quale va sempre più concepita
come un rapporto di persone,
come un rapporto con le Divine Persone,
come un rapporto con i nostri fratelli che deve essere il fondamento dello sviluppo della nostra persona, che deve avvenire sul modello delle Divine Persone.
Come le divine Persone si definiscono dal loro rapporto vicendevole, ed é il loro rapporto vicendevole – la nostra teologia dice ” esse ad”- che definisce il Padre in quanto padre, che definisce il Figlio in quanto Figlio, che definisce lo Spirito Santo in quanto Spirito Santo, così la nostra vita spirituale, fondamento della nostra vita personale, deve maturarsi in questo senso.
Forse noi, oltre che una definizione soltanto speculativa oppure psicologica della persona, abbiamo dato della persona una definizione che riguardava specialmente gli elementi essenziali, quindi statici, quindi permanenti e non abbiamo descritto, visto e sentito la persona in nel momento particolare del suo divenire, del suo farsi, che è attuare i suoi rapporti con gli altri, che è sviluppare se stessa, che è essere se stessa, che è trafficare i propri talenti per mettersi a disposizione degli altri, per fare parte di se stessa agli altri, per essere degli altri, per gli altri, con gli altri. E abbiamo un po’ concepito la perfezione cristiana, la vita spirituale, la vita interiore, eccetera, come una perfezione individuale, senza quei rapporti che sono costitutivi della persona.
Il rapporto è costitutivo della persona. L’ “esse ad” è costitutivo della persona umana oltre che della Persona Divina, perché noi siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio.
Ora, quanto c’é da togliere nella nostra mentalità e nei nostri atteggiamenti interiori a proposito di un certo, alle volte magari marcato, individualismo! Quanto c’é da correggere nel senso di essere in comunione con gli altri, di comunicare con gli altri, di stabilire dei rapporti con gli altri!
E tutto questo per rispondere ad una precisa volontà di Dio, che ci conforma alla natura, all’essere, all’esistenza di Dio, quindi l’attualità, la presenza, l’essenzialità per la nostra vita spirituale del mistero trinitario, che ha il suo momento forte di incontro con noi nella celebrazione eucaristica per realizzarsi in noi, perché noi ci realizziamo in Lui.
Adesso intervenite voi, altrimenti io comincio un’altra chiacchierata, e non finiamo più.
Intervento [1]
..questo salvarsi insieme… questo piano unitario e individuale di salvezza…
Risposta.
Mi pare di avere già risposto nella premessa. No?
Il testo preciso del Concilio, lo trovate al n.9.”In ogni tempo e in ogni nazione é accetto a Dio chiunque lo teme e opera la giustizia. Tuttavia piacque a Dio di santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra di loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse nella verità e santamente lo servisse”
Sapete che, dopo una illustrazione, dopo uno sviluppo di questa prima immagine biblica della Chiesa, del popolo di Dio, viene anche l’immagine biblica del Corpo di Cristo, e poi le altre varie immagini, particolarmente il tempio che si edifica nello Spirito. E, quando si parla di tempio che si edifica nello Spirito, noi abbiamo San Pietro che parla di pietre viventi, e quindi ognuno è presente con la sua persona, con le sue responsabilità personali, col suo essere personale.
E, il suo essere personale è questo sviluppo dei doni di Dio, dei doni di natura – come si dice – e dei doni di grazia considerati come dei talenti che ognuno deve trafficare ma, non ripiegato su se stesso, non per una sua perfezione isolata, egocentrica -per dire così – ma nel senso, di portare agli altri questi doni di grazia e di natura, di offrirli agli altri, di donarli agli altri, di svilupparli per gli altri, così che è tolto l’egoismo e si va verso un radicale altruismo; si va verso l’ “essere ad” . In questo modo io sono veramente persona, in questo senso, veramente, io acquisto una personalità.
Quante volte notiamo che ci sono degli individui ricchi, capaci come intelligenza e come doti naturali che non comunicano! Gli stessi insegnanti, magari, che abbiamo incontrato durante il tempo della nostra scuola, erano “pozzi di sapienza” come si diceva, ma non canali che trasmettevano, perché non c’era questo sviluppo della personalità. Forse mancava anche una certa capacità. Molte volte è dipeso proprio dal fatto che, ognuno concepiva la perfezione come una sua perfezione personale, e non faceva consistere la perfezione nella carità, fondata eminentemente sul modello delle Divine Persone, che si donano una all’altra, che è espresso nel mistero dell’incarnazione dove il Padre ci dona il Figlio, dove il Figlio ci ama fino al punto di donare tutto se stesso per noi.
Il dono che il Figlio di Dio fa di se stesso é un dono doloroso di crocifissione e di morte proprio perché c’è la presenza del peccato nel mondo, proprio per distruggere il peccato, proprio per distruggere la radice del peccato che è l’egoismo, ed arrivare al culmine espressivo dell’amore umano che è il dono di se stesso.
Quindi, non andiamo a finire in un collettivismo, in un certo concetto di popolo, in una massa dove ognuno perde se stesso, anzi, ognuno è stimolato ad essere sempre di più se stesso per dare il suo apporto di dono e di carità agli altri.
Indubbiamente il dono di sé non è semplicemente un dono materiale espresso materialmente nei confronti degli altri, ma è un dono personale. Ora, la persona é costituita di tutto il suo essere fisico e di tutto il suo essere spirituale. Il dono del contemplativo è il dono del suo tempo, è il dono della sua salute, è il dono della sua libertà, è il dono della sua castità, è il dono della sua ubbidienza, è un dono sensibile che, magari, parte della comunità non percepisce, ma che esiste.
Poi, pensiamo anche a certi modi di concepire la vita religiosa per cui il contemplativo è isolato nella clausura. Non è detto che la clausura sia essenziale, non è detto che la clausura sia proprio legata alla natura della vita contemplativa. La clausura favorisce la vita contemplativa ma, nei momenti più ricchi della storia della vita contemplativa, i contemplativi erano persone che comunicavano con gli altri, verso i quali la gente si dirigeva per ascoltare. Del resto, anche adesso questo avviene. No? Per lo meno avviene attraverso la grata, per lo meno avviene attraverso determinate condizioni, secondo gli usi storici nati da situazioni contingenti che si prolungano. Se è opportuno o meno opportuno che si prolunghino, non è oggetto di una riflessione spirituale durante un ritiro.
Con le istituzioni che ne sono nate – vedi la letteratura di cui è autore Tomas Merton – la vita degli ultimi contemplativi è sì una vita di dura e stretta e impegnatissima contemplazione, ma nell’esercizio della carità e inserita nel vivo del mondo, specialmente del mondo più travagliato, più tormentato dalla povertà o da altre situazioni. Non è più il bel monastero, o il bel carmelino o carmelone, ma è la baracca in mezzo alle baracche. Insomma, è la tenda in mezzo alle tende dei beduini del deserto Ecco! [2]
Intervento…Dio é morto per me e ama tutta l’umanità…Dio ama me personalmente…m’é piaciuto anche il richiamo all’eucaristia…nel tabernacolo non é mai solo…
Risposta
Ecco quando è importante il ritorno! Ecco, il rifarci alla tradizione e non creare mai delle rotture con il passato! Il passato va considerato globalmente in tutta la sua estensione. Nevvero?!
La tradizione più autentica ci dice “Ecclesia facit Eucaristia, Eucaristia facit ecclesia” e questo, io oserei dire, in modo permanente perché, la cosiddetta presenza reale si pone sulla continuità della celebrazione eucaristica e non si esaurisce nel momento della consacrazione, non si esaurisce nel momento della Comunione che avviene nella Messa.
Non porre mai la Comunione fuori della Messa, almeno intenzionalmente, nevvero! Anche se poi materialmente questo avviene.
Il tabernacolo, il segno sacramentale della permanenza, della sussistenza della Chiesa in quanto è sostentata dall’azione delle Divine Persone, lo troviamo principalmente qui, oltre che nell’azione della gerarchia;
l’azione della gerarchia, essendo azione delle persone .
intanto che la gerarchia dorme, il papa dorme, no?. l’espressione sacramentale gerarchica viene a mancare? L’espressione permanente sacramentale sussiste nel tabernacolo.!
Quanto al tabernacolo, non è detto che ci sia la tendenza ad eliminarlo. Noi guardiamo al magistero, guardiamo ai documenti del magistero, non guardiamo a certe deviazioni che si possono manifestare, per malintesi o per il fatto che volendo accentuare ciò che era stato dimenticato, si esagera in questa accentuazione.
I documenti dicono che il tabernacolo deve essere posto in luogo eminente, decoroso. Adesso nelle chiese, specialmente nelle chiese già costruite, di qualsiasi epoca, è molto difficile tante volte trovare una soluzione decorosa.
Per me, per le chiese non nuove, la soluzione, anche se è un mezzo compromesso, è sempre quella di mantenere il tabernacolo sulla mensa dell’altare, perché altre posizioni difficilmente esistono, a meno che una chiesa, molto sviluppata architettonicamente, abbia nell’edificio sacro stesso una cappella decorosa, e proporzionata anche come estensione.
Le altre soluzioni sono meno delle mezze soluzioni.
Come soluzione minima, non mettete mai la cattedra del celebrante, del presidente dell’assemblea, tra la mensa e il tabernacolo. Se mai, la cattedra del celebrante sia posta a fianco dell’altare. Non creare mai questa composizione scomposta, insomma! Ecco.
Ritornando poi al primo punto, sempre quel punto, quello di affermare che i nostri rapporti con Dio sono personali, non è affatto in contrapposizione di quell’altra affermazione che Iddio volle santificarci e salvarci non individualmente senza alcun legame tra di noi, perché proprio la persona di sua natura é un “esse ad’.
Qui c’é tutto, (come dire?) uno sviluppo nella rivelazione.
I profeti che affermano – adesso non ricordo l’espressione precisa- i padri nostri hanno mangiato l’uva acerba e noi adesso ne portiamo le conseguenze.! No. Anima per anima! Ognuno è responsabile davanti a Dio per conto suo. Poi, è Dio che chiama per nome, é il buon Pastore che conosce le pecorelle ad una ad una e le chiama per nome.
Il fatto del nome, il fatto del dare un nome ad una persona è proprio un tema della Bibbia. Si tratta di rapporti eminentemente personali, non individualisti, anzi, si tratta di rapporti che sviluppano la persona, che esigono lo sviluppo della persona, che esigono che ognuno maturi in questa capacità di rapporto con Dio, concepito personalisticamente. Non con un Dio vago.
Con il Signore! L’espressione “il Signore” ha un senso fortissimo. Gesù Cristo risorto é costituito dal Padre, Signore di tutti i salvati, Signore di tutto l’universo, “il Kirios”.
Nessun pericolo a riguardo della responsabilità personale, dell’impegno personale e della salvezza personale: non individualmente ma personalmente!
Intervento: ..doni personali. a chi più a chi meno ()
Risposta: Intanto a chi più è dato, più è richiesto. Poi è un mistero.
Noi ad un certo punto, nei nostri rapporti con Dio, dobbiamo non solo ammettere ma prenderne molta coscienza. Ci troviamo nel velo del mistero di Dio che è tutt’altra cosa di quello che siamo noi e che noi possiamo concepire, nel quale mistero noi vediamo in “enigmate” , in speculo, e poi facie ad faciem sarà per l’altra vita.
Gesù Cristo ci mette su questo avviso con la parabola sconcertante della chiamata degli operai che vanno a lavorare nella vigna, e poi incomincia dagli ultimi e dà la stessa paga, e dice: “forse che io non sono padrone di fare quello che voglio? Non ho mancato alla giustizia nei riguardi di nessuno!
Non dico che, questa parabola la dobbiamo prendere letteralmente. Commetteremmo un errore. Gesù Cristo ci propone il mistero della libera volontà di Dio, della trascendente gratuità del suo amore con un linguaggio profetico, paradossale, per dire che dobbiamo avere tutta la certezza che ognuno di noi è amato dal Padre come un figlio.
Cosa volete di più, quando questo Padre è Dio? Quando ciascuno è amato da Gesù Cristo sino al punto che “dilexit me et tradidit semetipsum pro me”? E la ricchezza della grazia è così sovrabbondante per ognuno, che nessuno la può mai valutare?
San Paolo qualifica sempre l’abbondanza della grazia con “la sovrabbondante, straripante, incontenibile ricchezza della grazia di Dio”. Questo è per ognuno di noi.
Adesso, in questo ambito straripante della sovrabbondante incontenibile grazia di Dio, c’é indubbiamente la libertà assoluta di un Dio infinitamente al di sopra e al di dentro di noi. Siamo di fronte al mistero. Qui é il bello. Ecco.
Non c’é un motivo che ci possa creare dei timori, dei dubbi, delle ansietà o altro.
Ma giudicare Dio, no!
Intervento ()
Risposta: E’ indubitato, che gli avvenimenti della storia si possano valutare a posteriori, si possono anche giudicare nelle loro cause ma, è difficile trovare delle responsabilità, è difficile trovare quanta responsabilità ci sia stata anche nella chiesa, quindi negli uomini della Chiesa fino a questo momento.
Oggi, nessun testo di storia, per esempio, e nessun testo di apologetica ripeterebbe gli argomenti sostenuti per tanto tempo sulla validità e sulla funzione delle Crociate. D’altronde ci sono stati anche i santi. San Bernardo predica la Crociata. S. Francesco d’Assisi, invece, fa di tutto per scongiurare la Crociata. S. Francesco d’Assisi va in crociata come mediatore ed eventualmente pagare di persona, perché non avvenga la guerra tra i crociati e i turchi e i mussulmani, mentre S. Bernardo predica che ci sarà tanto più Paradiso quanti più turchi si saranno infilzati con la spada.
Intervento a favore: più Paradiso quanto più si sarà difeso
Risposta: Ma la difesa della Chiesa, del Cristianesimo nei luoghi sacri é difficile.
Noi adesso diciamo le cose giudicate da lontano. A volte bisogna essere dentro gli avvenimenti. Altro é il modo, altra é la sensibilità e quindi la coscienza e il comportamento di un San Bernardo, altro é quello di S. Francesco di Assisi. Entrambi sono santi. Quindi, andiamo molto adagio nel giudicare.
Intervento ..non dipenderà dall’opera dello Spirito santo, se permette, dipenderà..
Risposta: Indubbiamente, sì, però teniamo presente che la chiesa ha canonizzato tanto l’uno come l’altro.
Intervento ()
Risposta: quindi non permettiamoci. adesso possiamo esprimerci.
Intervento ()
Risposta: questa premessa la faccio per arrivare a dare una risposta.
Quindi non dobbiamo meravigliarci di trovarci in determinate condizioni, in un determinato tempo.
E’ certo che il tempo che viviamo, è maturato con tutti i tempi che hanno preparato questi nostri tempi, è maturato con tutti quelli che hanno preparato questo nostro tempo che ha avuto la sua espressione evidente nel pontificato di papa Giovanni XXIII, nella celebrazione del Concilio, nel pontificato di Paolo VI.
E’ certo che questi tempi sono tempi di ricchezza, sono tempi veramente di ritorno, sono tempi di pienezza.
La pienezza del mistero cristiano, i rapporti che ci sono tra i diversi misteri non è mai stata così insegnata, non è mai stata così proposta, e quindi non è mai stata oggetto del magistero come è nei nostri tempi.
E quando si arriva ai momenti di sintesi delle verità e particolarmente di sintesi dei misteri fondamentali e conseguentemente di tutti i misteri, questo momento di sintesi è un momento di vita, è un momento di vitalità, è un momento in cui tutto converge per sprigionare energia.
Noi siamo nel tempo della sintesi. Non siamo più nel tempo dell’analisi.
Anche a questo proposito non muovo una critica ma faccio una constatazione. Pensate ai diversi trattati studiati isolatamente senza che mai, nei nostri seminari, qualcuno avesse avuto il compito di fare sintesi di tutti i trattati, o senza che ognuno che svolgeva un trattato, ne facesse, ne mettesse in evidenza i rapporti con tutti gli altri trattati. E’ stato uno studio buono? E’ stato tutto quello che volete! Non togliamo il merito alle cose, alle opere buone.
C’é qualche cosa di più che adesso avviene. Adesso, in pratica, avviene con delle confusioni, avviene con delle deviazioni, avviene con delle accentuazioni sbagliate, avviene con delle contestazioni e così via dicendo ma, la vita quando si muove butta per aria qualche cosa, sposta per lo meno qualche cosa. Una pianta che mette radici, alle volte butta per aria anche la solidità di un edificio! Ecco.
Intervento festa del Corpus Domini e devozione al Sacro Cuore che avvicinano di più l’uomo a Dio.
Risposta: Questa non è una osservazione di poco conto, perché dobbiamo ammettere che è Dio che tesse la nostra storia e, riferendoci particolarmente alla devozione del Sacro Cuore, possiamo dire che questa è stata un risveglio nella Chiesa dello spirito della rivelazione.
Guardate che, è significativo che Pio XII possa scrivere una enciclica come “Aurientis” sul centenario della devozione al Sacro Cuore, senza fare mai un riferimento a Santa Margherita Maria Alacoque ma, partendo dall’Antico Testamento, arrivando Nuovo Testamento e alla tradizione patristica, per dire come Iddio si sia manifestato come amore, e abbia avuto l’espressione concreta nella Incarnazione e nella crocifissione di Nostro Signore Gesù Cristo. Nel cuore e nel costato aperto di Nostro Signore Gesù Cristo, che è l’espressione più evidente, più eloquente, più piena della rivelazione dell’amore. Insomma. Ecco. Guardate che, è significativo adesso che questo sia il punto di partenza e per la rivelazione da parte di Dio e per tutto quello che Iddio ha fatto per noi.
Deus caritas est”
Dio é amore e adesso vediamo come è amore Dio.
E’ amore proprio perché sono tre Persone che si amano infinitamente.
E’ amore che si esprime come amore nella creazione.
E’ amore soprattutto nel mistero della Incarnazione e della Redenzione, che ci porta ad essere nell’amore, quindi ad essere edificati dall’amore come Chiesa, come popolo di Dio, eccetera.
Intervento ancora sul Sacro Cuore – indecifrabile
Risposta: Ecco, sì, se aspetti ti rispondo subito, anche prima che mi abbia detto quello che volevi dirmi, perché è una cosa che volevo dire anche io.
Che noi poi, con una certa mentalità e secondo un determinato schema formativo, invece di cogliere questa rivelazione privata, che è stata introdotta ufficialmente dalla Chiesa nel ciclo liturgico e quindi nella rivelazione popolare, ne abbiamo fatto una cosa tanto individualistica da legarla quasi esclusivamente alla celebrazione del primo venerdì del mese in quanto che – poi non ci sono documenti che lo provino – chi per nove venerdì consecutivi fa la Santa Comunione, é sicuro di andare in Paradiso.
Quindi, abbiamo fatto della manifestazione di un amore disinteressato, sovrano, infinito ed altruistico appunto perché è Amore, ne abbiamo fatto una pratica di egoismo spirituale, ne abbiamo fatto l’assicurazione contro i pericoli degli incendi eterni! Se fosse sicura!
Non è… ecco dove potremmo arrivare…no arciprete? Dove potremmo arrivare? D’ora in avanti dovremmo andare davanti alla gente che viene per il primo venerdì del mese e dire che sono tutte storie? No! E’ questione di accoglierli dal momento che vengono e poi, privatamente dal confessionale e gradatamente con la predicazione portarli al senso autentico delle cose.
Questa é….
Intervento ()
Risposta: se permette, anche qui non pretendo che la mia risposta sia quella buona, sia quella valida. Soprattutto non è l’unica risposta.
‘la Cittadella” ha fatto il tentativo indubbiamente positivo e mi pare in parte riuscito, di diventare un giornale aperto. Ha suscitato molti interessi e credo che abbia aumentato i lettori.
Quello che secondo me, secondo il mio punto di vista, é da lamentare, è che noi – pretendo di mettermici anch’io – che abbiamo la risposta equilibrata, che abbiamo la risposta buona da dare a questi interventi unilaterali, noi non interveniamo.
Quelli intervengono.
Noi siamo in questa situazione e il dialogo lo dobbiamo lasciare aperto per quanto è possibile, soltanto che dobbiamo dialogare, dobbiamo intervenire in un bel modo.
Ricordo uno dei primi interventi che è stato stroncatorio per una determinata affermazione. E’ arrivata più di una risposta che ha messo a punto e bene le cose, che ha portato un equilibrio con tanta grazia, con tanta carità e anche con tanta abilità. Andrebbe sia fatto così per ogni intervento.
Insomma, se il giornale deve essere una palestra, – tra l’altro, no? – deve dare queste possibilità. D’altronde, se questi interventi [3] sono efflorescenze per non dire bubboni e non scoppiano, e non si aprono, rimangono sempre nel corpo e possono da un momento all’altro produrre infezioni molto più pericolose di quanto siano dannosi adesso.
Intervento ()
Risposta: E’ stabilire il modus..
Intervento ()
Risposta – Veda arciprete, lei dice delle cose anche giuste. Indubbiamente. Il dialogo dovrebbe portare proprio a questa libertà. Quello che lei dice qui, se lei lo dice a don Giglioli, non gli fa mica dispiacere,sa?
Io lo conosco è da poco tempo, e mi pare che sia uno che accetta, uno che accetta tutto, e tutto gli va bene. Siamo noi che non interveniamo. Lui è preoccupato in altro senso. Guardi che è difficile. Se uno vuole fare il direttore del giornale dicendo ad uno sì, e ad un altro no, ha finito di fare il giornale. Guardi che, se oggi escono i tromboni, domani può uscire un violino.
Intervento (molte voci)
Risposta: Sì, io ritengo, ritengo che sia positivo ma mi pare che fino a questo punto ci sia stata la riparazione, diciamo così, fatta in un modo molto garbato, molto signorile, molto caritatevole, poi molto cristiano, ma non sono arrivate tutte le risposte a quello che è stato detto fino a questo momento, Ci sono ancora delle affermazioni che rimangono senza una risposta e, se rimangono senza una risposta, non è bello! Dobbiamo muoverci. Ecco, lei che lo dice, lo faccia.
Intervento ()
Risposta: Sì ma ci vuole. Poi normalmente – normalmente! – ci troviamo di fronte a dei fenomeni così complessi che è difficile dare un giudizio esauriente sotto tutti gli aspetti. Bisogna intervenire, sì. Ecco, se lo stile di vita è uno stile comunitario, tutti i membri della comunità devono essere presenti e accettare la presenza degli altri.
Intervento()
Risposta – Se permettete dico un ultimo pensiero, poi la smettiamo.
Non meravigliamoci di essere in questa situazione.
Se lo Spirito Santo ha ispirato Papa Giovanni, e tutto l’episcopato del mondo
Quando i vescovi sono convenuti a Roma non sapevano quello che avrebbero fatto. L’ hanno saputo dopo, perché sono stati evidentemente guidati da Lui.
Ha proposto come rimedio della situazione attuale del mondo, della vita della Chiesa nel mondo, il tema della Chiesa e del mistero della realtà della Chiesa.
Vuol dire che, su questo punto noi abbiamo bisogno di rimediare.
Vuol dire che, su questo punto abbiamo bisogno di riformarci.
Vuol dire che, su questo punto abbiamo bisogno di ritornare alle sorgenti perché andavamo proprio sulla strada opposta.
Noi siamo ancora sulla strada opposta, più o meno?
No?
Ognuno va per proprio conto!
Abbiamo ancora questa tendenza. Non siamo guariti. Non si può guarire in cinque anni.
Intervento ()
Risposta .. Lo considerano come una calamità della Chiesa. Ecco, lasciamo stare! Certo, deve diventare un atto comunitario. Sì, bene!
Leggendo le risposte, bisogna sempre ricordare che il Vescovo si era posto tra i suoi sacerdoti, così com’era sempre, senza volere essere al di sopra. Il Vescovo teneva molto in conto la sua esperienza del Concilio. Ricordava in molte occasioni il comportamento dei vescovi più schivi e molto sapienti.
[1] Gli interventi non si sentono mai perché chi interviene é lontano dal registratore e il vescovo non aveva in uso i microfonicon il collegamento.
[2] Da ricordare che il vescovo Ferrari aveva una certa attenzione per Roul Folleraou come per Taizé
[3](per carità non andate a dire queste parole fuori, altrimenti poi mi catalogano in un determinato modo)
OM 597 Sacerdoti 71